Da solidarietà a commemorazione - Il concerto per Demetrio Stratos del 14 giugno 1979

Il 14 giugno del 1979 il concerto per Demetrio Stratos diventa una serata di commemorazione: il racconto di quei giorni.

Demetrio Stratos (© Silvia Lelli / Lelli e Masotti Archivio - foto in homepage © Roberto Masotti / Lelli e Masotti Archivio)
Demetrio Stratos (© Silvia Lelli / Lelli e Masotti Archivio - foto in homepage © Roberto Masotti / Lelli e Masotti Archivio)
14/06/2019 - 12:00 Scritto da Giuseppe Catani

Il 1978 è l’anno di “Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!”, il quinto album in studio a firma Area. Esce per la Ascolto, label controllata dalla CGD e diretta da Caterina Caselli. Il gruppo milanese ha deciso di abbandonare la Cramps, che li aveva fatti esordire nel 1973 con “Arbeit macht frei” tra non poche – e, si presume, laceranti – discussioni interne.
Sono giorni complicati per gli Area, che devono fare i conti con la defezione del chitarrista Paolo Tofani e rischiano di perdere anche il loro front-man. Demetrio Stratos ha raggiunto un accordo con Gianni Sassi, il deus ex machina della Cramps, col quale pubblicherà i dischi da solista nella collana “DIVerso”. Per Stratos è un periodo ancora più denso e ricco di soddisfazioni: collabora con John Cage, se ne va a Parigi per tenere un concerto al Museo d’Arte Moderna, a Lisbona, assieme agli Area, alla festa del Partito Comunista Portoghese, all’Avana su invito del Ministero della Cultura cubano. Ed è solo una piccola parte degli impegni che lo vedono coinvolto tra il 1978 e il 1979. Un’attività che costa fatica e stress. Ricorda Monica Palla, allora addetta stampa della Cramps: “Un giorno Demetrio mi disse che era un po’ che non si sentiva bene: disse che era sempre stanco e si riempiva facilmente di lividi. Decise che doveva andare dal medico”. (cit. in “Consapevolezza, gli Area, Demetrio Stratos e gli anni settanta”, Luca Trambusti, Arcana, 2009).

Il 30 marzo 1979 Stratos si esibisce al Teatrino della Villa Reale di Monza, tre giorni dopo si ricovera al policlinico di Milano. La diagnosi è terribile: nulla a che vedere con lo stress o la stanchezza, si tratta di un’aplasia midollare, malattia causata dalla mancata riproduzione delle cellule da parte del sangue. Segue un secondo ricovero, questa volta al Memorial Hospital di New York, dove si studiano nuove terapie in attesa di un salvifico trapianto di midollo osseo. Terapie costose, circa cinque milioni di lire a settimana, una spesa folle, difficile da sostenere per chiunque. Interviene Gianni Sassi: l’idea è quella di organizzare un mega concerto a sostegno della famiglia Stratos. A tempo di record si fissano il luogo, l’Arena Civica di Milano, e il giorno dell’evento: il 14 giugno 1979. E anche il cast. Parecchio eterogeneo, che poco ha a che vedere con il percorso musicale di Stratos, ma è un particolare di poco conto. “Sì, ci sono tutti. Gente che c’entra e gente che non c’entra un cazzo”, sarà il sarcastico commento di Patrizio Fariselli (cit. in “Demetrio Stratos, gioia e rivoluzione di una voce”, Aereostella, 2009). Tanti i cantautori, molti dei quali all’apice del successo, come Eugenio Finardi, Antonello Venditti, Roberto Vecchioni, Francesco Guccini, Angelo Branduardi, qualche esponente del prog che fu, a partire dalla Premiata Forneria Marconi, poi il Banco del Mutuo Soccorso, i New Trolls. Aderiscono Roberto Ciotti, i Carnasciala, gli Skiantos, Venegoni & co, i Kaos Rock, a rappresentare l’avanguardia ecco Giancarlo Cardini, Adriano Bassi, Italo Lo Vetere, Giorgio Gaslini. E tantissimi altri. Ovviamente, non potevano mancare gli Area. Tutti si esibiranno a titolo gratuito per quello che sarà il primo raduno giovanile consentito dalla questura di Milano dopo tre anni di divieti, la ferita del disastroso Festival di Re Nudo è ancora fresca ma il gran capo della Cramps riesce a giocare le sue carte. Persino quando prova a convincere la pachidermica Rai a riprendere le immagini dell’evento.


Il cavallo di Troia di Sassi è Renato Marengo, giornalista musicale di lungo corso, entrato in viale Mazzini come collaboratore. Marengo comincia a lavorarsi il capo struttura responsabile di cultura e spettacoli di RaiDue: la risposta arriva in un attimo, e non è quella giusta: “Scusa, senza offesa, ma Demetrio Stratos, a parte gli addetti ai lavori, in tv chi lo conosce?” (cit. in “Concerto 1979”, Raitrade, 2009). Marengo ci riprova mostrando al capo struttura una mazzetta di giornali nei quali si parla del concerto come di un evento unico e irripetibile. Fatica sprecata. “Probabilmente – ricorda Marengo – (…) quei tentennamenti, quelle reticenze nascondevano anche il timore di dare spazio in Rai a un mondo giovanile che in quel periodo veniva collegato, a ragione o a torto, agli ambienti extraparlamentari (…). E poi gli Area erano quelli di settembre nero… la questione palestinese… tutto questo faceva passare in second’ordine la questione umanitaria e la straordinarietà di un cast mai visto in un solo programma” (da “Concerto 1979”). È Giancarlo Governi, un dirigente illuminato, appassionato di musica e sempre attento alle evoluzioni della cultura giovanile, a sbloccare la situazione e a consentire le riprese del concerto, che verranno trasmesse sul secondo canale in due distinte domeniche pomeriggio. Da mamma Rai arriva un contributo di quattro milioni di lire, una miseria, che l’organizzazione accetta dopo aver ventilato l’ipotesi di uno sdegnoso rifiuto.

13 giugno 1979, la notizia si diffonde in un attimo: Demetrio Stratos è morto nel suo letto di degenza del Memorial Hospital all’età di 34 anni per arresto cardiaco, il giorno prima del concerto organizzato da Sassi. Che si tiene comunque, in un’atmosfera surreale, che trasforma una serata di solidarietà in una commemorazione, in un omaggio a uno dei più autorevoli (e amati) protagonisti di una stagione, quella degli anni ’70, dannatamente fertile. Il conduttore radiofonico (e molto altro) Massimo Villa, chiamato a presentare l’evento, chiede al pubblico presente di farsi sentire sin da subito: “Non voglio essere retorico. Ma per favore, alzatevi in piedi e fate l’unica cosa che potete fare: l’applauso più forte alla memoria di Demetrio” (da “Demetrio Stratos, gioia e rivoluzione di una voce”). Il concerto parte così, con una lunghissima ovazione, piena di sincera emozione.
All’Arena Civica sono in 60.000, forse qualche migliaio in più, pronti a una maratona di cinque ore di musica. Una festa mesta che fila via tranquilla, senza incidenti, tra continui avvicendamenti sul palco, funestata da un’amplificazione non proprio all’altezza della situazione. I musicisti, però, pensano ad altro: quando arriva il turno del Banco del Mutuo Soccorso, Francesco Di Giacomo, impressionato dal pienone dell’Arena Civica, afferra il microfono e fa outing: “Questa grandissima presenza spiega e si spiega da sola”. In quelle cinque ore o poco più succede di tutto. Gli Skiantos arrivano in formazione ridotta (con Freak Antoni, Jimmy Bellafronte e Stefano Sbarbo Kavedoni), limitandosi a recitare poesie no-sense, tra lo stupore dei presenti.

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Succede anche che un ragazzo napoletano, tale Pino Daniele, chieda a Fabio Treves, tra un vaffa e un altro, di poter salire sul palco: preghiera non esaudita. Vogliamo parlare di Giancarlo Cardini? Un avanguardista fuor d’acqua, travolto da una selva di fischi. Paradossalmente, la sua ironica performance avrebbe dovuto essere fatta propria da Stratos in uno dei suoi prossimi dischi.

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E poi gli Area, che aprono e chiudono la serata. La aprono senza Paolo Tofani, autoesiliatosi, in preda a un’infinita tristezza, in un furgone adibito a sala di registrazione, la chiudono con il loro chitarrista a suonare “L’internazionale”. Con il senno di poi, sembra la fotografia della fine di un’epoca.

A quarant’anni di distanza, non si può non riconoscere l’impatto di di quella serata. Che in un certo qual modo ha anticipato il concertone del primo maggio di piazza San Giovanni, al netto delle inevitabili differenze, specie per quel che riguarda le finalità, e tutti i grandi raduni che da lì a poco si sarebbero succeduti. E poi fu da quel giorno che pubblico e musicisti si riconciliarono una volta per tutte. Le esibizione live, in quei caldi anni ’70, venivano spesso funestate da incidenti, violenze da parte di autoriduttori e schegge impazzite della sinistra extraparlamentare. I promoter non ne potevano più e le star straniere evitavano il Belpaese come la peste. Il concerto del 14 giugno dimostrò che si poteva ancora organizzare eventi di massa: due giorni dopo l’esperienza dell’Arena Civica, sarebbe partito, dallo stadio di Savona, il tour “Banana Republic” di Lucio Dalla e Francesco De Gregori: il carrozzone della musica live stava tornando verso la normalità. Ma avremmo preferito qualche incertezza in più pur di non rinunciare alla voce di Demetrio Stratos, per vedere dove sarebbe arrivato, per poterlo applaudire ancora un po’. “Non siamo qui per sciacquarci i coglioni, ma per fare dell’ottima musica”. Ecco, questo era Demetrio Stratos.

 

 

 

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