A tu per tu con Sean White, l'autore di "Creuza de Mao"

Uno scrittore cinese appassionato di cantautorato italiano ha scritto un libro per farlo conoscere ai suoi connazionali: l'abbiamo intervistato

08/06/2018 - 13:23 Scritto da Mattia Nesto

Quando abbiamo letto la notizia non ci volevamo credere: ma davvero c'è un appassionato di musica italiana che ha scritto un libro sui cantautori italiani in cinese? Tutto vero, magia concreto merito di Zhang Changxiao che ha scritto "Creuza de Mao" e che uscirà a fine anno anche in Italia. Noi però morivamo dalla curiosità di conoscerlo e di sapere come fosse nata questa sua passione e l'abbiamo raggiunto: come novelli Marco Polo abbiamo scoperto tante cose belle! 

Partiamo dall’inizio: quando è stato il tuo primo incontro con la musica cantautorale italiana?
Il mio primo incontro con la musica dei cantautori italiani è stato quando mi trovavo a Lecco. Un giorno stavo camminando vicino al lago e ho sentito una voce che cantava provenire da un negozio di musica. Mi ha colpito molto, mi ricordava Bob Dylan. Così sono entrato nel negozio e ho chiesto chi fosse: mi hanno risposto che si trattava di Fabrizio De Andrè.

Quando hai capito che questo ben specifico genere musicale, nonostante la distanza linguistica, era per te così importante, tanto da diventare una grande, grandissima passione?
Dopo aver scoperto De Andrè mi sono interessato ad altri cantautori come Guccini, De Gregori... le loro voci e le melodie erano bellissime, anche se non capivo cosa dicessero. Potrei dire che la loro musica mi ha sostenuto in momenti difficili della mia vita. Ascoltandola sempre di più, è diventata una grandissima passione per me.

E come sei finito a scrivere un libro su questo argomento?
Ascoltando la musica dei cantautori italiani, ho cercato di trovare informazioni su di loro su Internet, ma nei siti cinesi non c'era nulla. Quindi ho pensato di scrivere un libro per farli conoscere in Cina.

Allarghiamo un attimo il discorso al “sistema Italia”: ti sei trasferito dalla Cina per lavorare nel campo della robotica. Che Paese hai trovato? Ti piace vivere “qui da noi”? E quali sono le cose che più ti mancano della Cina?
Prima di venire in Italia, me la immaginavo come New York, con nuove tecnologie e moda all'avanguardia. Arrivato qui ho scoperto aspetti diversi di questo paese, ai miei occhi sembrava in museo. All'inizio non ero abituato, ma nel corso del tempo ho iniziato ad amare sempre di più questo bellissimo paese. Quello che mi manca della Cina forse è il cibo.

La passione per i cantautori italiani è diventata più forte qui nel Belpaese?
La mia passione per i cantautori è nata in Italia. In Cina non c'era la possibilità di ascoltare la musica cantautorale italiana, di solito si ascolta musica in inglese. Ma qui in Italia la musica dei cantautori è molto popolare e la sua filosofia e visione del mondo mi ha davvero colpito e ispirato.

Ciò ha favorito, in un certo qual modo, l’ambientamento tuo e con i tuoi colleghi?
Sicuramente. La musica dei cantautori parla della vita e delle idee delle persone, quindi mi ha certamente aiutato a conoscere questo paese e ad ambientarmi.

Dei cantanti della nuova generazione, segui qualcuno? Se sì chi?
Me ne piacciono alcuni, ad esempio i Baustelle, i Planet  Funk, Mannarino... Penso che Mannarino rappresenti la cultura romana, per alcuni il suo stile ricorda Tom Waits, ma a me ricorda De Andrè.

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Con la tua agenzia di comunicazione organizzi anche concerti di artisti italiani in Cina: com’è la reazione del pubblico, per esempio, di fronte ad uno spettacolo di Eugenio Finardi?
Le persone rimangono sorprese perché non hanno mai ascoltato musica italiana di questo tipo prima. Pensavano che la musica italiana fosse solo quella Pavarotti e delle opere liriche, ma ad un concerto di Eugenio Finardi possono trovare uno stile completamente diverso. Questo per loro è sorprendente e apprezzano molto questo genere di musica, anche se non capiscono le parole del testo.

Torniamo su De André: hai per caso visto il film “Il principe libero” (noi ne abbiamo parlato qui)? Come lo hai trovato? E, soprattutto, come giudichi la prova del Faber di Luca Marinelli?
Sì, ho visto il film "Principe libero". Penso che sia piuttosto commerciale, ma comunque molto interessante perché mostra De Andrè come una persona normale e non come un eroe. Un giorno ho avuto l'opportunità di parlare con Dori Ghezzi e lei mi ha detto che effettivamente Fabrizio era così nella sua vita. Penso che Luca Marinelli somigli molto a De Andrè in questo film, ma sicuramente è un ruolo molto difficile da interpretare, perciò penso che sia stato molto coraggioso.

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Ci pare, dal tuo racconto e da questa intervista, che tu abbia esaudito molti sogni: ma hai ancora un desiderio che ti piacerebbe vedere realizzarsi nei prossimi anni?
Sì, certo, ne ho molti. Ad esempio mi piacerebbe portare Vasco Rossi a fare un concerto in Cina, perché è una leggenda e penso che rappresenti davvero la musica italiana. Mi piacerebbe anche far conoscere il cinema italiano in Cina, penso che in Italia ci siano molti registi davvero di talento. 

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L'articolo A tu per tu con Sean White, l'autore di "Creuza de Mao" di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2018-06-08 13:23:00

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