Lo Stato Sociale - Tutti insieme appassionatamente

Quello de Lo Stato Sociale è un disco “collettivo” in tutti i sensi: corale, politico, e pieno di contraddizioni

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Lo scorso 10 marzo è uscito "Amore, lavoro e altri miti da sfatare", il terzo album de Lo Stato Sociale, “la band di cinque ragazzi bolognesi che fanno canzonette”, come si definiscono loro.
Si tratta di un lavoro piuttosto diverso dai precedenti, soprattutto a livello musicale, tanto che la band lo ha raccontato come "il nostro disco più ragionato".  L'album verrà presentato il prossimo 22 aprile con un debutto nei palazzetti al Mediolanum Forum di Assago (Milano). Abbiamo incontrato il collettivo bolognese per farci raccontare qualcosa di più.

 

Nel nuovo disco tornate a parlare di politica, seppur nel vostro personalissimo modo. Dalle canzoni emerge la denuncia di una società disfunzionale ed ansiogena: la vostra reazione sembra un po' angosciata e rabbiosa
Bebo: Abbastanza. Per certi versi è un disco divertente ma non divertito. Sono emersi tanti lati più oscuri, meno luminosi e altri smaccatamente cazzari, soprattutto dal punto di vista testuale. Nella forma cerchiamo sempre di lavorare per contrapposizione: far divertire l'ascoltatore pur raccontando cose che non sono esattamente il “bagaglino”.
Lodo: Angoscia non lo so, rabbia sicuramente. Una rabbia che sfocia in una gran voglia di uscire di casa e di vedere la gente che esce per incontrarsi fisicamente in un luogo e instaurare un contatto umano, aldilà della propria barriera telematica e di auto-narrazione.

Vi stavo appunto per chiedere qual è il vostro modo di reagire, se vedete una luce in fondo a questo tunnel
Lodo: Incontrarsi, sicuramente. Non so quanto sia forte la luce però c'è un mondo fuori dal tunnel, ed è un mondo più interessante.

Nel titolo del disco elencate l'amore e il lavoro come due tra i tanti miti da sfatare. Quali sono i miti e le aspirazioni che invece vale la pena perseguire?
Lodo: I miti sarebbe meglio non perseguirli. In quanto alle aspirazioni, sicuramente l'indipendenza...
Albi: L'interdipendenza
Checco: La collettività.
Bebo: Il conflitto come forza creativa e creatrice. La voglia di interessarsi alla complessità delle cose del mondo, scoprirle e prenderne parte. La negazione del giudizio, e non sono due cose che si elidono esattamente. La ricerca della bellezza nelle cose che non si capiscono.
Checco: L'apertura.
Lodo: Sì! E in generale la capacità di capire sempre in una dinamica chi è sopra e chi è sotto, chi è potente e sta sfruttando chi, per sapere da che parte mettersi. Evitare la fascinazione per il potere, anzi averne una naturale antipatia, sentendo una certa affiliazione ideologica a quelli che, in qualche maniera, sono i più deboli.



Avete le idee sorprendentemente chiare, avete fatto un elenco precisissimo di cose.
Albi: Ah, ma ce ne sarebbero anche altre! Però poi diventa davvero un manifesto politico...
Lodo: E noi non lo sappiamo fare! Non lo sappiamo reggere.

Però siete uno dei gruppi più politici, anzi politicizzati, in Italia. 
Lodo: Siamo politicizzati, più che politici. Nel senso che abbiamo tanta politica in testa però non sappiamo fare politica.

Siete attivi politicamente?
Carota: Non tutti.
Bebo: Io personalmente ho preso parte alla campagna elettorale del candidato sindaco a Bologna di una forza indipendente di sinistra che si chiama Coalizione Civica. E poi, chi più chi meno, abbiamo a che fare in maniera stretta con il TPO, il Teatro Polivalente Occupato, che è un centro sociale storico di Bologna. Quindi ci occupiamo di politica però in maniera un po' più da outsiders, considerando i tipi di impegni che ci riguardano: alle volte ci possiamo concedere più tempo, altre siamo distanti da casa e purtroppo non si può fare.
Checco: Un gesto politico può anche essere andare a fare la spesa...
Carota: ...equo solidale!
Bebo: Assolutamente! Nei Campi Aperti (Associazione bolognese di agricoltori e consumatori che sostiene l’agricoltura biologica e contadina, ndr), all'XM24, o partecipare al dibattito politico cittadino...
Checco: In qualche modo ci siamo dentro sempre.
Lodo: Poi chiaramente una delle grandi sconfitte politiche è il fatto che si sia arrivati a vivere in un mondo nel quale se uno non parla di politica pensa di non fare nessun gesto politico. E invece non parlarne è un gesto politico, ovviamente. È un'azione che ha delle conseguenze politiche. Nel nostro piccolo suonare al Mediolanum Forum di Assago, auto-prodotti, mantenendo prezzi popolari, mettendoci il rischio d'impresa, insomma... è brutto parlare di soldi, ma decidere di non guadagnare cifre paragonabili a quelli che fanno quelle cose lì, è chiaramente un gesto politico. In generale, quello che facciamo è politico perché è inclusivo, va verso un'idea di collettivo.

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Quest'idea di collettivo mi pare sia uno dei principi fondanti di questo disco, anche nella scelta di far cantare un po' tutti
Albi: Sì, l'idea di collettivo è stata portata più a fondo, perché in realtà è sempre stato così. In questo disco abbiamo accentuato questa caratteristica cercando di spartirci un po' di più le cose. Da un punto di vista di visibilità esterna si nota di più, ma a livello di scrittura e composizione abbiamo sempre lavorato in questa direzione. Ci rendiamo conto che viviamo in un mondo in cui spesso il front-man identifica un mondo preciso e questo mito è uno di quelli che vogliamo sfatare. Quindi abbiamo scelto di cantare un po' tutti, non perché abbiamo voglia di protagonismo personale, anzi spesso ce la rimpalliamo molto. Ma abbiamo voluto fare questo sforzo per dare idea anche all'esterno del fatto che ci sia uno spaesamento da quella condizione di individualismo che noi non sosteniamo in alcun modo.

E non pensate che lo spaesamento possa venire ai vostri fan, che dopo due dischi e due ep sentono voci che non conoscono?
Lodo: Sì certo, è possibile. Però se credi in quello che fai questo è un rischio che devi correre. Cioè lo sappiamo che la scatoletta pronta di «Lodo che fa quel pezzo lì, storto in quella maniera lì» a molti va benissimo e potremmo replicarla. Però Checco ha dentro un mondo, Carota ha dentro un mondo, tutti noi abbiamo dentro un mondo e questa è una cosa che a noi affascina.

Nel disco c'è un pezzo un po' “problematico” che è “Nasci rockstar, muori giudice ad un talent show”. Non tanto per il dissing piuttosto esplicito a Manuel Agnelli...
Lodo: È stata scritta prima! Io ho sempre l'idea che le rockstar degli anni '90 siano un po' permalose, per cui cerco di dirlo in ogni occasione che questa canzone è stata scritta precedentemente!

Tra l'altro, nel disco degli Afterhours c'è una canzone che si intitola “Se io fossi il giudice”, anch'essa scritta prima della partecipazione di Manuel Agnelli ad X-Factor. Grandi coincidenze. Però vorrei parlare di altro. Nello specifico, del fatto che questa canzone parli di come siate diventati un prodotto e di come viviate male questa cosa.
Lodo: C'è un conflitto accesso riguardo a questa cosa, che non ha soluzione. Puoi stare completamente fuori dal sistema, decidendo di sbattertene di tutto e andare a fare l'eremita. Ma in questo modo non stai cambiando nulla del mondo, perché stai pensando solo a te stesso. L'alternativa è stare dentro il sistema; però, se dentro a questo sistema ci arrivi con delle idee antagoniste, a un certo punto ti trovi in paradosso. Io mi sono sentito molto in paradosso! Faccio spesso l'esempio di un mio amico del liceo che mi riteneva un fricchettone perché suonavo nei baretti e ora che invece faccio il Palasport o l'Alcatraz mi chiede i biglietti. In qualche maniera, sono passato dalla parte del prodotto e come prodotto è anche rispettabile la mia voglia di libertà, la mia voglia di scrivere canzoni... Come risolverla? Non lo so. Però parlare di queste cose è un po' come andare dallo psicologo: non stai risolvendo i problemi della tua vita, però ne stai parlando apertamente. E pare che una volta che tu li dica ad alta voce, un po' li stai superando. Ma io non lo so se per me sta funzionando, te lo dico fra un po'...



Il disco, come questa affermazione e come voi in quanto band, ha le sue grandi contraddizioni. A un certo punto in una canzone cantate: «Questo paese ha bisogno di silenzio, io di certo non lo sto aiutando»
Lodo: Sai che c'è già molta confusione, ma tu senti il bisogno di dire certe cose. Ma anche nel momento in cui credi di star dicendo qualcosa di importante, sebbene sia difficile giudicare l'importanza delle proprie affermazioni, lo stai dicendo dentro a un chiacchiericcio di auto-rappresentazioni, cazzate, piccoli odi, flammoni, trolloni, mode del momento, Kurdistan, tronisti, diritti civili, trono gay...
Albi: Bel pezzo questo!
Lodo: Vero? Son bravo a fare gli elenchi, è l'unica cosa che so fare nella vita! In realtà bisognerebbe stare zitti, perché per quanto tu pensi sia importante dire una cosa, contribuisci comunque a questo chiacchiericcio. Però almeno, se lo dici, stai un po' sgamando il giochino... un po' di più, chi lo sa! 

Forse no.
Lodo: Forse no. Hai fatto una faccia che mi ha convinto! 
Albi: Ci stavo pensando adesso. Tutto si risolve nel finale della canzone, nel desiderio di “non avere”; è la stessa contraddizione, fondamentalmente. No?
Lodo: È un bel momento, potremmo baciarci!
Albi: Perché lo stiamo scoprendo adesso?
Lodo: Perché la seconda parte del pezzo l'hai scritta tu. E quindi adesso abbiamo capito che abbiamo fatto un pezzo assieme!
Albi: Però eravamo distanti! Cioè, erano idee separate, poi si sono unite e hanno trovato un senso.
Carota: Lo abbiamo capito ora grazie a te, comunque. 
In coro: Grazie!

Ma prego ragazzi! Siamo arrivati all'ultima domanda, sempre in tema di contraddizioni. Il disco ha tantissime atmosfere musicali diametralmente opposte. Ci sono canzoni talmente diverse tra loro che alcune parti della tracklist sono stranianti, non sembra di stare ascoltando lo stesso disco. 
Albi: Si lega al discorso del collettivo, e in questo senso affrontare la questione stilistica è centrale. Il nostro non è uno stile musicale o di scrittura o di canto.
Lodo: Il nostro non è uno stile!
Albi: Che cos'è? È un modo di essere, fondamentalmente. È un modo di essere vari e modellarsi in base a quello che ti si para davanti nella vita. È un modo di interpretare ogni volta la situazione a seconda della situazione stessa, di saper analizzare quello che ti circonda senza troppi pregiudizi e senza avere la verità in tasca. E questa cosa viene fuori solo dal caleidoscopio. Noi siamo fatti così, quindi l'affrontiamo così. Interiormente siamo fatti così, anche se abbiamo delle caratteristiche diverse uno dall'altro, ma ancora di più quando metti in campo un collettivo per forza di cose viene fuori un lavoro molto sfaccettato.
Carota: Litighiamo un sacco per questo. C'è qualcuno che vorrebbe fare una roba solo rock'n'roll, un altro che vorrebbe fare solo elettronica, etc etc. Litigando vengono fuori cose varie.
Lodo: E comunque una volta che hai davanti tutti gli imput, tutti diversi, scegli la maniera per creare l'elettrocardiogramma meno piatto possibile. La tracklist non ha mai due voci uguali consecutive, cerca di avere dei pezzi sempre diversi uno con l'altro, sia in disco sia dal vivo. È fatta per scompenso.

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L'articolo Lo Stato Sociale - Tutti insieme appassionatamente di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2017-03-14 12:23:00

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