Swed, quando l'hip hop old school incontra il jazz

Romano, classe '90, ha composto "Border Wall", un disco coraggioso che indica che una nuova strada è possibile per il rap nostrano. Che dovrebbe guardare alle sue radici black, più che reiterare i suoni "della disco"

Swed, foto di Paolo Cenciarelli
Swed, foto di Paolo Cenciarelli

Scrivere qualcosa che possa collocarsi a metà strada tra l'hip-hop e il jazz è senz'altro un lavoro rischioso. Farlo a soli 30 anni potrebbe sembrare un suicidio, ma SWED, artista laziale classe 1990 dal curriculum particolarmente eclettico, sa il fatto suo e ha affrontato l'ambizioso progetto di "fusione musicale" che sta dietro al suo disco d'esorio Border Wall “senza problemi di genere musicale: il jazz e l'hip-hop hanno in comune l'origine, la musica black, sono scuole di pensiero diverse ma con delle assonanze in comune”.

Border Wall (qui la nostra recensione) contiene sia brani che passano attraverso un sound più soul/new jazz, sia tracce che, seppur “contaminate” dal jazz, possono essere tranquillamente definite hip-hop. Un hip-hop di ispirazione “vecchia scuola”, anni '90. Ed è proprio in questo scenario che nasce una tra le collaborazioni più riuscite del disco: quella con Danno dei Colle der Fomento (se vuoi leggere la nostra intervista), che in fatto di hip-hop old school in Italia rappresenta l'autorità. I due hanno già lavorato insieme nel 2017, in occasione di un feat. con William Pascal e ora, per Border Wall, incidono Gang Lords.

La collaborazione tra i due nasce da “una stima reciproca a livello artistico, sfociata poi in amicizia, che ha portato alla condivisione di idee da realizzare insieme, come per esempio questo feat, pensato con ambientazione anni ‘30, il periodo del proibizionismo americano, sotto forma di partita a poker (il soggetto del video, ndr) contro i Gang Lords dell’industria musicale, e non solo”. E quando Danno nella sua strofa omaggia “il palco dell'Apollo, (...) Tullio e Tony”, il riferimento è al jazz e alla black music – hip-hop compreso – suonati all'Apollo Theater, nell'Harlem di New York da Tullio de Piscopo e Tony Esposito

Scrivere un disco come questo rappresenta, a tutti gli effetti, una presa di posizione rispetto alla direzione che l'hip-hop ha preso e in Italia. Di cui SWED non è entusiasta: “Le major, oggi come ieri, per poter vendere i loro prodotti hanno dovuto accostare l’hip-hop ad altri generi più vendibili, e il risultato è la trap. Dal mio punto di vista per pubblico, suoni e luoghi è un genere molto più vicino alla house music che non all’hip-hop: grazie all’autotune ci sono più vocalist tipo discoteca, che reali MC”.

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La storia di SWED, d'altra parte, racconta un percorso diverso. Nel suo passato musicale ci sono la musica classica, la bossa nova, il blues e tanto jazz. “Per me il jazz è stato fondamentale per iniziare a cantare, sicuramente mi ha segnato dal punto di vista artistico, come del resto altri generi come blues, tango, bossa nova finanche la musica cubana”. Poi c'è l'incontro che gli cambia la vita, quello con l'hip-hop, in particolare con l'old school americana.

Da lì a poco, tra un palco e l'altro, conosce MC Penny che, affascinato dalle sua voce e dalle sue abilità con il microfono, lo accoglie nella Do Your Thang, un'etichetta discografica romana, un collettivo, nel quale collabora fin dal 2014 con rapper e producer della scena capitolina come Rubber Soul e William Pascal. Il lavoro collettivo dietro a Border Wall di SWED si vede tutto: di dischi così coraggiosi, di questi tempi, se ne trovano sempre di meno.

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L'articolo Swed, quando l'hip hop old school incontra il jazz di Marco E. Airoldi è apparso su Rockit.it il 2020-04-09 19:17:00

Tag: album

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