La storia del surf italiano dagli anni '60 a oggi

Un genere mitico, arrivato in cima a un'onda dalla California al Tirreno. Il racconto di Fernando Maramai di Ray Daytona and Googoobombos

Stilare una storia compiuta ed esaustiva della musica surf in Italia non è cosa facile. Principalmente perché se togliamo ciò che non è strettamente surf resterebbe poco da dire, mentre se inserissimo tutto ciò che fa riferimento al surf, che ne è influenzato o ne cita anche superficialmente gli stilemi, non basterebbero queste righe. Soprattutto negli ultimi decenni, molti sono stati i gruppi vicini al surf, ma pochi quelli rigorosamente surf. Tra i primi, certamente metterei anche i miei Ray Daytona and Googoobombos, che al genere hanno attinto molto, aiutando insieme ad altri gruppi la sua diffusione.

Non intendendo il surf come musica statica, monolitica, ma materia di “rilettura”, forse anche in senso pretestuoso, credo di aver stilato una retrospettiva un po’ personale, non sempre oggettiva, perché intrecciata anche con dati autobiografici. Per cui è possibile che alcuni gruppi non incontrati lungo il cammino personale siano stati dimenticati, o che altri non abbiano avuto abbastanza considerazione. Di questo faccio anticipatamente ammenda.

IN PRINCIPIO FU IL JUKE-BOX 

Primi anni Sessanta: in California esplode la musica surf. A diffondere il genere sono una serie di hit strumentali e cantate. Seppure destinata a durare pochi anni, si tratta – dopo il rock’n’roll degli anni Cinquanta e il Doo wop – di una vera e propria rivoluzione nella musica di largo consumo. Tuttavia, salvo la grande eccezione dei Beach Boys, non molte di queste canzoni arrivano subito in Italia, dove più che la tavola da surf, le feste sulla spiaggia e le belle macchine, il divertimento e le fantasie dei figli del boom economico si sviluppano ancora intorno al juke-box, magari ondeggiando al ritmo di un twist.

C’è poi da considerare che all’epoca il mercato della musica strumentale è in Italia quasi egemonizzato dagli inglesi Shadows. Più melodici e “potabili” rispetto ai gruppi californiani, questi fanno uscire anche in Italia una nutrita serie di singoli, molti dei quali, da “Apache” (1960) a “Geronimo” (1963), destinati a imporsi ai primi posti delle classifiche.
È in questo contesto che nel Belpaese i gruppi cominciano a dedicarsi ad un certo tipo di musica strumentale. I Ribelli, gruppo di punta del Clan Celentano, suonano “La Cavalcata”, 45 giri del 1962 con il quale si guadagnano anche una apparizione televisiva.

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I Satelliti di Ricky Gianco nel loro disco d’esordio del ’63 abbinano alla cantata “Quando la luna muore” lo strumentale “Mercurius”. Per il secondo singolo (anno 1965) è il turno di “Texas Rider”, incisa come retro della quantomeno imbarazzante “Sul cucuzzolo".

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Sempre all’impronta del sound degli Shadows esce nel ’64 “Guitar Theme", album dei 5 Rizzo che raccoglie il loro meglio. Altri gruppi che eseguono strumentali sono i Planets, i 4 Satelliti e gli Ergastolani, autori di una ruspante cover di “Pipeline”.

Intanto, sul versante cantato, il termine surf compare più volte in titoli di brani che in realtà, più che riferirsi al genere musicale, ammiccano ad un nuovo tipo di ballo giovanile: la simpatica (e nulla più) “L’esercito del surf” cantata da Catherine Spaak, “Il surf del giornale” di Presti Pino, “Alleluja surf” dei King’s Stars, “Tremarella” di Edoardo Vianello (“mi vien la tremarella ballando il surf”), infine “Il surf delle mattonelle” della Cricca, brano spudoratamente copiato da “If I had a Hammer” (versione Trini Lopez), ma con parti di chitarra di tutto rispetto, grazie al lavoro di Enrico Ciacci.


Esce anche l’LP “I grandi fanno il surf!” con canzoni di Nico Fidenco, Jimmy Fontana, Latins, Flippers. La copertina ritrae una ragazza su tavola da surf; niente o quasi all’interno riporta le sonorità della scuola californiana. 


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Con l’affermarsi del beat italiano, tra il ’65 e il ’66, la parola surf passa di moda. Paradossalmente cominciano ad abbondare i rifacimenti dai Beach Boys: “Barbara Ann” è il brano più gettonato (versioni dei Jaguars e dei Pop Seven), ma ci sono anche le cover dell’Equipe 84 di “Don’t Worry Baby”, ribattezzata “Sei già di un altro”, dei Quattro di Lucca, che trasformano “Surfin’ Usa” in “Lo sai domani che faremo”, e dei Barritas che cambiano “Help me Rhonda” in “Rhonda, aiuto!” Ultimi da citare, i Ravers traspongono la versione dei Rivieras di “California Sun” in “Tanto carina” e ancora gli Equipe 84 incidono “Papa oom mow mow" dei Rivingtons con il titolo “Papà e mamma”.

Parallelamente, è dal cinema che vengono le cose migliori e più originali per quel che riguarda l’impiego di suoni, chitarre e arrangiamenti. Nel giro di pochi anni, infatti, Ennio Morricone realizza per Sergio Leone una serie di colonne sonore che faranno epoca. Con “Per un pugno di dollari” (1964), “Per qualche dollaro in più” (1965), “Il buono, il brutto e il cattivo” (1966) e “Cera una volta il West” (1968) si impone in tutto il mondo il western all’italiana, ma con esso, nell’indissolubilità tra racconto cinematografico e musica, i temi di Morricone cambiano l’immaginario di almeno una generazione. 

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Sarà impossibile da lì in poi, per migliaia di italiani e non, togliersi dalla testa la chitarra e il fischio di Alessandro Alessandroni, fido collaboratore del Maestro Morricone nel realizzare quelle immarcescibili colonne sonore. È importante aggiungere che tutto questo influenzerà pesantemente tutta la musica strumentale (surf compreso) dei decenni successivi.  

CONNESSIONI PIU' O MENO SOTTERRANEE

Dalla fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta, con l’Italia in piena “sbornia progressive e cantautori”, c’è poco da ricordare, se non la sparuta attività di gruppi da balera che inseriscono strumentali nel loro repertorio live. Tra questi gruppi, per sentito dire, tali Zampironi di Lucca, di cui però non so niente. Tra gli specialisti della carta stampata, si segnala l’attività di Aldo Pedron, tra i pochissimi a scrivere di surf con la necessaria competenza.

Al giro di boa tra i Settanta e gli Ottanta, il surf ricompare attraverso il cinema, con “Un mercoledì da leoni” (Big Wednesday, 1978) di John Milius e una seconda onda musicale, che ha come gruppo di punta i californiani Jon and the Nightriders. Tuttavia in Italia, per avere qualcosa quantomeno a “soggetto surf”, bisogna accontentarsi di Johnson Righeira, che nel 1980 fa uscire il singolo “Bianca Surf”, e degli Skiantos dell’album “Ti spalmo la crema”, anno 1984, in cui la tematica spiaggia e sole prevede le cover di “Barbara Ann” e “Surfin’ Bird”.

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Si tratta di richiami più o meno scanzonati, ormai fuori tempo rispetto all’ingenuità degli anni Sessanta, quasi parodie, intenzionali o no, di quel che erano state le aspettative di divertimento e liberazione di quel periodo. Eppure, emerge una voglia edonistica, un anelito che è necessità di vivere la superficialità del postmoderno, di accettare un sistema mediatico e consumistico che si fa sempre più mobile, liquido, così come l’acqua sulla quale agisce lo sportivo con la propria tavola. Surfare è allora riuscire a vivere e a muoversi sulla superficie di tutto questo, saper prendere l’onda, per cavalcarla e districarsi senza esserne travolti.

Quasi come in un atto filosofico, come raccontano i Magazzini Criminali nel loro spettacolo teatrale (e disco) “Crollo nervoso” (1980), dove sopra a collage sonori di varia provenienza riecheggiano in loop, come un mantra post-atomico, le battute “adoro il surf / è tutto ok / niente è vero, tutto è permesso / prendi l’onda / sono sulla cresta dell’onda / resta sulla cresta dell’onda”. Cfr. dal minuto 31:30 in poi: e dal minuto 52:55 in poi:

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Sinora poca musica surf, tuttavia prende vita, proprio in questi anni, un fenomeno nuovo rispetto al passato. Mentre negli anni Sessanta il surf e l’immaginario (più o meno distorto) ad esso legato riguardavano un genere di successo che era diventato anche moda, negli anni Ottanta, con l’emergere delle sottoculture vicine al punk – il neo rockabilly, il garage-punk, la neo-psichedelia, la new wave – si recuperano alcuni generi musicali rimasti dimenticati per anni. Il collante tra punk e surf sono forse più di tutti – almeno nella percezione che se ne ebbe in Italia – i Ramones, con le loro canzoni originali, ma soprattutto con le loro versioni di “California Sun” e “Surfin’ Bird”.

Ci sono poi altri esempi meno famosi, ma che – per chi, come me, si trovò ad andare ai concerti o a comprare i dischi in quegli anni – furono di fondamentale importanza nell’unire la sfera punk ad un immaginario molto più ampio (B-Movies, fumetti, oscuro rock’n’roll). Primi tra tutti i Cramps, poi i Fuzztones (è attraverso di loro che molti scoprono Link Wray e Davie Allan and the Arrows), i Barracudas (la cui “Barracuda Waver” avrebbe poi fatto parte dei primi set live di Ray Daytona), e altri.

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Per quanto mi riguarda si unisce a tutto questo la passione per i fumetti della Marvel (il Silver Surfer di Stan Lee e Jack Kirby, che con la sua tavola si trova a viaggiare nello spazio), la visione di “Apocalypse Now" di Coppola, con le indimenticabili sequenze con la battuta di Robert Duvall “Charle don’t surf” e i marines che fanno il surf nel corso di un attacco ai Vietcong. La visione – sulle tv private, a orari improponibili – de “La notte dei morti viventi”, “Barbarella”, “Il mostro della laguna nera”, “L’abominevole dottor Phibes”, “Ai confini della realtà”.

Il mito di Bela Lugosi. Per me, e credo per molti altri che hanno attraversato quel periodo, era il formarsi di un universo omogeneo, dove ogni cosa si mostrava miracolosamente collegata e in cui piano piano ogni tassello andava al proprio posto. Come quando sentii la versione dei Wall of Voodoo di “The Good, the Bad and the Ugly” di Morricone, o il bootleg del concerto fiorentino dei Clash, “Impossible Mission”, aperto – come faceva abitualmente il gruppo – da “La resa dei conti”, il brano di Morricone estratto da “Per qualche dollaro in più”.

A coagulare tutto questo in Italia credo che fossero, più di altri, i piacentini Not Moving, che per il loro ep “Strange Dolls”, uscito per l’Electric Eye nel 1982, hanno inciso “Wipe Out” (è da loro che ho sentito per la prima volta quel pezzo) e che dal vivo eseguivano, probabilmente influenzati da Johnny Thunders, “Pipeline”.  

GLI ANNI NOVANTA

 

Nei primi anni Novanta sino alla metà del decennio, in pieno trend grunge e suoni aciduli al Marshall, spuntano inaspettate piccole strane pianticelle. A Milano operano i Crashmen, che nel loro set live suonano classici surf, a Trieste suona già una formazione embrionale di quelli che saranno i Wet-Tones. A Bologna, da una costola degli Sciacalli, i Centurioni pubblicano per la Destination X un singolino con “Misirlou” (1993), mentre a Roma gli Others inseriscono nei loro set garage-punk alcuni brani surf. Influenzati dal surf sono poi i gruppi di derivazione ramonesiana Senzabenza, Chromosomes e Manges.

A dare la spinta ad un vero e proprio revival del surf è l’uscita dell’odiato-amato “Pulp fiction” (anno 1994), nella cui colonna sonora si riesumano classici di Dick Dale, Tornadoes, Centurians, Lively Ones e Revels. Lo straordinario successo di quel film, poi destinato a diventare moda, quasi un ingombrante cliché, favorisce la circolazione di ristampe di vecchi dischi ormai introvabili. Surf, Link Wray, ma anche – per gradi – musica exotica, “Incredibly Strange Music”, sino alle riedizioni di vecchie colonne sonore italiane.

È un revival misto anche al garage punk, e dagli U.S.A. arrivano i dischi di Mummies, Phantom Surfers, Trashwomen, Untamed Youth. Sulla scia delle esperienze americane, anche in Italia si formano diversi gruppi dediti alla musica surf. Primi tra tutti i Cosmonauti di Roma, tecnicamente impeccabili, con un approccio “purista”. Per loro un bell’esordio a 45 giri nel ’95, con “The Wedge” di Dick Dale; un secondo singolo con “Sea Storm", e in seguito due album: “Just Surf” (1998) e “Bikini Angel" (2003), a coronamento di un tour americano. 

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Sempre a Roma suonano i Royal Knightmares e gli Scriteriati. Mentre da Cagliari arrivano gli Uninvited, caratterizzati da un sound d’impatto all’insegna del Lo-Fi. Per loro un primo singolo nel ’94 e due album: “Surfin’ and Trashin’” (1995) e “Nuragic Surfari” (1997), con un sound arricchito dall’impiego del sax.

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Minimali, grezzi e selvaggi, ispirati dall’horror di serie Z e al più oscuro rock’n’roll, sono i foggiani Petrifieds. Purtroppo di loro ci è rimasto pochissimo: un bel demo e un ep del ’97 dal titolo “Warning! Monsters”, contenente “The Curse of the Petrifieds”, dove sembra di sentire i primi Misfits che suonano surf.

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Nel segno di Link Wray e dei Cramps si muovono tre ragazze che coi loro live non lasciano mai il pubblico indifferente. Nate come gruppo nel ’93, le Ups vengono dalla West Coast toscana – tra Pisa e Livorno. Si sciolgono nel ’98, consegnando ai posteri un dieci pollici in vinile.

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A Caserta nascono nel ’94 i Bradipos IV: suoni e tecnica sopraffini, passione per il surf, le colonne sonore di Henry Mancini, Morricone e la tradizione melodica campana (si veda la cover di “Carmela” di Sergio Bruni). Dopo una miniserie di uscite in vinile di piccolo formato, pubblicano il loro primo album “Instromania” (1999).

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Si può parlare in questi anni di una vera e propria scena di gruppi surf, che si guadagna spazio e interesse all’interno di un giro ben più ampio di appassionati di garage-punk, Lo-Fi, blues-punk, neo-beat, ecc. Diverse etichette indipendenti si dedicano alla stampa dei gruppi surf, riviste e fanzine dedicano ampio spazio al genere (i nomi delle testate sono emblematici: Bassa fedeltà, Jamboree, Misty Lane, Mondo Capellone, Bob Rock, Arseniko), e si moltiplicano i piccoli festival dove poter vedere live molte di queste band. Su tutti, la vetrina principale è il Festival Beat, che riunisce ogni anno centinaia di appassionati adepti ai suoni vintage.

È in questo contesto che nel ’97 nascono nella provincia di Siena i Ray Daytona and Googoobombos, con un approccio trasversale al genere. Dopo quattro singoli in vinile e una lunga serie di concerti, esce nel ’99 il nostro primo album “A Wild Shot of…”

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Da invece Piacenza arrivano i Liquid Germs, con un sound pesantemente influenzato dai Devo e dai Man or Astro-man. Di loro resta un album, misconosciuto, dal titolo “Are You Bitronic or Multitronic (Man)?”

IL NUOVO MILLENNIO



Alle soglie del Duemila continua il fiorire di gruppi, dal Piemonte alla Sicilia: Faraons, Cosmogringos, Braccobaldos, Link Pretara & The Rudimentals, Fantomatici, Iguanas, Bavadoodo, Menomati, Urania. Tra questi i Fantomatici realizzano nel 2005 l’album “Giustizia sommaria”, cui segue nel 2007 il disco “Spaghetti Surf”.

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Mentre nel 2002 imperversa il tormentone del Piotta “La grande onda”, che riprende esattamente il ritornello de “L’esercito del surf”, con tanto di video omaggiante i surfisti di “Point Break” (1991), la scena musicale surf underground sembra viva e pimpante. Il culmine di questa vitalità lo si raggiunge nell’estate del 2003 con la prima edizione del Surfer Joe Summer Festival, dove, sulla spiaggia, insieme a ospiti stranieri, il programma prevede l’esibizione di tutti i gruppi italiani dediti al genere (compresi i livornesi Pipelines, da anni noti per il loro repertorio a base di Beach Boys).

L’anno seguente esce il terzo album di Ray Daytona (“Fasten Seat Belt”) e l’album dei Wet-Tones “Mucho Reverbo”. Con queste due pubblicazioni per la prima volta il surf arriva nelle catene della grande distribuzione.

Con Ray Daytona portiamo avanti la Rock’n’Royal Rumble, un set live che prevede la partecipazione di lottatori in maschera. Suoniamo molto, anche all’estero, aprendo a Trashmen e Phantom Surfers, e facendo uscire nel corso degli anni altri album.

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Ma negli stessi anni molti gruppi si sciolgono, come i Cosmonauti; altri allentano la produzione discografica e riducono i concerti. Come un atto fisiologico, avviene così un cambio della guardia tra i gruppi. Tra le novità più interessanti ci sono senza dubbio gli Hangee V, nati dalle ceneri degli Uninvited e dediti ad un mix tra surf e garage-punk. Di loro si trovano in giro alcuni singoli e tre album, il tutto pubblicato rigorosamente in vinile: l’esordio omonimo del 2005, “Unpleasantly Yours" del 2009 e “Underwater Serenades” del 2016.

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Pur prendendosi delle pause dai concerti, resistono i Bradipos IV, ormai avviati ad essere il gruppo surf italiano più longevo. Dopo una apparizione nel film di Matteo Garrone “L’imbalsamatore” (2002), il gruppo casertano pubblica “Surf Session” (2005), si lancia in alcuni tour americani e dopo diversi anni di silenzio discografico pubblica “The Partheno-Phonic Sound of” (2016).

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Con meno gruppi rispetto all’inizio degli anni 2000, la musica surf italiana ha visto attivi nell’ultimo decennio i Diabolico Coupé di Piacenza (da una loro costola sono poi nati gli Operation Octopus), i Wavers di Cantù, i Surfoniani di Torino, i Docteur Legume di Alessandria, TopDrop di Lodi, gli Psycho Surfers da Ravenna, i Jaguar & The Savanas da Catania, gli Intrusi e i Surfin’ Boars dalla Sardegna, i Bad Riders dall’Abruzzo, gli Alwaro Negro e gli Ava Kant di Latina, i Surfadelics e Las Tracinas di Roma, gli Hot Rod Surfers di Prato, i Reverberati di Pisa, i Los Drigos e gli Atollo 13 dalla Puglia.

Infine i Watang! di Brescia, autori dell’album “Miss Wong”, uscito nel 2014. Tutto sommato il genere dimostra di essere in buona salute, visto anche il buon riscontro ottenuto dai Monaci del Surf, che con un look ripreso dagli americani Straitjackets propongono gli stilemi del genere in chiave rock, aprendosi così al gusto di un pubblico più ampio.

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È proprio il caso di dire last but not least, perché ho lasciato in fondo a questa rassegna un personaggio che è di fondamentale importanza. Mi riferisco a Lorenzo Valdambrini, livornese, organizzatore dal 2003 del Surfer Joe Summer Festival (divenuta negli anni la migliore rassegna internazionale di gruppi surf, grazie anche alla bellissima location sul mare), proprietario inoltre del Surfer Joe Diner, dove, in una splendida Tiki Room è possibile anche d’inverno assistere a ottimi concerti.

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Ma non solo, Valdambrini è soprattutto musicista e, dopo varie esperienze in gruppi surf, ha pubblicato alcuni album con lo pseudonimo Surfer Joe. Con concerti in Italia e in tutto il mondo, dal Giappone alla California, non a torto si è auto-investito del titolo International Surf Music Ambassador. Senza di lui oggi la musica surf italiana non potrebbe esistere, o perlomeno avrebbe decisamente tutt’altra importanza.

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L'articolo La storia del surf italiano dagli anni '60 a oggi di Fernando Maramai (Ray Daytona and Googoobombos) è apparso su Rockit.it il 2017-07-27 09:39:00

COMMENTI (6)

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  • sarracino.marco 6 anni fa Rispondi

    I Liquid Germs hanno pubblicato nel 2002 un secondo album ancora più sconosciuto del primo. "Return to earth" sole 100 copie distribuite gratuitamente. è possibile ascoltare l'intero album su Youtube: youtube.com/watch?v=wtC7tuQ… .
    Oggi alcuni componenti dei Diabolico Coupé insieme ad altri dei Liquid Germs hanno fondato gli Operation Octopus.

  • TheMONK.surfjazz 7 anni fa Rispondi

    Bell'articolo!
    Cogliamo lo spunto di Surfer Joe sulla contaminazione tra il surf e altri generi (ciao, Lorenzo, grazie per l'assist!) segnalando sfacciatamente ;-) il nostro originale approccio "ibrido" al genere (noi lo chiamiamo "surf-jazz"):
    soundcloud.com/themonk-surf…
    youtube.com/user/TheMONKsur…
    facebook.com/themonk.surfjazz
    The M.O.N.K. (a surf-jazz combo)

  • steven.pegugnaga 7 anni fa Rispondi

    Complimenti!! Un articolo bellissimo!

  • manliotenaglia 7 anni fa Rispondi

    Per qualche mese furono in attività i Misteriani, trio formato da Scanna (alla batteria) e basso e chitarra provenienti dagli Hermits. Si esibirono dal vivo al Covo di Bologna nel 1996. Furono i primi in Italia negli anni novanta a suonare con il volto mascherato e in tuxedo. Proponevano pezzi oscuri che verranno proposti anni dopo solo dai Phantom Surfers. Peccato non esistano registrazioni.

  • surferjoe 7 anni fa Rispondi

    Un grande articolo, dettagliato e completo. E' importante capire come questo genere - se pur una nicchia - continui ogni anno a produrre nuove band e nuova musica ovunque, compreso in Italia. Ed e' giusto che si evolva "sporcandosi" e "contaminandosi" con tante cose. Pur rimanendo io per gusto un tradizionalista, mi fa sempre piacere essere in contatto con realta' e gusti diversi dai miei, ed alcune delle cose uscite negli ultimi anni sono sottovalutate musicalmente rispetto a tanti generi ben piu' diffusi, ma molto piu' scadenti.

    Grazie Fernando per l'ottimo lavoro e per la menzione a fondo articolo. Vediamo se questo e' lo spunto per organizzare una grande reunion di surf music solo italiana un giorno ;)

    >> Lorenzo "Surfer Joe" Valdambrini - surferjoe.me

  • manwell 7 anni fa Rispondi

    Gran bell'articolo sul surf italiano... d'altronde è stato scritto dalla "mente" del gruppo che ha più allargato le maglie del genere in Italia.