Gianluca de Rubertis - Come un universo carico di strilla

La nostra intervista alla metà decadente (e maschile) de Il Genio, arrivato al secondo e bellissimo album solista

“L’Universo elegante” è il titolo del nuovo album di Gianluca De Rubertis, noto ai più per essere la metà decadente (e maschile) de Il Genio. Il disco è uscito lo scorso 13 ottobre a tre anni dal precedente "Autoritratti con oggetti", e vanta un prezioso featuring con Amanda Lear (oltre che con Mauro Ermanno Giovanardi) che gli ha fatto guadagnare un bel po' di copertine. Ce lo racconta in questa bella intervista, in cui si parla anche di poesia, sesso, religione e tanto altro.

Nella presentazione del tuo nuovo disco c’è scritto “Un album che ha origine dalla vita, vista dal minuscolo all’infinito”
Si tratta di questo, ma è molto più complicato di così. Le parole non basterebbero mai, anche se avessimo 5000 anni a disposizione. Quella in qualche modo è solo una stringa che rappresenta il disco. Mentre scrivevo i pezzi mi scorrazzava dentro una sorta di stupore, quasi. Quando poi questa cosa permeava nei brani, alla fine senza neanche pensarci molti pezzi confluivano in quella direzione.

Questo sentimento di stupore e di commozione è legato a relazioni amorose e erotiche?
No, assolutamente, sfugge completamente da quello. È un sentimento che la vita quotidiana può amplificare o addormentare. È il chiedersi cosa c’è sopra il soffitto che ti copre la testa, cosa c’è dentro un tuo dito. Pensare a queste cose infinite e sconvolgenti ti fa venire da piangere, perché non ci credi, è commovente. Quando pensi queste cose è meraviglioso, ami tutto, vorresti proteggere anche un granello di polvere. Sono stati d’animo che danno sicuramente una rincorsa nello scrivere. Secondo me la maggior parte delle persone questo senso ce l’hanno addormentato e vivono senza farsi troppe domande. Non penso sia una bella cosa. Però non sono un nostalgico, non ho una cattiva idea della tecnologia o della vita moderna. Sono convinto che tutto quello che c’è di nuovo possa andare in una direzione meravigliosa se serve a veicolare la bellezza. Quindi va benissimo twitter ma anche il computer quantico. Però c’è da dire che tutti questi schermi che ci affollano le giornate probabilmente distraggono troppo, e ci si fanno poche domande. Prima le persone erano portate a farsi più domande, a mettere le cose in discussione. Questo forse è anche il motivo per cui trionfa la psichiatria.

Una persona che nel 2015, nonostante tutte queste distrazioni, riesce a farsi tutte queste domande è un artista?
Sì ma non mi piace questa parola, mi fa venire da vomitare. Parliamo di sensibilità, che quando sono spiccate e diverse diventano anche eclatanti. È difficile sbagliarsi in questi casi. La definizione di artista invece è una cosa che lascia il tempo che trova: potrei sentirmi il più grande artista degli ultimi 30 anni e poi rimanere un coglione qualasiasi.Non è importante la definizione quanto il fatto che c’è sempre stato qualcuno in questa cosa strana chiamata umanità che dimostra di essere un po’ disadattato, che non ci sa troppo fare con il quotidiano e però ha un’inclinazione naturale a porsi delle domande. Alla fine qualsiasi forma artistica e qualsiasi risultato artistico è frutto di una serie di domande che ci si fanno.


Per farti determinate domande, e per arrivare alla scrittura di questo disco, ti sei quindi isolato da tutte le cose che ci distraggono quotidianamente?
No, ma comunque non sono tanto distraibile, sono moltissimo concentrato su me stesso. Quando apro il computer prima di andare a letto faccio un giro sul sito del Corriere, faccio una partita a scacchi su chess.com, al massimo se ho un diavolo per capello vado su un sito porno e mi faccio una sega. Tutto qua.

Qual è la tua routine giornaliera quando scrivi le canzoni?
Le mie canzoni migliori nascono mentre lavo i piatti, o mentre faccio altro. Più sono lontano dagli strumenti e meglio è. Perché contengono dei codici e dei vocabolari che più li conosci e più ti intrappolano.

Questa cosa è interessante, perché la prima cosa che mi è venuta in mente ascoltando il tuo disco è che se gli togli la voce, sono pezzi di musica classica bella e buona.
Inizio a scrivere i pezzi nel cervello, e poi ci metto 5 minuti a trasporli al pianoforte. È molto raro che abbia prima il testo e poi la musica. È capitato per lo scorso disco però. Quando scrivo cose che esulano dalla musica seguo comunque una metrica molto precisa. Sono uno di quelli che bada a queste cose. Trovo che il ‘900 abbia anche fatto bene alla letteratura con le sue avanguardie, ma il risultato è che ora chiunque scrive i suoi pensierini senza criterio, senza tenere in considerazione le regole della metrica. C’è una sciattezza, una grossolaneria. Io quindi ho sempre scritto in metrica, e quando è ben incastrata è anche facile metterla nella musica. Un endecasillabo ha già un suo ritmo preciso (inizia a recitare la divina commedia battendo sul tavolo). Se scrivi hip hop per esempio questa cosa viene più facile.
Per quanto riguarda la musica classica, probablmente viene dal fatto che io sono cresciuto così. Mentre giocavo con le costruzioni Lego mio padre ascoltava Dvorak, e cose così. È un appassionato, ha più di 5000 dischi.

Quindi se tu e tua sorella Matilde Davoli, che è tra i nostri 10 album dell'anno, siete dei mezzi geni della melodia è merito di vostro padre
No, ma quali geni (ride). No probabilmente ci sono solo rimasto molto affezionato. Se un giorno avessi un figlio mi piacerebbe che crescesse con della musica classica nelle orecchie. Poi da grande ovviamente ho scoperto la musica pop e tante cose bellissime, anche se non sono un esperto. Sono uno di quelli che davanti a YouTube non sa cosa cercare, sento i dischi degli amici al massimo. La maggior parte delle volte sono molto concentrato nei miei pensieri, non ascolto quasi mai musica. Mai.

Questa cosa mi fa impazzire. Questa cosa dei musicisti che non ascoltano musica. Ma come si fa, se è la tua prima forma d’espressione?
Il 90% della musica che sento in giro mi annoia. Poi non è che non ascolti musica. Se faccio un viaggio magari mi scelgo un paio di dischi. Le nozze di figaro di Mozart, cose così, che conosco a memoria. Una delle cose più elevate mai scritte sul pianeta terra. Ma anche cose più moderne, il nuovo album dei Broadcast. Durante il periodo degli Studiodavoli abitavo a Lecce con un mio amico che faceva il dj e aveva una grande collezione di dischi, e in quegli anni ho ascoltato un sacco di musica, anche perché ero in giro con la band e ci si scambiavano dischi tra me, mia sorella e gli altri membri del gruppo.

Con tua sorella non pensate mai di tornare a suonare insieme?
A me piacerebbe moltissimo, mia sorella secondo me ha delle intuizioni musicali sopra la media. Sicuramente lo faremo, sono sicuro. Però tra fratelli non è facilissimo. Al secondo album degli Studiodavoli, nel 2006, ho avuto come l'impressione se lei avesse voluto liberarsi da questa cosa di avere un fratello nella band. Non volendo posso apparire anche come una presenza ingombrante, sicuramente lo ero 10 anni fa, ora mi sono calmato. Al tempo ero un demonio, esagitato, dicevo delle cose alle persone tremende… dicevano che ero anticipaticissimo, ed era vero. Ma potevo essere anche simpaticissimo, dipendeva dalla persona che avevo davanti. Tornando al discorso di prima, parliamo sempre di registrare un nuovo disco degli Studiodavoli, ne parliamo tipo cinque volte l’anno. Magari lo faremo davvero.

Speriamo bene. Invece mi interessava discutere l’idea dietro il titolo del disco: qual è per te l’universo elegante? Oppure, se preferisci: cos’è l’eleganza per te, oggi?
La cosa più elegante che si possa fare è non urlare quando si soffre. Perché è troppo facile farlo. Siamo pieni di rompicoglioni che non accettano niente, la gente diventa isterica per qualsiasi cosa gli capiti durante la giornata. Ma cos’hanno nel cervello, cosa gli circola? Hanno completamente perso il senso del non senso. Non sanno distinguere le cazzate dalle sentenze.
Quindi quando si prova del fastidio, dell’ansia o della paura, la cosa più elegante che si possa fare è non urlare. Chi urla di più pensa di poterla passare liscia. Ma alla fine muore lo stesso.
In una canzone parlo di un “universo carico di strilla”. Per me l’universo urla, in effetti. La mia sensazione è che se guardo le stelle sento urlare, strillare, da tutte le parti, dai pianeti lontani. È la sofferenza che c’è in giro. La vita ha un destino unico, morire. Però questo non significa che la vita è una merda, non sono pessimista, sono attaccato alla vita come una cozza. Ho moltissima paura di morire, ho mille ansie e paranoie, ma mi sono reso conto che ho più paura ad alzarmi e a non fare niente la mattina, che di trovarmi in una situazione potenzialmente mortale.

Ti è capitato di essere in pericolo di vita?
Mi è capitato nel 2008 di avvelenarmi con un liquido letale, contenuto in una bottiglia d’acqua Levissima. Però là mi sono reso conto di quanta gente strillasse per cose meno importanti: io ero lì che quasi morivo però non mi agitavo, non c’era nemmeno nessuno con cui prendersela.

In qualche modo è una visione cristiana e cattolica, questa del soffrire in silenzio, del porgere l'altra guancia
Infatti il Vangelo contiene cose eccezionali, una delle cronache più intelligenti mai scritte. Anche Piero Ciampi parla di questo, anche se non era uno stinco di santo. Poi oggi c’è un po’ questa cosa che se parli di Dio ti prendono per il culo. La gente secondo il sentire comune dovrebbe vergognarsi di parlare di queste cose. Se nomini il Papa poi non ne parliamo. Non si possono più esprimere pensieri su queste cose. Siamo un po’ allo sbando. Mio fratello è veramente cattolico e lui pensa che questi siano i segni dei tempi etc etc. Io invece non sono cattolico, non pratico e faccio fatica a pensare alla verginità della Madonna o all’Arca di Noè, però trovo che l’intelligenza non debba avere gabbie.

video frame placeholder

Quando ho visto le tue prime foto promozionali con Amanda Lear ho pensato che scegliere lei per un duetto fosse stata una mossa azzeccata, perché incarna un po’ gli aspetti che caratterizzano la tua musica: la francesità, il mistero, l’erotismo
Non è stata proprio una mia idea. Stavo mixando con Davide La Sala e proprio lui disse che una determinata canzone sarebbe stata perfetta se cantata con Amanda Lear. La sua ragazza aveva poi dei contatti con il manager di Amanda, gli abbiamo mandato il pezzo e lui ha risposto entusiasta. Mi sono sentito anche lusingato, perché la sua risposta è stata davvero molto positiva e piena di complimenti. Poi è arrivata anche la risposta positiva di Amanda, seguita da una serie di comportamenti che non erano assolutamente dovuti. Ha partecipato al photoshooting, al videoclip, e tutto senza ricevere un compenso. Ho conosciuto una persona intelligentissima con la quale mi sono trovato molto bene. Anche le prime volte che la vedevo parlavamo come se ci conoscessimo da 30 anni. Il modo in cui mi ha trattato e ha tenuto in considerazione la mia musica mi ha davvero lusingato. Una persona che ha passato la vita con Salvador Dalì e altri geni del genere e che ti tratta alla stessa maniera, non può non lusingarti.

Per quel che riguarda questa “francesità”, in molti negli anni hanno fatto il nome di Gainsbourg come tuo riferimento principale
Gainsbourg io lo conosco un po’. Uno degli album più belli mai scritti per me è “Melody Nelson”, ma non conosco molto il resto della sua discografia. Nonostante ciò, in “Autoritratti con oggetti” quell’influenza si sente molto effettivamente, anche se io mi sono sentito sempre svincolato da ogni riferimento. Ma se ti piace proprio tanto un disco è normale che ti lasci una traccia dentro. Quello che in pittura si chiama cliché, un calco. Quando devi togliere tutto rimane l’essenziale, ed è una cosa difficilissima. Liberarsi dei cliché è molto complicato, ma credo che in questo album io mi sia liberato, non me ne frega niente se la gente mi dice che un suono è anni ‘90 (in senso negativo) o altro. In questo disco sento di non essermi riferito o curato di nulla.

Un altro tratto distintivo delle tue canzoni è che hanno sempre una trama erotica, un po’ misteriosa, poetica. Si parla di labbra, di gonne, di cosce. Che importanza ha l’erotismo per te?
Secondo me la vita è erotica nella sua consistenza, nella sua intimità. Nel disco c’è sicuramente, ed è proprio l’erotismo che mi riconosco addosso, quello un po’ degli angoli bui, delle cose non viste, delle cose percepite, toccate appena. 

Sei innamorato adesso?
Sì, molto, infatti non riesco a scrivere niente di buono. La sofferenza porta a una scrittura superiore, a produrre delle cose più a fuoco con la vita, perché sei più simile tu alla vita stessa. L’amore ti porta a scollarti, grazie a dio, da quella sofferenza. E quindi non sei così obiettivo. Se guardi quelle foglie non vedi la linfa che scorre dentro. Quello stare bene ti porta a riversare tutte le tue energie in quello, non ti importa più niente del resto.

Mi piacerebbe non essere d’accordo, ma hai ragione
Anche a me piacerebbe non essere d’accordo, ma è così. Prendi Claudio Baglioni: un grande della musica italiana, che però da quando ha le sue sicurezze (fama, soldi, carriera rispettabile), non scrive più belle canzoni. “Oltre” era invece un album meraviglioso nato da disgrazie (incidenti stradali, divorzio con la moglie), e certi pezzi sono praticamente poesie: “L'immenso soffio dell'oceano / mi spinge via con sé a naufragare / su spiagge chiare / a un passo dalla vita muoiono / conchiglie.” Se reciti questi versi a una persona qualsiasi pensa siano di qualche grande scrittore italiano, poi ci rimangono di merda quando gli dici che invece sono di Baglioni. O ancora: “s'arrampicano in cima / con quei ginocchi secchi / e tutto il mondo giù respirano / si fanno roccia al sole / e un'altra volta guardano / poi chiudono per sempre gli occhi / gli stambecchi.” È letteratura italiana.

 

---
L'articolo Gianluca de Rubertis - Come un universo carico di strilla di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2015-12-18 17:36:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia