Perché X Factor non è un posto per artisti indipendenti

Nell'ultima edizione di X Factor ci sono molti musicisti provenienti dal mondo indipendente: è una mossa intelligente da parte loro?

Mika, Skin, Fedez e Elio di X Factor
Mika, Skin, Fedez e Elio di X Factor - foto via tvzap.kataweb.it
01/10/2015 - 11:24 Scritto da Niccolò Vecchia

È da almeno tre stagioni che, per diversi motivi più o meno congiuranti fra loro, ho smesso di guardare X Factor. Mi capita di informarmi, di vedere qualcosa ogni tanto, ma è un fatto sporadico che spesso avviene più per involontaria esposizione social che per vero interesse, e anche quest'anno le cose stanno andando così.

Sempre per involontaria esposizione social, ho capito che in questa edizione tra i partecipanti al talent show trasmesso su Sky c'è una nutrita rappresentanza di quel mondo musicale che a molti piace (a qualcuno di più, a qualcuno di meno) chiamare "indie". 

Il tema dell'indie a X Factor non è chiaramente qualcosa di inedito: qualche anno fa, ad esempio, quel delizioso sito americano che è Stereogum provava a giocare con una manciata di nomi della scena indipendente internazionale, immaginando chi potesse trovarsi a proprio agio in quel contesto (Justin Vernon, James Blake, Janelle Monae) e chi invece molto meno (Cat Power, Panda Bear, Sufjan Stevens). 

Declinare questo tema sulla realtà italiana però provoca qualche ulteriore difficoltà, perché se già parlare di "indie" riferendosi al mercato americano o inglese comporta il trovarsi di fronte a contraddizioni e semplificazioni un tanto al chilo, farlo pensando all'Italia è ancora più difficile.

No, tranquilli, non mettete mano alla pistola: non ho intenzione di disquisire qui e ora su cosa sia "indie" e cosa no. Lo giuro. Mi interessa semmai sottolineare come in Italia il pubblico della musica sia troppo piccolo per permettere quello che succede in Inghilterra o negli Stati Uniti. Ovvero la presenza di tanti pubblici, che sostengono parallelamente scene musicali diverse e non confliggenti.

Per questo si può giocare a immaginare che fine farebbe Sufjan Stevens a X Factor, perché si parla di un paradosso assoluto: lui, come tutti i suoi colleghi, non si sarebbe mai sognato di partecipare a un talent show, prima di tutto perché non ne avrebbe avuto alcun bisogno per emergere, per farsi notare e ascoltare. Ha disposizione un pubblico, trasmissioni radiofoniche e televisive, una stampa musicale vitale e reattiva.

(L'audizione degli Urban Strangers)

Purtroppo tutto questo in Italia non accade. Il pubblico che possiamo definire alternativo al "mainstream" non è numericamente sufficiente a sostenere e far proliferare una scena. Solo qualcuno ce la fa, e con fatica. Così succede che un giovane che aspiri a una carriera di musicista debba confrontarsi con l'idea che, per sopravvivere, sia necessario raggiungere il "grande pubblico": questo magma indistinto, che assomiglia tanto al "grande centro" che inseguono sempre i nostri politici. E per farlo serve (indovinate un po'?) la televisione.

Se oggi quel giovane finisce a X Factor è perché di possibilità alternative a disposizione ce ne sono proprio poche, in un panorama musicale e discografico deprimente come il nostro. È lo stesso meccanismo che ha portato affermati gruppi provenienti dalla medesima estrazione indipendente a decidere di andare a Sanremo: a qualcuno, come Subsonica e Perturbazione, è servito di più. A qualcuno, come i Marlene Kuntz, molto meno.

A qualcun altro ancora, come gli Afterhours, è servito soprattutto a dire quel che si dice anche in questo piccolo articolo: cioè che ci sono tanti musicisti in Italia che meriterebbero spazi, occasioni, visibilità. Dirlo però non ha portato grandissimi risultati: i network radiofonici nazionali continuano ad avere curiosità e coraggio pari a zero, la televisione italiana continua a considerare la musica come un contenuto scomodo, da centellinare, da giustificare, perché da sola non basta. E il "grande pubblico" continua a essere pigro e poco incline alle novità, alla scoperta.

(L'audizione degli OSC2X)

Pur ammettendo tutto questo, non so quanto per un artista sia una cosa buona, giusta e utile partecipare a X Factor. Soprattutto perché, come succede per qualsiasi gioco, ha delle regole precise. Per fare bene a X Factor sono necessarie doti che raramente sono le stesse che permettono a un musicista di affermarsi fuori da un contesto televisivo. E poi forse la maggior parte degli artisti indipendenti non ha l'ambizione di diventare una popstar in senso stretto.

X Factor invece di quello si occupa. Il format inventato da Simon Cowell non ha mai avuto alcuna esitazione nel presentare la pop music come un'industria fredda e spietata, fatta di immagine, performance e denaro. Avendo, peraltro, abbastanza ragione. E allora serve soprattutto una bella voce associata a una buona tecnica vocale, un'immagine accattivante, una personalità spiccata, ma altrettanto capace di adattarsi alle circostanze più che di imporsi sempre e comunque. Tutte cose che un artista "indie" ritiene invece poco rilevanti (ok, avere una bella voce aiuta sempre - quello sì).

E non abbiamo nemmeno iniziato a parlare delle band: da nessuna edizione di X Factor uscirà mai una grande band, una di quelle in cui si scrivono dei riff di chitarra capaci di conquistarti per sempre. Una di quelle che, come scriveva qualcuno, possono essere la tua vita.
Le chitarre, a X Factor, sono uno strumento come un altro (e meglio se acustiche, in caso); le band, una roba troppo articolata per trovare posto in uno schema così rigido. 

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L'articolo Perché X Factor non è un posto per artisti indipendenti di Niccolò Vecchia è apparso su Rockit.it il 2015-10-01 11:24:00

COMMENTI (13)

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  • vincenzo.boccato 3 anni fa Rispondi

    amico, prima di dire che nessuna grande band uscirà mai da xfactor, fai un salto su spoty e guarda quanti ascoltatori mensili hanno i Maneskin :)

  • calogero 9 anni fa Rispondi

    Sì MA AI CONCORRENTI DELLE EDIZIONI PASSATE CHE ERANO FAMOSI E CHE ADESSO VIVONO NELL'INDIGENZA E NELLA DROGA CHI CI PENSA? E PURE ELIO CHE LI HA ABBANDONATI???
    youtube.com/watch?v=advQm11…

  • savalor 9 anni fa Rispondi

    @cesareparmiggiani Penso che il tuo sia uno schema troppo semplicistico. Dovrebbe essere chiaro che per raggiungere l'obiettivo del "fare musica" (assumendolo come professione a tutti gli effetti) servono risorse, investimenti, insomma servono soldi. Il punto b) quindi non è un'alternativa ma un passaggio che prima o poi qualunque musicista si trova necessariamente davanti. In questo senso la visibilità raggiunta passando attraverso X Factor potrebbe far sì che l'obiettivo diventi una possibilità concreta (vedi alla voce "campare di musica") e non soltanto un'ideale romantico che mal si concilia coi tempi che corrono (e che nell'arte hanno sempre corso, peraltro).

  • jeanluc.stote.1 9 anni fa Rispondi

    Con X Factor si cerca il prodotto discografico del futuro. La discografia è morta da anni. Non capisco perché c'è ancora chi si rifiuta di fargli il funerale. Ormai il morto puzza di brutto ed è in avanzato stato di decomposizione.... Conclusione il prodotto discografico del futuro non esiste.... Si parte in realtà da una realtà che non esiste più per giustificare un format televisivo dove più che del futuro della musica (lei comunque ben viva) per creare personaggi televisi. L'aspetto musicale in Xfactor non è centrale ma in realtà molto... ma molto marginale

  • jeanluc.stote.1 9 anni fa Rispondi

    Con X Factor si cerca il prodotto discografico del futuro. La discografia è morta da anni. Non capisco perché c'è ancora chi si rifiuta di fargli il funerale. Ormai il morto puzza di brutto ed è in avanzato stato di decomposizione.... Conclusione il prodotto discografico del futuro non esiste.... Si parte in realtà da una realtà che non esiste più per giustificare un format televisivo dove più che del futuro della musica (lei comunque ben viva) per creare personaggi televisi. L'aspetto musicale in Xfactor non è centrale ma in realtà molto... ma molto marginale

  • cesareparmiggiani 9 anni fa Rispondi

    Schema logico del fare musica:

    1) Perchè fai musica?

    a- Attitudine artistica
    b- Fare soldi

    Se scegli (a) non pretendere di essere capito, suoni per esprimerti e quello deve bastare.

    Se scegli il punto (b) X-factor può essere una strada.

    Forse il punto (b) richiede più "talento tecnico" rispetto al punto (a).

    (a) e (b) possono coincidere, raramente in Italia molto più comunemente all'estero.

    Se invece pensi di fare (a) per realizzare (b) ma il "talento" è poco rischi di fare brutte figure (oltre al fatto che hai le idee molto confuse).

  • giuliano.federico 9 anni fa Rispondi

    Un articolo conformista.

  • musclerob 9 anni fa Rispondi

    Sono d'accordo quando si dice "forse la maggior parte degli artisti indipendenti non ha l'ambizione di diventare una popstar in senso stretto". Aggiungo anche che spesso, purtroppo, gli artisti non sanno comunicare in altri modi che non con la propria musica.

  • TommyTheWho 9 anni fa Rispondi

    @hell.fo.3 Onestamente non lo so. Certo, è forse il rovescio della medaglia ed effettivamente ad un mio amico, che ha partecipato a X Factor ed ha quasi vinto peraltro, è stata "rimproverata" spesso questa cosa. Però certamente se vai fuori con la tua band il pubblico aumenta, i compensi anche e hai la libertà artistica di portare avanti la tua proposta... Oggi si sa del resto che è importante, in qualche modo, farsi comunque conoscere...

  • creampie.segundo 9 anni fa Rispondi

    Tutto giustissimo, anche perché secondo me in tante maniere di manifestarsi dell'indie c'è un grosso complesso di superiorità rispetto al mainstream, che lo porta ad optare per scelte antitetiche rispetto a quelle necessarie ad emergere in un talent. Sarebbe parecchio interessante approfondire il discorso della ristrettezza delle nicchie alternative, e magari interrogarsi sul modo di farle diventare più grandi (perché gli amici al concerto ti vengono una, due volte, poi se non gli piaci e/o non ti capiscono si guardano xfactor... e quindi?)