Eugenia Post Meridiem: un debutto fuori dal tempo

Musica e etica fuori dal tempo per questa giovane band al debutto. Li abbiamo intervistati per capire meglio la loro attitudine

foto © Francesca Sara Cauli / MI AMI festival
foto © Francesca Sara Cauli / MI AMI festival

È uscito "In Her Bones", il primo album di Eugenia Post Meridiem: 9 canzoni senza tempo, che potrebbero esser state composte alla fine degli anni '60 ma anche ieri. Eugenia ha una di quelle voci riconoscibli al primo ascolto, lei a la sua band (Matteo, Giovanni e l'altro Matteo) sono giovanissimi ma hanno le idee chiare e dal disco traspare la voglia di comporre e di suonare in un certo modo, senza concedere niente alle mode del momento. Psichedelia, folk, un tocco di prog, qualche influenza più dura dei '90s, qualche tocco di trip hop, tutto mischiato nel calderone magico da cui escono le canzoni di EPM.

D'estate hanno suonato al MI AMI Festival, all'Home Festival e insieme ad Anna Calvi a UnAltro Festival, da completi esordienti, guadagnandosi l'attenzione del pubblico. Li abbiamo intervistati per conoscere meglio qualche curiosità sull'album, ma anche per capire come vivono la fine degli anni '10 dei ragazzi fuori dal tempo come loro.

 

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Raccontatemi un po' di curiosità del vostro primo album

Eugenia: sono andata a vivere per un po' a Lisbona e una volta tornata, ho iniziato a scrivere i pezzi con l'ultimo membro aggiunto alla band, Matteo. Le canzoni sono nate in divenire, alcune prima del viaggio, altre dopo, l'ultima addirittura l'abbiamo arrangiata in studio mentre registravamo. È stato un lavoro in itinere.

Lisbona come città totem ma dentro c'è l'ombra della Summer of Love americana di fine '60s, dei Jefferson Airplane...

In realtà questo è un equivoco che hanno fatto in molti, ma noi non siamo esattamente fan dei JA. Io (Eugenia) non li ho mai ascoltati, pur conoscendoli. Ho scoperto a posteriori che il vibrato della mia voce ricorda un po' quello di Grace Slick, ma è stata una cosa del tutto casuale e vorrei poterlo addomesticare di più, perché non è una cosa comoda, può portarti fuori e a volte è incontrollabile. Da un altro punto di vista sono felice di averlo perché rende la mia voce personale, ma non è in alcun modo un omaggio ai JA. 

Foto © Sara Cauli al MI AMI Festival

Allora parliamo della realtà: cosa influenza di più il vostro suono?

Onestamente veniamo tutti da ascolti musicali diversi, la cosa bella è stata scoprire cose nuove insieme, grazie al nostro produttore berlinese che ci ha fatto trovare un indirizzo nostro. Per fare dei nomi, da cose nuove tipo Connan Mockasin ai Massive Attack, il grunge anni '90, passando per la psichedelia degli anni '60, ma lì ai JA preferiamo i 13th Floor Elevator, i Sonics o i Seeds. Ultimamente siamo sotto anche alla musica nera, al nu soul e non escludiamo che in futuro la musica venga influenzata di più da questo stile.

In Italia, cantando in inglese, i testi li devi un po' spiegare e mi sembra di capire che non siano esattamente influenzati dalla contestazione del '68...

(Eugenia) Dei testi me ne occupo io e di solito scrivo prima delle poesie in italiano, che saranno poi il punto di partenza per i testi delle canzoni che scrivo in inglese. Già il nome del progetto, Eugenia Post Meridiem, si riferisce a un viaggione che mi ero fatta sul meriggio come momento della giornata particolarmente evocativo perché assolutamente contraddittorio: la sensazione di eternità, di sospensione; esempio classico: la città in agosto che a mezzogiorno non esiste e, in contrapposizione, la morte che quest'ora estiva porta con sé; la luce troppo intensa che non ti fa vedere, il caldo opprimente che non ti fa respirare. Nei miei testi esprimo sensazioni legate a esperienze reali, senza però andare troppo nello specifico. All'occorrenza scrivo anche canzoni felici però.

 

Questa estate avete suonato in un po' di festival importanti. Com'è stata questa esperienza di assoluti esordienti in contesti del genere?

Il MI AMI é stato il nostro debutto in un grande festival ed è stata un'esperienza emozionante a tutti i livelli, dalle persone venute lì per ascoltarci alle band che suonano in giro, ma anche a livello tecnico. Nei festival è tutto organizzatissimo e devi farti trovare preparato. Da quel punto di vista, abbiamo imparato a gestire i tempi morti che non ci sono nei concerti in privincia, ma anche la stanchezza della trasferta. È molto motivante il fatto che nei festival, la gente che hai di fronte sia venuta a sentire la musica, non come capita nel locale di provincia in cui spesso sei parte dell'arredo. Abbiamo anche notato che da quando abbiamo iniziato questo mini tour pre-album, ogni data abbiamo tentato di fare qualcosa in più per migliorarci. Noi veniamo da Genova e in città non c'è tanta scena. Uscire dalla provincia per conoscere persone curiose nuova musica (come noi) è stato molto bello. In più, facendo i festival capiamo volta per volta cosa deve significare fare il musicista di professione: il rigore che c'è dietro, il fatto che stai sul palco per quel tempo limitato e devi dare tutto, il prenderti cura dei tuoi strumenti e del tempo tra il soundcheck e il concerto, tutte cose a cui non eravamo molto abituati e che ci stanno facendo crescere.

Vado con la domanda da 1 milione di $: viene il fantomatico produttore e vi dice: ci sono i soldi, c'è il contratto ma dovete cantare in italiano. Che fate?

(Eugenia) In realtà una proposta del genere c'è stata fatta più volte per entrare in un famoso talent e dopo il nostro no c'è stata anche una reazione tipo: "Vedrete che ci risentiremo, tornerete a scrivermi, ancora non lo capite ma lo capirete". Chi sei per dirmi una cosa del genere? Se devo accettare consigli per fare soldi, allora faccio ingegneria gestionale e divento manager, che magari è un lavoro che non mi piace ma fa fare soldi sicuri. Sporcare la musica per arricchirsi no, facciamo musica perché ci piace e se un giorno ci sentiremo di cantare in italiano lo faremo, ma deve dipendere solo da noi.

(Band) Siamo fan della gavetta, ci piace imparare da ogni canzone, registrazione o concerto e non crediamo nel successo facile. L'importante è essere musicisti veri, avere l'abilità. Quando diventi famoso devi anche dimostrare di saper suonare. Questa è l'idea che abbiamo noi di musica, che non è quella di cantare in playback mentre qualcuno ti fa una base sotto. Semmai arrivassimo alla fama, ci vogliamo arrivare con un lavoro nostro e di qualità. In ogni caso, noi siamo stati fin troppo fortunati: abbiamo mandato in giro i master dell'album e abbiamo trovato booking e etichetta senza avere alcun contatto.

Foto © Chiara Glionna

Voi siete molto giovani nonostante questa etica old school. Che ne pensate degli ascolti dei vostri coetanei, in particolare il nuovo pop e la trap?

Magari ci piace un Kendrick Lamar che di trap ha solo la base e non il concetto che c'è dietro quella italiana, quello della gara, in cui vince chi l'ha più lungo o chi fuma più canne o ha i denti più d'oro. Che si chiami trap o in un altro modo non ci piace. Finché hai una canzone con un testo di merda ma con una musica della madonna, allora ci stiamo, altrimenti non ci comunica niente. La trap non sembra un genere come lo era l'hip hop, legato all'emarginazione e alla condizione di disagio, piuttosto il disagio sembra una posa mentre in realtà i trapper sono hipster, pettinati, estremamente curati, non veri tamarri di periferia. In Italia c'è un po' la moda del disagio, del non avere futuro, ma questo va oltre la trap. Fai un testo che si chiama "Ghiacciolo" che dice "Il ghiacciolo si scioglie come il mio futuro" e hai fatto un pezzo del pop italiano che ha un po' rotto il cazzo, così come la necessità di dare valore al trash. 

Parole dure, con un bel fondo di verità. Oggi però, sottotraccia, sta rinascendo l'indipendente vero e percorsi come quelli di Jennifer Gentle o Julie's Haircut, che per 20 anni se ne sono fottuti del successo e sono sempre stati fuori moda andando per la loro strada, ma essendoci sempre, sono l'augurio che facciamo a una band come gli Eugenia PM, che debutta oggi con un'attitudine del genere. 

 

Ecco le date della prima parte del tour:

12.10 - Pergine Valsugana (TN) - Foyer del Teatro
25.10 - Putignano (BA) - Coopera
27.10 - Carpi (MO) - Mattatoio
28.10 - Cremona - Osteria del Fico
22.11 - Milano - Linecheck Music Festival
21.12 - Ravenna - Bronson
27.12 - Milano - Circolo Ohibò
29.12 - Pordenone - Capitol @ Pop Festival
16.01 - Groningen (Netherland) - Eurosonic Festival

 

 

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L'articolo Eugenia Post Meridiem: un debutto fuori dal tempo di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-10-11 09:56:00

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