Che senso hanno oggi i featuring nel rap

Da Marracash a Salmo, oggi l'uso delle collaborazioni serve prima di tutto a moltiplicare i pubblici. Ma non tutto è perduto: la "posse cut" lotta assieme a noi

- Sfera a colloquio con Marracash, al MI AMI 2019 - Foto Starfooker

In questi giorni avete commentato in tantissimi le scelte dei featuring di questo disco. Capisco che avreste voluto vedere nel disco il vostro rapper preferito, il vostro mito, vostro fratello e vostro cugino, ma i featuring non sono attestati di stima. Non chiamo nel mio disco gli artisti che ammiro (non solo, e non tutti, almeno), ma quelli che possono aggiungere qualcosa alla traccia in cui sono ospiti, o che hanno talenti che io non ho.

Così parlava Marracash, dopo la rassegna di foto che su Instagram aveva svelato gli ospiti presenti sul suo attesissimo nuovo disco. Ovviamente le aspettative dei fan erano altissime ed è sempre difficile far contenti tutti (soprattutto prima di aver ascoltato il disco). Quello che è interessante notare, però, era il suo desiderio di svelare i criteri che hanno guidato la direzione artistica di Persona. E ancora più interessante, ad ascolto non ancora effettuato, era cercare di capire come Coez, Mahmood o Madame potessero donare un particolare taglio ai brani, che il rapper della Barona da solo non avrebbe potuto ottenere. Perfetto. Pare però che questa verità autoevidente ai fan non basti.

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Da quando il mercato discografico è cambiato non è raro vedere cantanti e produttori collaborare in modo sempre più frequente. Il motivo, a essere maliziosi, non è solo la stima reciproca: artisti diversi hanno pubblici diversi, pubblici lontani tra loro fanno sì che la stessa canzone si trovi in molte più Discover Weekly. E, si sa, molti streaming, molto onore. Fino a qualche anno fa pochi avrebbero immaginato un featuring di Sfera Ebbasta e Salmo - eppure eccoci qui.

Lo stesso Marracash su Sfera Ebbasta, centro di gravità di ogni disco di rap italiano uscito negli ultimi anni, afferma: All’inizio non volevo chiamarlo in questo disco, perché era nei dischi di tutti e a me piace essere originale. Ma poi ho pensato che aveva iniziato proprio con me e che gli volevo bene, sarebbe stato assurdo non chiamarlo solo per partito preso. Quando gli ho proposto il pezzo mi ha risposto che era onorato, e questo per quanto mi riguarda la dice lunga su chi sia Gionata.

Noi, che maliziosi non siamo, ricordiamo anche di tempi in cui tanti artisti collaboravano tra loro in modo spontaneo, e non perché ci si guadagnasse qualcosa. Tipo quella volta che Ghemon ha rappato sul beat di Puro Bogotà, il brano più celebre dei Club Dogo, in un tape hostato da Fabri Fibra. Tre realtà che quasi 10 anni fa erano ben più che distanti: a unirli c’era soltanto una visione d’insieme e la consapevolezza di far parte dello stesso movimento.

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A pensarci bene i featuring nel rap ci sono sempre stati: è un genere in cui la competizione e la stima artistica si mescolano e in cui collaborare è qualcosa di molto naturale. Ciò che è cambiato è semmai che prima tutto ciò avveniva molto spesso su dei mixtape – disponibili in download gratuito o in vendita in copie fisiche limitate. Supporti in cui era possibile godersi tante strofe di sapido rap con beat editi. La scomparsa del download e la posizione in cima alle classifiche, il ritrovato interesse del grande pubblico e quindi del mondo discografico hanno fatto il resto. 

Non è neanche vero che la posse cut (brani con più di quattro rapper) sia una dimensione esclusiva delle release non ufficiali. A Neffa, al suo primo disco solista ufficiale, venne spontaneo chiamare gli amici sul disco e farli partecipi di quello che gli stava succedendo.

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Così anche ai tempi del primo Machete Mixtape (quello sì, disponibile soltanto in freedownload) furono chiamati a raccolta una serie di rapper vicini al collettivo, per una delle tracce più iconiche del rap italiano: King's Supreme. Recentemente, infine, Night Skinny ha preso a realizzare una serie di posse cut per ognuno dei suoi prodotti, vere e proprie fotografie della scena. Dopo le due Indian Tweet Posse, ecco l’ultima. Un bel "mattone", a ricordarci ancora che "SI PUÒ FARE".

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L'articolo Che senso hanno oggi i featuring nel rap di Raffaele Lauretti è apparso su Rockit.it il 2019-11-04 15:00:00

Tag: opinione

COMMENTI (3)

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  • panwooders 5 anni fa Rispondi

    Perché fisso un Caravaggio che prendo
    E un altro che spendo
    Fai largo ai messaggeri perché sono in crescendo
    YO

  • muzick 5 anni fa Rispondi

    @muzick Ho dimenticato di scrivere che, oltretutto, Lisa ora è più attiva che mai: non solo nel 2018 ha vinto Ora o Mai Più su RAI1, ma al momento sta lavorando al nuovo album...

  • muzick 5 anni fa Rispondi

    Ascolto musica hip hop da quando non ero ancora nato e i featuring li ho sempre adorati. Per me sono quell'anello di congiunzione e continuità tra stili, generazioni e anche generi. Se i nostri rapper, soprattutto quelli più giovani, sapessero quante possibilità (per i featuring) potrebbero avere solo qui da noi.... prendiamo ad esempio una voce pazzesca come quella di Lisa Panetta (ricordate ad esempio la sua magistrale interpretazione da brivido di "Oceano" nel 2003 a Sanremo? Oltretutto ora dà pure lezioni di canto online bit.ly/lezionidicanto )... beh, immaginate cosa ne verrebbe fuori da un featuring con Marra o Sfera, Fibra o Gue... al solo pensiero mi vengono i brividi!