Kumomi, la musica ha bisogno di outsider

Omake, Vespro e Canntona sono un "collettivo" (e non una "gang"). Con la loro nuova etichetta e un mixtape fresco di lockdown, provano a riscrivere le regole del rap tornando alle radici e alla sperimentazione

Omake, Vespro e Canntona: Kumomi nasce da loro
Omake, Vespro e Canntona: Kumomi nasce da loro

Francesco è un ragazzo pisano, trasferitosi a Milano da almeno un decennio per lavorare nel settore musicale, appassionato di hip-hop americano e manga. Nel 2014 decide di dar sfogo alla sua anima più creativa debuttando con il moniker di OMAKE. Lavorando per diverse realtà musicali (da Musicraiser alla Milano Music Week) ha potuto apprendere le dinamiche del settore e, qualche mese fa, ha trovato il coraggio necessario per compiere il grande passo (o forse la follia): fondare una propria etichetta indipendente.

Con lui ci sono due amici, super appassionati di musica a loro volta, il concittadino acquisito Vespro e al rapper torinese Canntona. La loro creatura si chiama Kumomi. Non è nata nel miglior momento possibile: è stata lanciata a una settimana dal lockdown con il singolo Vene, nato dalla collaborazione tra Canntona e Vespro, e poco dopo è arrivato il primo album, o meglio mixtape, , composto interamente a distanza.

Una scelta intraprendente per quella che non vuole essere una label come le altre, ma un vero e proprio “atelier” per gli artisti. Un collettivo. Il debutto si chiama DEMOTAPE [intermezzo] e porta le firme dei tre, ce lo siamo fatti raccontare.

OMAKE: È inutile dire che nessuno di noi si immagina questa situazione. Erano ormai mesi che lavoravamo assieme agli artisti per avere una primavera/estate piena di release, di concerti ed eventi di presentazione dove raccontare la realtà che avevo in mente. Canntona in Tosse (Musica Discreta), la traccia di apertura del nostro tape dice “Io che ho sempre odiato telefonare, pensa a come è ironica la sorte”. Ed è perfetta per raccontare la struggle del primo mese di quarantena per noi: Kumomi voleva essere una label ovviamente presente online, ma che si concretizzasse all’esterno, dal vivo, fisicamente. Ad inizio anno insieme a Arianna e Daniele –che insieme a me curano la label – abbiamo iniziato a parlare del tipo di eventi che volevamo fare per presentarci, prima che di come impostare la nostra attività su Instagram o Spotify. Questa era la nostra mentalità.

Poi è arrivato il delirio...

Dopo le prime settimane di sbandamento, dove ci siamo ritrovati, come tutti, a dover vivere solo attraverso i computer, abbiamo cercato il modo di mantenere comunque questa attitudine. Personalmente, l’essere cresciuto musicalmente nella scena punk-hardcore mi ha aiutato a tirare fuori tutta l’attitudine DIY che avevo. Da lì è nata l’idea di lavorare a un po’ di demo che io, Canntona e Vespro avevamo nel cassetto, oppure che erano usciti solo sui social, e racchiudere tutto in un disco, DEMOTAPE [intermezzo]. Ed un po’ come si faceva una volta, per presentarsi, abbiamo stampato delle cassette e le abbiamo inviate a un po’ di persone in giro per l’Italia. Mettersi personalmente a imbustare le cassette, scrivere a mano gli indirizzi: in questo momento dove la vita sembra iniziare e finire su Instagram, è stato uno dei momenti più belli del 2020 per me.

Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a fondare un’etichetta?

OMAKE: Ho sempre avuto in me sia una vena più artistica, di chi voleva fare musica, e una più da “addetto ai lavori”. Ho voluto unire queste due mie anime in una solo realtà, dove fossi discografico e produttore artistico allo stesso tempo. Quindi sì, in parte è un po’ un egotrip, sarebbe stupido non ammetterlo. Il fatto che non mi sentivo identificato in niente di quello che vedevo in giro in Italia, volevo creare qualcosa che respirasse e facesse respirare un’aria diversa. E sto iniziando a vedere che di outsider come me ne iniziano a spuntarne un bel po’ in giro, stai sicuro che – complice anche gli effetti economici/social del covid – fra un po’ saremo un bel gruppo di persone a cercare di proporre qualcosa di diverso. In un modo diverso.

I Mixtape sono tornati prassi, almeno negli ultimi anni, nel rap. Perché avete scelto di debuttare così?

OMAKE: Necessità e virtù. Necessità perché, dopo il primo paio di settimane di sbandamento all’inizio della quarantena, mi sono detto che dovevamo fare qualcosa, non potevamo stare con le mani in mano per un periodo che neanche sapevamo quanto sarebbe durato. Mi ricorderò per sempre una mail di mio padre, arrivata proprio in quelle prime settimane di quarantena: “Ricordati che la Piaggio dopo la guerra ha iniziato a fare le prime Vespe con gli scarti dei veicoli militari”. E quindi ho preso le nostre virtù, cioè le nostre idee, e insieme a Vespro e Canntona abbiamo ripescato un po’ di demo e pezzi vari usciti magari solo sui social, li abbiamo messo insieme in due settimane, quello che ne è uscito: DEMOTAPE [intermezzo]. Un lavoro creato tutto a distanza, fra Milano, Pisa e Bologna.

VESPRO: Questa situazione di disagio ha lasciato tutti spaesati. Credo che in molti, proprio come me, artisti e non, l’abbiano percepita come una battuta d’arresto indesiderata e si siano sentiti un po’ bloccati quando ancora non si capiva cosa ci stesse accadendo. Questo periodo sarebbe dovuto essere pieno di musica per me, non avevo quindi alcuna voglia di lasciarmi fermare. E con me anche i miei compagni. Siamo riusciti a rielaborare le idee emettere insieme un intero progetto a distanza. È stata una figata pazzesca.

CANNTONA: Amo molto sperimentare: paradossalmente, in un periodo congelato come quest,o ho potuto esplorare tanti approcci e universi musicali. Quando OMAKE mi ha parlato dell’idea del tap,e ho pensato fosse il progetto ideale per mostrare alcune delle mie sfaccettature che finora avevo tenuto più nascoste, per farmi notare con la massima libertà espressiva

Va detto che in origine i mixtape avevano una natura ben diversa, venivano dall'underground. E voi avete stampato delle musicassette. Quindi potremmo dire due scelte d’altri tempi...

OMAKE: Sì, ultimamente si da il nome “mixtape” a cose che di fatto sono dei dischi. È sempre stato così, le parole assumono diversi significati a seconda del tempo in cui vivono. Credo basti pensare al termine indie. Personalmente, sono vecchio abbastanza da aver vissuto in pieno l’era in cui avevi la tua band locale, per proporti per suonare in giro e per farti conoscere andavi a registrare “le demo”. Che era una figata, registravi qualcosa un po’ così, ma mettendoci dentro due o tre cuori e poi ti sbattevi per far succedere qualcosa. Per questo il nostro tape non si chiama mixtape ma demotape, volevo proprio riportare quellasensazione lì. E da lì è nata anche l’idea di stampare le cassette, come si faceva una volta. Abbiamo iniziato a spedirle in giro per l’Italia a un po’ di persone per farci conoscere.

Come ha inciso la quarantena sui vostri piani?

OMAKE: La quarantena ha stravolto tutto. Pensa che avevamo annunciato la nascita della label una settimana prima che succedesse tutto questo casino. E avevamo già pianificato diverse release, ci stavamo muovendo proprio per organizzare gli eventi live di cui parli. Pazienza. Abbiamo deciso di non fermarci ma anzi, cercare di ricavare tutto quello che potevamo da questo periodaccio. E così è stato.Detto ciò ovviamente non vediamo l’ora di poter creare nuova musica e portarla sui palchi.

VESPRO: Avevamo dei bei progetti per questa primavera, ma non potendoci beccare tutti a Milano abbiamo dovuto accantonarli per un attimo. Appena sarà possibile spostarsi, riprenderemo a lavorare ancora più duramente in studio tutti insieme per completare il lavoro già iniziato mesi fa. DEMOTAPE [intermezzo] è solo l’inizio.

CANNTONA: È come avere un viaggio pianificato: orari, tappe; partire e poi nel mezzo dell’autostrada trovare un ingorgo letale, uno di quelli in cui esci dalla macchina in piena estate e ti metti a prendere il sole. A quel punto puoi decidere di attendere o prendere la prima svolta a destra, farti le strade di campagna, le panoramiche e cercare di arrivare comunque alla meta. Ho lasciato a metà qualche collaborazione e singoli forti già pronti, abbiamo dovuto “ricalcolare”. Arriverà il momento per farli uscire.

Un altro termine desueto, in questo periodo di crew e gang, è “collettivo”. Voi che senso date al termine?

OMAKE: Lo so che posso suonare nostalgico, però ammetto che mi fa un po’ ridere quando vedo dei liceali urlare “Gang! Gang!” in pezzi registrati in cameretta mentre di là c’è mamma o papà che cucina il ragù. Capisco la fotta adolescenziale, ma mi sa di imitazione di qualcos’altro. Se penso alle gang penso agli N.W.A., se penso alle crew io penso alla quinta essenza dell’hip hop, penso al Wu Tang. Mentre invece quando penso alla parola “collettivo” penso ai collettivi studenteschi degli anni 70, penso a La Tempesta dei primi anni, penso ai collettivi artistici. Un mondo che non necessariamente volesse imitare l’America ma che invece cercasse il suo di spazio.

VESPRO: Quando ho conosciuto OMAKE ho trovato da subito una grossa affinità con lui, ancora di più quando mi ha parlato del progetto Kumomi. Mi piacque molto la sua idea di non voler fondare una sterile etichetta discografica, ma di creare un collettivo, una sorta di atelier dell’arte a 360 gradi, un luogo in cui ci si confronta e si lavora insieme, stimolandosi e influenzandosi a vicenda.

CANNTONA: Diciamo che venendo dall’universo hip-hop, e avendo vissuto molte delle fasi recenti, ho usato in diversi contesti tutte e 3 i termini. Credo che a differenziarli sia l’intento. Kumomi è un collettivo perché alla base c’è un intento artistico, l’appartenenza dei membri (concetto cardine invece in realtà come crew egang) risiede proprio nel condividere quella stessa visione artistica. I ragazzi con cui vivo, condivido, sono la mia “gang”, la mia famiglia acquista. Kumomi è una sorta di famiglia musicale.

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Avete applicato una filosofia “indie” a un progetto rap?

OMAKE: Se per indie intendi i Fugazi ti concedo il termine! Ma sai cosa, ho l’impressione che in realtà la maggior parte dei progetti urban/hip hop, così come quelli che oggi chiamiamo indie, abbiano poco o nulla della filosofia che sta (stava?) dietro a quel mondo. E va anche bene così eh, non li critico. E non siamo certo qua a fare i puristi della situazione, figuriamoci. Stiamo semplicemente cercando di creare una realtà che duri nel tempo lavorando con artisti che la vedono come noi. Sarebbe bellissimo fare milioni di streaming da domattina, ma sarebbe inutile se dopo un anno fosse tutto finito.

Come nei tatuaggi, spesso le parole giapponesi nascondono un significato più profondo. Quali sono le ragioni dei vostri nomi?

OMAKE: Il mio nome lo porto dietro dal 2014, quando facevo musica piuttosto diversa in un mondo piuttosto diverso. Se la musica è la mia vita, gli anime e i manga sono la mia passione. Sia a livello emotivo che di intrattenimento, mi sento più spesso vicino a quella realtà che a quella strettamente occidentale. Quindi OMAKE perché gli OMAKE sono i bonus, gli extra, che trovi in un dvd o in un manga. E mi piaceval’idea di qualcosa che solo un appassionato si va a ricercare. Kumomi invece è la traslitterazione dei kanji “雲見”, ovvero “nuvole” e “vedere”. Una sorta di “guardare alle nuvole”.

VESPRO: Il mio non è un nome orientale, ma, come OMAKE, sono un appassionato di anime, soprattutto della sensibilità che il mondo giapponese ha verso concetti come la vita, l’amore e la morte. La parola Ikanaide è presa in prestito da “Il giardino delle parole” di Shinkai, più precisamente da Rain, il brano che sta in chiusura. Letteralmente vuol dire “ti prego, non andare via”, quel brano, in effetti, era legato a una promessa purtroppo infranta che ho cercato di raccontare con un pezzo semplice in piano e voce, ma davvero intensoe ricco di malinconia. Un altro brano, Origami, tocca delle corde decisamente diverse. Dopo aver passato la notte con la mia ex fidanzata, notai che le lenzuola creavano dei giochi geometrici molto simili agli origami. Questi ultimi per i giapponesi sono sì un gioco, ma portano con sé un significato importante legatoalla ciclicità della vita, un memento per dimostrare come la carta, una volta utilizzata, possa assumerenuova forma e quindi nuova vita. Allo stesso modo, dopo quella notte che sarebbe dovuta essere un addio, i due amanti avrebbero trovato nuova vita sotto una forma diversa. Sono parecchio influenzato dalla cultura nipponica.

Il tuo invece avrà sicuramente a che fare con il famoso calciatore...

CANNTONA: Sono sempre stato fan sfegatato di Eric Cantona, gli ultimi anni del liceo passavo pomeriggi interi a vedere video delle sue prodezze e delle sue pazzie, mi esaltava questo binomio. In breve finisco a scrivere un pezzo (che poi è il primo che ho pubblicato su YouTube) con mille riferimenti a quel calciatore francese pazzo. In quel momento avevo un altro nome (che, fortunatamente, solo i fratelli di una vita ricordano), ma dopo aver pubblicato il brano entro sempre più in quel trip: l’artista irrequieto, genio e sregolatezza, capace di vincere tutto e poi mollare all’apice. Mi ci rivedo, e da artista irrequieto e amante della Francia, raddoppio la “n” e adotto Canntona come moniker. Tra l’altro, coincidenza vuole che il mio cognome abbia la stessa radice, iniziando proprio per Cann-.

Raccontateci la vostra "formazione" musicale.

VESPRO: Quando da ragazzino sentì la necessità di iniziare a fare musica, cominciai con il rap. Ascoltavo moltissimo quello conscious, sia italiano che straniero, seguivo la scia di artisti come Kendrick Lamar, GhemonMecna e Joey Bada$$, ma in realtà ero cresciuto ascoltando un botto di R&B, da Michael Jackson a Usher. E infatti più andavo avanti e imparavo cose nuove, più avevo voglia di cantare il ritornello, poi l’inizio della strofa, poi tutta la prima strofa, fino a scrivere una canzone interamente cantata. Proprio in quel momento di transizione conobbi OMAKE, lui mi aiutò a trovare la strada giusta, riarrangiammo insieme 512 (il mio primo pezzo ufficiale) e capì che avevo troppa voglia di cantare per continuare a fare rap.

CANNTONA: Ho iniziato a fare musica a Torino (dove sono nato), ma solo negli ultimi 3 anni ho intrapreso un vero percorso artistico. Qui a Bologna, città in cui ora vivo, assieme al mio collettivo artistico (ALBTZ) abbiamo fatto uscire diversi singoli e un video-ep (Colonie) di cui vado estremamente fiero. Ho sempre avuto una visione dell’arte “collettivista”, amo circondarmi di persone talentuose e appassionate che mi possano influenzare con le loro visioni, sudare con loro, stravolgere i miei piani, creare piccole gemme dal nulla. Dopo Colonie ho sentito la necessità di provare un salto ambizioso, rendere questa passione un reale lavoro, Kumomi è stata la realtà che per prima ha voluto puntare sul mio talento, e che per intenti e prospettive ho sentito più vicina.

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Siete riusciti a lavorare a qualcosa in questo periodo assurdo? 

OMAKE: Oltre al tape dici? Certo che sì, soprattutto Canntona ha collaborato a un progetto importante riguardante la sua città, Bologna. Lascio il microfono immaginario a lui.

CANNTONA: Paradossalmente, per me, questo periodo è stato artisticamente frenetico. Con altri ragazzi di Bologna abbiamo creato a distanza il mixtape Bolosafari. 14 artisti dentro, tutti della scena bolognese, volevamo dare un segnale forte: Bolo non è solo il luogo in cui è nato l’hip-hop, la città pullula ancora ditalenti cristallini, uniti possiamo fare sentire la nostra voce nel panorama nazionale. In generale ho trovato la composizione a distanza un metodo molto pragmatico, istintivo: arrivavano i beat e io scrivevo digetto, o addirittura riesumavo vecchie barre e costruivo ad hoc un nuovo beat, che poi veniva rifinito dal producer. Poter fare tutto nella zona di comfort della mia camera mi ha reso molto produttivo.

VESPRO: Da quando vivo a Pisa è diventato frequente lavorare a distanza con OMAKE (Vene è nata proprio così), ma ovviamente la parte più importante la viviamo sempre assieme in studio, specie per la registrazione e il mix. Nelle settimane che hanno preceduto il lockdown invece avevamo lavorato alle demo dei pezzi che usciranno prossimamente e che a breve vedranno la luce. Per quanto riguarda il tape invece mi sono attrezzato in modo inusuale: ho chiesto ad un’amica che vive con me di prestarmi il suo armadio e ho registrato tutte le voci lì per ottenere un’insonorizzazione decente. Credo di esserci riuscito, sebbene i mezzi non fossero assolutamente professionali.

La pandemia cambierà il mercato musicale?

OMAKE: Noi siamo stati molto fortunati, perché non abbiamo perso persone care in questo periodo terribile, e quindi ci siamo potuti concentrare su Kumomi. Dobbiamo vedere tutti questo periodo come stimolante, e non come un bastone fra le ruote. Prendiamo il bastone e mettiamoci sopra una fottuta bandiera.

VESPRO: Questa situazione credo abbia invertito un po’ la rotta del mondo della musica, e così anche di altre realtà. Nelle prime settimane di lockdown tutte le piattaforme di streaming hanno registrato un calo, mentre la musica ha iniziato a popolare le stories e i feed di Instagram e di tutti gli altri social. Questo mi ha fatto riflettere molto, ho pensato in quel momento le persone avessero bisogno di musica genuina, composta e cantata sul momento piuttosto che le solite canzoni lavorate in studio (e forse questa è stata una delle idee di partenza per il tape). Credo che questa fame direalness e di spontaneità sia tutt’ora in atto e spero possa portare con sé un’ondata di rinnovamento in tutto il mondo dell’arte. Compreso quello della musica, ovviamente, così da favorire la sperimentazione e la creazione di qualcosa di assolutamente nuovo.

CANNTONA: Penso sia il momento ideale per esplorare: che si parli di nuove sonorità, piattaforme o modalità di lavoro. Da artista mi auguro che questa reclusione possa esserci servita per isolarci un po’ dai trend e i ragionamenti numerici, vivere il rapporto con la musica in maniera spontanea. Le restrizioni per i grandi eventi, invece, vorrei stimolassero organizzatori e locali a puntare su realtà emergenti, cittadine, per permettere la nascita di una vera scena supportata dal basso. Qui a Bologna ne abbiamo un dannato bisogno.

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L'articolo Kumomi, la musica ha bisogno di outsider di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-05-21 15:21:00

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