Quando il presente vince sul futuro: se i TheGiornalisti non sono mai cambiati

Tra il miraggio e l'incoscienza, la malinconia e la celebrazione, LOVE segna una bandierina nel percorso della band e definisce una volta per tutte la loro forma

Tommaso Paradiso ti aspetta un po' come te lo immagini. Piegato in avanti sulla sedia con il cappellino tirato indietro, un paio di bottiglie di vino messe già in fresco e un sorriso buono dietro una maglietta un po' larga. Tommaso Paradiso è una di quelle persone che ogni dieci minuti, al massimo, ti chiede come stai. Vuole sapere se vuoi un altro bicchiere di vino, o se vuoi mangiare qualcosa, si preoccupa se fa troppo caldo, se ora fa troppo freddo, se sta dicendo le cose giuste. Puoi pensare che lo faccia perchè sei un giornalista, ma non è questo. L'impressione è di avere davanti una di quelle persone che non riesce fisicamente a stare bene se non è sicuro stia bene anche tu. Se hai un sasso nella scarpa, se il divano è scomodo, se hai sete o se vuoi fumare, a lui dà più fastidio che a te. 

"LOVE" è uscito venerdì ed è il quinto album dei TheGiornalisti, che può sembrare il quarto visto che nessuno si ricorda mai del loro secondo album. "È vero, siamo i primi a non considerarlo più di tanto. Quello è stato un album in cui abbiamo fatto qualcosa che non ci apparteneva ma che stava funzionando per gli altri, volevamo dimostrare di esserne all'altezza", così ce la spiega lo stesso Tommaso Paradiso. Questo disco lo abbiamo ascoltato in anteprima con lui, poi, con in corpo una di quelle due bottiglie di vino, ne abbiamo parlato. 

Tra la malinconia e la celebrazione, questo album è la naturale evoluzione di "Completamente sold out". Se il precedente era un album di attesa e anticipazione questo è un disco di arrivo e di conquista. Questa volta il presente è la chiave centrale, che vince quasi sempre sul passato, sicuramente sul futuro. Il pregio di questo è che LOVE è molto più a fuoco rispetto ai lavori precedenti, lasciando dietro quell'impronta anni'80 per una ricerca di un suono meno riconoscibile e destinato a durare più a lungo. "Interrompere quel discorso sonoro è stata una scelta. Nonostante Matteo Cantaluppi sia la persona con cui sono cresciuto, perché è lui che ha tirato fuori il suono di "Fuoricampo" e "Completamente sold out", credo lui stesso sia stato contento di interrompere, per adesso, quella strada. Dario (Faini, ndr) è più legato ai tuoi input e meno settoriale, ha messo un'orchestra quando ci voleva, l’elettronica quando ci stava. Sono due modi diversi di lavorare e seguire un progetto, non ne esiste uno migliore di un altro, ne esiste solo uno più adatto alla tua musica in un preciso momento, e Dardust era perfetto per questo album". 

Il difetto è che a volte "LOVE" rischia di essere un album statico. Non per un particolare difetto compositivo, ma per la sua stessa natura di bandierina, di punto di arrivo, rispetto alla simbolica corsa dei precedenti. A conferma di questo è il fatto che siano i pezzi in cui viene tolto tutto per lasciare solo quel che serve i più riusciti dell'album. "Milano Roma è un pezzo che non mi piace. Non lo volevo nemmeno mettere nell'album, ma pare funzioni bene per i live" continua Paradiso. Storia diversa invece per "Questa nostra stupida canzone d'amore", "New York" e "Dr. House", ad esempio. L'ultima, in particolare, ha qualcosa di importante se si parla di loro e, nello specifico, di Tommaso Paradiso. Non è un brano con un titolo metaforico, è realmente dedicato al protagonista della serie tv. Che fa quasi sorridere, ma solo fino al "forse cerco solo un padre, e l'ho trovato in te". Questo è Tommaso Paradiso ed il suo modo di scrivere. Protagonista della storia di se stesso dentro l'epica di un pop melodico impeccabile, tra piccole conquiste quotidiane e borghesi enfatizzate fino a diventare caricaturali. Fino al momento in cui ti infila in mezzo un passaggio, un accenno, anche una singola frase di astrazione in cui riesce a dividersi da quell'idea, a restare nudo e trasferire il disagio, l'ansia, la ricerca, il bisogno, la ricerca degli affetti, il dolore e un velato, dolce e perenne senso di vuoto. Nelle canzoni dei TheGiornalisti di tutte le conquiste di felicità, momentanea, duratura, puttana che sia, la radice è un costante senso di spleen, come se Tommaso Paradiso vivesse una lunga e malinconica domenica dopo una sbronza.

Qui si gioca il pop da fuori classe, correndo su melodie precise e testi semplici, a volte banali, sicuramente immediati, ma tanto credibili, coerenti e precisi da essere giusti così. Perchè va bene, va tutto bene, vanno bene loro e andiamo bene noi se ci piacciono. Parlare dei TheGiornalisti non è semplice, ed è inutile girarci intorno. Da una lato c'è una band che è passata dal TheFurgone e i palchi improvvisati a riempire i palazzetti, dall'altra un pubblico che si è visto portare in un posto più grande, dove forse non voleva nemmeno stare, in mezzo a gente che non voleva conoscere. "Io non esisto", "Autostrade umane", quelli sì che erano bei pezzi. Poi sono arrivati "Riccione" e Paradigma, diciamo che qualcuno si è trovato disorientato dal loro percorso. Questo è più che lecito, ma forse la colpa non è tutta loro, e forse è arrivato il momento di farci pace. 

Queste considerazioni possono sembrare molto personali, ma fanno riferimento ad un diffuso modo di relazionarsi alla band da parte di alcuni fan. La loro evoluzione è stata vista (da fuori) come un tradire la partenza, mentre è stata (per loro) il fissare un punto di arrivo. Il percorso dei TheGiornalisti infatti è molto più coerente di quanto possa sembrare, al punto di poter dire che i TheGiornalisti non sono cambiati affatto. Ad essere cambiato è semplicemente tutto quello che gli sta intorno. "Io non esisto", "Proteggi questo tuo ragazzo", "Completamente sold out" e "Zero stare sereno" sono la stessa canzone, la stessa idea sviluppata in contesti radicalmente diversi. Quello che in un momento era spaesamento e negazione di sè, in quello dopo diventa ricerca di uno scudo, in un paio d'anni si trasforma in desiderio e arriva, oggi, ad essere conquista. La stessa intuizione può avere forme molto diverse, ed è normale che non tutte riescano a parlare a noi allo stesso modo. 

video frame placeholder

"Il fan della prima ora lo hanno tutti, quello che sta lì a dire che sono sbagliati, venduti, corrotti, pieni di soldi, di droghe, di puttane. Ci sarà sempre chi punta il dito, e ha diritto di esserci. Difenderò sempre anche il fan che oggi non ci apprezza. Detto questo, il vero fan nostro, quello molto attento al percorso, nota molta più coerenza. Ci sarà sempre l’ultimo baluardo dell’indipendenza che ti fa guerra, ma se io oggi facessi “Io non esisto” non sarebbe quella canzone. Con i mezzi di oggi, con la vita che faccio e come sono io oggi, diventerebbe un pezzo di questo disco. Prima avevamo fatto un disco autoprodotto, avevamo due chitarre comprate con i risparmi e non sapevamo dove saremmo andati a finire. Ora è tutto diverso. C'erano delle cose belle prima che ora non ci sono più, ce ne sono altre oggi che non ci sognavamo nemmeno di poter avere. Questo è."

 "Ho sempre fatto ascolti molto facili, mentre miei colleghi hanno riferimenti a musica più complessa io ho sempre ascoltato roba molto più diretta, mi piace il singalong. Tanto che in alcuni puoi sentire riferimenti a quella cosa lì, i nostri sono molto più semplici e popolari. Non dico cosa sia meglio o peggio, dico cosa mi riesce bene, e non potrei fare altro." Questo sono i TheGiornalisti, la forza dell'amore cantata semplice, quasi stucchevole, senza stare a scavare o sondare l'inconscio. Non per una scelta, ma perchè è quello che sei e che sai fare, e prenderesti in giro te stesso se facessi altro. Perchè se gli altri sono i Radiohead tu vuoi essere Vasco. E va benissimo così. 

---
L'articolo Quando il presente vince sul futuro: se i TheGiornalisti non sono mai cambiati di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2018-09-24 16:42:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia