Garage Gang, finalmente anche i trentenni hanno la loro trap

Vengono da Ostia e hanno trollato tutta la scena italiana – anche se non fanno lol rap –, combattono "la dittatura dei feat. e i figli di Calcutta". Con "Boomer Remover", Kiko e Nerototale sono diventati "i nuovi Nanni Moretti" delle rime

Nerototale e Kiko sono la Garage Gang
Nerototale e Kiko sono la Garage Gang

Così come i termini "indie" o "DIY", "lol rap" è una definizione vaporosa che indica, senza rigidità, una certa visione della musica e la sua espressione artistica più che circoscriverla entro determinate sonorità. Un’etichetta nata di recente, che potremmo definire come una branchia del soundcloud rap, la cui scena a Roma sembra essere molto fervida, che, oltre alla diffusione, deve molto, se non tutto, a determinate dinamiche della cultura di internet. Dal quale del resto ha preso piede, generata da mostri sacri come Trucebaldazzi.

La differenza tra un lol rap di qualità e la robaccia che gira in rete, risiede nella soglia del cringe e nelle dinamiche con cui esso viene concepito: se appositamente ricercato o se ingenuamente provocato. Un meccanismo deleterio entro il quale una canzone, quanto più di merda, tenderà a essere sempre virale.

Pietro Manzoni ci ha dato una lezione storica: anche gli escrementi, se supportati da una base ideologica forte, possono essere elevati a forma arte. L’arma più pericolosa risiede nella superficialità della gente, nell’incapacità di comprensione dei boomer che si ritrovano Bello Figo su Rete 4, gli stessi individui che, di fronte a un'opera del genio milanese come a una tela squarciata dal Fontana, sono soliti esclamare la tipica frase: “questa l’avrei saputa fare anche io”.

La reputazione del lol rap ha preceduto il genere stesso, gettando tutti gli interpreti nello stesso calderone di viralità e trash. Eppure in questo mare magnum c'è chi si distingue, ed è questo il caso della Garage Gang, la compagine romana nata come scherzo e ora scritturata dalla storica etichetta Carosello.

I testi di Kiko e Nerototale sono leggeri, ma non superficiali: di primo acchito potrebbero apparire come la solita simpatica parodia rap dello youtuber, cma on un ascolto più attento rivelano un contenuto completamente diverso. Intelligente, sensibile e, a tratti, oserei dire altamente poetico.

"Non puoi tornare indietro, siamo fatti di scelte". Dai loro testi traspare una saggezza spicciola e popolare, ma efficace, tanto che potresti ritrovarla in una frase tatuata sul polpaccio di un boro romano, come in un manuale di Sun Tzu. La percezione è un'attività complessa, elaborata da una molteplicità di sensazioni, che si concludono con un giudizio. Non bisogna essere Kant per capire che la differenza di visioni, in fondo, risieda tutta nell'ascoltatore.

Boomer Remover, il primo album ufficiale della GG, è la continuazione coerente del percorso sin qui intrapreso dal duo di Ostia. Finalmente anche i trentenni possono vantare il proprio gruppo trap.

Com’è nata la Garage Gang?

N: La Garage Gang è un progetto nato tra il 2017 e il 2018 a Casal Palocco, un quartiere dell’entroterra di Ostia, nella macchia mediterranea romana…

K: Venendo da Ostia siamo sempre stati degli outsider. Non siamo come quelli di Tivoli o Frosinone, facciamo parte della città, ma ne stiamo fuori. Casal Palocco è un quartiere molto verde, residenziale, con le piscine. Tutto ruota ancora intorno al mito del calciatore. Forse perché ci abitano tutti quelli che giocano nella Roma.

N: Casal Palocco è la Parioli di Ostia. I ragazzi magari non vogliono realmente diventare calciatori, ma vogliono vivere come se lo fossero. Frequentano gli stessi posti, si vestono tutti uguali, hanno gli stessi tatuaggi.

K: Ed ecco spiegata la nostra estetica "bora". La Garage nasce come progetto parallelo al nostro progetto trap principale. Ci divertivamo a comporre musica esclusivamente con l’iPhone. Usavamo Garage Band, da cui prendiamo il nome e da lì a poco è uscito il nostro primo album non ufficiale, Manifesto

N: È stata una decisione presa al momento. All’inizio non pensavamo di caricarlo su Spotify, anche perché tutte le canzoni sono state registrate male, in presa diretta e in pochi minuti. Sempre in giro, in molti brani si possono sentire le voci delle persone che passavano in sottofondo.

Riponevate più speranze nell’altro progetto?

K: Sì. Anche se forse "crederci" è il verbo sbagliato: registravamo in studio, ma sempre a livello amatoriale. Sicuramente non pensavamo di attirare più attenzioni con la Garage, invece abbiamo sin da subito ricevuto più credito. Pur partendo come progetto anonimo. Nel senso che proprio non ci facevamo vedere, nessuno conosceva i nostri volti. Utilizzavamo il profilo Instagram per trollare i rapper.

N: Abbiamo un sacco di buffi arretrati. Metà della scena ci ha bloccato su Ig.

Ok, non potete non raccontare…

N: Il più famoso credo sia stato quello a Laioung. Dovevamo uscire con Veltroni. Sui social, avvertimmo la gente dicendogli che l’avremmo pubblicata esclusivamente se Laioung ci avesse risposto al telefono, facendo però intendere avesse fatto uno sgarbo e fosse uscito dalla Gang. Si generò una shitstorm enorme, ci scrisse anche quella che, ai tempi, penso fosse la sua ex ragazza. Voleva spiegazioni, non sapeva del suo passato nella Garage.

Per questo nel vostro nuovo album ci sono pochi feat.?

K: Volevamo andare contro la dittatura dei featuring. I feat ormai sono tutti studiati a tavolino, targhettizati per andare a colpire una specifica fascia geografica o generazionale. Noi siamo rimasti entro i limiti del raccordo anulare. E poi era tutta gente che conoscevamo già, con cui spartivamo qualcosa.

N: L’altra metà della scena, invece, l’abbiamo trollata.

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Vi rispecchiate nella definizione di LOL Rap?

K: La Garage all’inizio era un progetto assurdo, dalla musica al trolling il passo è stato breve, ma il vero troll su internet e un altro. Pippo Sowlo penso sia diventato un rapper trollando ragazze sui gruppi delle mamme pancine. Lui è anche l’esempio più emblematico di questo “nuovo genere”, può non piacere, ma reputarlo demenziale è sintomo di scarsa capacità di comprensione. Sicuramente all’inizio ci sentivamo più inclusi, anche se l’etichetta di lol rap è sempre stata vaga, tanto da comprendere i fenomeni più trash del web. Le nostre prime tracce erano davvero esagerate…

N: E quindi anche molto cafone. Forse per questo siamo rientrati in questa categoria. Ma ora come ora non crediamo sia la definizione più adatta.

Questo cambio di prospettiva è dovuto a una crescita personale, all’adozione di nuovi argomenti o, semplicemente, a una produzione migliore con l’arrivo di un producer?

K: A livello musicale siamo sicuramente evoluti. Un produttore rende tutto più costruito, toglie quella “valenza ecologica”, se così si può dire, che ha sempre contraddistinto le nostre canzoni. Una volta che stai in studio a scrivere, la “robba” inevitabilmente perde di spontaneità. Non è necessariamente un male, oltre che dal punto di vista stilistico, credo le produzioni di Aegeminus abbiano comportato anche un’evoluzione dei contenuti. Cioè, insomma, Manifesto era veramente registrato di merda, ontologicamente non poteva essere serio.

Quando è stato il momento in cui avete pensato "ora si fa sul serio"?

K: Io tendo a vivere in maniera molto dissociata, quindi forse non l’ho ancora capito…

N: Io quando ho firmato il contratto con Carosello, ho detto per la prima volta a mia mamma che volevo fare il rapper.

Quando in Figlio Mio cantate "spingevamo i kg, la coca e l’MD", nelle mie cuffie risultate molto più credibili della maggior parte dei trapper\rapper che hanno costruito il proprio successo su questa retorica.

K: In realtà non stiamo ammettendo di fare certe cose, in Figlio Mio narriamo una storia personale, quello che vediamo ogni giorno. O vedevamo, immedesimandoci nel ruolo di un padre che lo racconta al suo pargolo. Volevamo raccontare lo spirito di un tempo

N: Kiko, è inutile mistificare. Abbiamo confessato. Ci siamo sporcati le mani.

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Non sto dicendo questo. Però non riesco a capire se quel che raccontate sia una parodia o la vostra vita reale…

N: Questa è proprio una bella domanda. In realtà nemmeno noi riusciamo a distinguerlo, a capire quando siamo implicati.

K: Per molti aspetti possiamo essere accomunati ai trapper, ma, al di là della musica, veniamo da un contesto culturale completamente differente. Pur ascoltando un sacco di trap.

N: Del resto è la roba attuale più potente che c’è. Come fai a non ascoltarla?

Appunto, perché nella stessa canzone continuate dando la colpa alla trap se in realtà siete dei clubber?

K: Vivere il club con la trap, così come venirci a suonare, comporta un atteggiamento molto diverso. La trap è legata a quella componente dell’apparire, flexxare, mostrarsi con le persone giuste. Il clubbing vero è un’esperienza molto più personale, legata al corpo quanto alla mente. Per vivere il club non devi stare nel backstage.

N: Noi facciamo trap, ma frequentiamo serate diverse. È una constatazione che ho fatto negli ultimi tempi, il pubblico dei club è cambiato molto negli ultimi anni. Le serate elettroniche e trap sono divenute il ritrovo dei poser.

Ma i poser non sono gli stessi che vi hanno spinto sino a oggi?Penso, ad esempio, a gruppi come Diesagiowave.

K: Le community in generale ci hanno sempre spinto. Diesagiowave, in particolare, l’ha fatto ai tempi di Manifesto. Ecco sì, quando giravamo per i circuiti indie, quando ci chiamavano a suonare in locali come Le Mura, Diesagiowave ci ha veramente spinti parecchio.

Fate trap, ma il vostro pubblico è mediamente più adulto.

N: Hai toccato un tasto dolente.

K: Nerototale è un paio di giorni che vuole avere i fan di Capo Plaza.

N: Tutti sti pischelli che vengono ai live, ti riempiono il concerto con le luci del telefonino. Noi abbiamo più fan nella fascia 35-40 che in quella sotto i 18 anni. Non ha senso, forse la colpa è di Essere Pelati, abbiamo proprio sbagliato target.

Siete i Tha Supreme degli over 30?

N: In realtà sto cercando di assumere Tha Supreme come autore.

K: Io mi sento stranito ad avere 23 anni e fare musica per gente ben più grande di me. Mi provoca quella sensazione di disagio, tipo bambino prodigio che suona il pianoforte. No, non è così, non sono un genio.

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Però dai, è normale un minorenne non colga riferimenti come Gigi Dag o Avril Lavigne. Questo insuccesso in certe fasce d’età non è dovuto proprio allo spirito nostalgico che pervade tutte le vostre canzoni?

K: Non voglio finire a riciclare sonorità come stanno facendo ultimamente molti altri artisti. Una volta che si è esaurita la nuova wave emo, ci rimettiamo a fare gli Eifel 65. Questa non è musica. Sia chiaro, ci sono anche esempi lodevoli, come Achille Lauro, e i primi a essere affetti dalla nostalgia siamo proprio noi. Non potevamo andare a ballare ai concerti di Gigi Dag a 10 anni, ascoltavamo i suoi cd dai fratelli più grandi o dai cugini. La nostra è una nostalgia acquisita. Quello che m’infastidisce è l’appropriazione, l’idea di attaccarsi a tutti i costi a un immaginario sino a prosciugarlo. Questa retròmania è il più importante indice della saturazione nel mercato discografico.

Che risposte articolate. La domanda sorge spontanea, ci siete o ci fate?

K: Ian Svenonius, leader di una band hardcore punk di Washington negli anni '90, ha scritto un libro assurdo in cui si dichiara contro la liberta d’espressione. Pur posta come provocazione, solleva una tesi che ha un fondo di verità: è la stessa libertà ad aver generato un sacco di mediocrità. Una domanda che mi pongo spesso anche io. Ma che cazzo facciano noi?

Si può dire siate anche politici?

K: Più sociali che politici. C’è sempre stata una sottotrama politica in quasi tutte le nostre canzoni. Il titolo del nostro disco è politico, e anche quello del nostro esordio: Manifesto. Quando dico che “mi iscrivo in palestra divento di destra” sto più che altro descrivendo una particolare categoria antropologica. Forse siamo più contemporanei che politici. Il rap politico implica una coscienza che a noi manca. Non siamo gli Assalti Frontali.

N: Siamo molto politici, ma poco impegnati.

Il titolo dell’album, tra l’altro, non me lo avete ancora spiegato.

N: Il boomer, come categoria antropologica, comprende le persone nate entro il periodo del primo boom economico che, se non sbaglio, va da 1956 al 1964. Anno più anno meno. Abbiamo un cinque per cento degli ascoltatori anche in questa fascia, ma non sono quelli che vogliamo rimuovere. Con boomer intendiamo boomer musicale. I figli di un altro boom, quello del 2016, della trap, delle canzoni proforma, i denti d’oro e i video sempre uguali.

K: Ma anche dell’indie. Calcutta è tipo il nostro Dio. Ma odiamo tutti i suoi figli.

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È possibile piangere ascoltando la Garage Gang?

N: In realtà è il nostro obiettivo principale. Parlare alla leggera di argomenti molto pesanti.

K: Sì, sublimare i concetti, racchiudere idee molto complicate in poche semplici parole. Siamo agrodolci. Personalmente sto in fissa con le dramedy.

Per questo siete i nuovi Nanni Moretti?

K: Ci piace far ridere in maniera amara. La strofa originale in realtà era questa: "esco il cazzo nelle dirette sono il nuovo Lindo Ferretti". Ho preferito non scomodare un personaggio così ingombrante della musica italiana. E poi Nanni Moretti non è stato scelto a caso. Il tema dell’assurdità della vita ritorna spesso nei nostri testi. La realtà è veramente paradossale.

N: Non serve ingigantirla, basta viverla.

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L'articolo Garage Gang, finalmente anche i trentenni hanno la loro trap di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2020-07-14 02:06:00

Tag: trap album

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