I Costiera e la fuga impossibile dalla provincia

Cava de' Tirreni è "il buco del culo del mondo" e la musica fatica a trovare spazio. Ma è pur sempre casa, e anche da qui si può partire per un giro in Serie A

Foto di gruppo per i Costiera
Foto di gruppo per i Costiera
27/03/2020 - 10:29 Scritto da Costiera Costiera 0

Il modo più corretto di presentarci è dire che siamo Francesco, Rocco e Alfonso, tre amici dall’età di 5 anni, e abbiamo iniziato a fare musica insieme perché ci annoiavamo. Ora abbiamo quasi 30 anni, ci chiamiamo Costiera e viviamo ancora nel nostro paese, frequentiamo gli stessi amici di sempre, abbiamo le stesse abitudini di sempre e insieme abbiamo condiviso all’incirca qualsiasi cosa sia accaduta nella vita di ognuno di noi.  

video frame placeholder

Ci è sempre piaciuta la musica, anche se quasi mai la stessa, ne abbiamo sempre ascoltata parecchia e ce la "passavamo" quando ancora c’erano i cd. Questo ci ha influenzato a vicenda: in una di queste sessioni di ascolto pomeridiano all’inizio delle superiori, quasi per scherzo e soprattutto per noia, abbiamo deciso di formare una band. Non sapevamo fare nulla. Francesco non aveva mai cantato, Alfonso non aveva mai neanche visto una batteria e Rocco manteneva a stento la chitarra dal verso giusto.

È stato un percorso al contrario il nostro: abbiamo prima sentito l’esigenza di creare qualcosa che ci facesse evadere dalla monotonia di una città in cui l’evento mondano dell’anno era la festa di capodanno (a cui comunque non andavamo), poi abbiamo iniziato una ricerca personale, ognuno col proprio strumento. La prima prova in assoluto è stata fatta il giorno in cui Alfonso ha comprato la batteria, pur non sapendola montare: i tom erano messi al contrario e il timpano era inclinato dal lato sbagliato. Le premesse erano delle peggiori.

Noi veniamo da Cava de’ Tirreni, una cittadina a pochi chilometri da Salerno e dalla costiera amalfitana. È la piccola Svizzera campana, super ordinata, super pulita, super funzionale, super borghese e super noiosa.

Il corso esplode di pub, ristoranti, vinerie, negozi d’abbigliamento con le ultime griffe del momento, ma non c’è un posto dove poter ascoltare musica dal vivo, dove fare aggregazione socio-culturale, dove interfacciarsi con qualcosa che sfugga all’ordinarietà della vita di paese. Si esce, si fa un giro per il centro, ci si ferma sulle scale del Duomo, si mangia qualcosa, si prende una birra e poi si finisce sempre per andare a casa dello stesso amico da circa vent’anni a bersi una cosa e giocare alla play. Continuiamo a "vederci" in camera di Francesco, che è diventata il suo studio, per lavorare ai pezzi e registrare qualcosa. Gli outfit che indossiamo per foto, video e promo in genere li compriamo spesso al mercato del paese, dove stimolare la fantasia per trovare qualcosa di adatto si può considerare un esercizio per tenere allenata la mente.

Il nostro è un territorio del tutto ostile alla musica, non è mai esistita una vera e propria scena, non solo salernitana ma probabilmente neanche campana. A Napoli il fermento è sempre stato maggiore e nel passato faceva da baricentro per le assi della musica nazionale, ma negli ultimi decenni si è molto circoscritto alla città, massimo alla regione. È difficile che qualcosa arrivi fuori, così come è difficile che qualcosa arrivi dentro, come se il capoluogo avesse subito un percorso inverso, da centrico a periferico (se parliamo dell incisività sul mercato nazionale). Non ci sono live club che facciano una programmazione regolare, a Salerno l’ultimo locale di musica dal vivo, l’Iroko, ha chiuso una decina d’anni fa. Mancano gli spazi, mancano i festival, manca il pubblico interessato ai concerti, mancano le etichette discografiche, mancano i professionisti, manca la volontà sociale e politica di sviluppare qualcosa sul territorio. Quelli che ci provano il più delle volte non riescono come vorrebbero, non per incapacità, ma per mancanza di terreno fertile.

Nonostante questo, ci sono tanti artisti della zona che ci piacciono e stimiamo, ma non essendoci i punti di aggregazione e di ritrovo ogni contatto è sempre legato al rapporto personale e finisce per essere quasi sempre occasionale. Non c’è un posto di riferimento per noi musicisti, neanche una zona in cui sai che in un modo o nell’altro becchi qualcuno, accade qualcosa. Il "faccio cose, vedo gente" da noi pare ancora non essere arrivato.

Musicalmente si può dire che viviamo nella periferia più profonda. La maggior parte di quelli che hanno raggiunto un discreto successo si è sposata o ha trovato il modo di coltivare un certo tipo di rapporti anche rimanendo qui, con enorme fatica. Il vivere in questo contesto è una cosa che ci influenza molto. Riuscire a trovare degli stimoli, quando le opportunità di confronto sono pressoché inesistenti, è difficile, ma allo stesso tempo l’umore che ti restituisce ti fa essere super prolifico in certi momenti. Mai Stati in Serie A è il manifesto della nostra vita di provincia: è stata scritta con l’intento di descrivere il nostro rapporto d’amore e d’odio con il luogo in cui viviamo, un posto bellissimo dove si vive bene ma dove non accade mai nulla. Il posto perfetto dove invecchiare, un posto di merda dove essere giovani.

video frame placeholder

Il non vivere al centro del mondo ci ha probabilmente reso più robusti, abbiamo dovuto lavorare con più fatica, impegnarci al massimo. Prima dei Costiera siamo stati i Terzo Piano: il nome lo abbiamo preso dalla mansarda di casa di Alfonso, dove tutt’ora ci incontriamo per provare. Quando abbiamo iniziato a pubblicare le prime cose facevamo tutto da soli: booking, discografica e ufficio stampa, sapevamo di dover andare in giro, farci ascoltare. 

Da soli abbiamo messo su un primo tour di 90 date in quasi ogni regione della penisola. Abbiamo suonato ovunque, da live club a bar che non assomigliano minimamente a dei locali fatti per suonare; abbiamo dormito dove capitava, in hotel, nel furgone, una volta addirittura siamo finiti a dormire in una camera di un bordello di transessuali. Se non avessimo avuto questo approccio così affamato verso le cose e così intraprendente forse non saremo entrati in contatto con le realtà che oggi ci rappresentano, come Futura Dischi, Peermusic, Foresta, Radar concerti e infine Sony. E la fame te la fa venire anche il posto in cui vivi.

Dopo il debutto come Terzo Piano, sotto il nome Costiera abbiamo pubblicato un primo disco nel 2018, abbiamo suonato in giro, bazzicato in qualche playlist, insomma, abbiamo fatto un po' di cose. Siamo ancora a 2 nella scala verso il successo e forse non supereremo mai il 5, ma considerata la mancanza di opportunità spontanee da cui siamo partiti, possiamo anche ritenerci orgogliosi. Alcune volte rimanere positivi è complicato: questa sensazione l’abbiamo raccontata nel nostro ultimo singolo Cane Nero, che parla di come una persona si senta fuori luogo, spaesata e disorientata. In questa narrazione ci sono tante delle vibes derivanti dal vivere in posti come questo. 

video frame placeholder

Cava de' Tirreni non è il posto giusto in cui vivere se vuoi fare musica, è più il posto in cui tornare quando hai fatto successo e cerchi una vita tranquilla. È anche vero che vivere in provincia ti rende in un certo senso migliore, senza voler macchiarsi di spocchia, perché ti obbliga a impegnarti di più, a ricercare maggiormente degli stimoli e a migliorarti. Ti insegna ad avere contatti con qualsiasi tipo di persona perché, alla fine, le frequentazioni il più delle volte nascono un po’ per costrizione, al di là dei punti in comune che uno può avere, e questo dopo un po’ finisci per apprezzarlo.  

Sì, veniamo dal buco del culo del mondo. E ne siamo molto orgogliosi.

---
L'articolo I Costiera e la fuga impossibile dalla provincia di Costiera è apparso su Rockit.it il 2020-03-27 10:29:00

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia