Pick & Rock: quando i cantanti italiani si innamorano del basket

Dal "Pivot" di Claudio Baglioni al "brodo" fortitudino degli Skiantos e poi Ensi con "Mutombo" e il grande Claudio Lolli: nel suo libro "Pick & Rock" Giuseppe Catani ha raccontato il legame tra musica e palla a spicchi. Ecco le creature migliori – e le più strane – nate da questo connubio

Lucio Dalla, coach Alberto Bucci e Gus Binelli della Virtus Bologna in uno storico servizio di "Giganti del basket" del 1983
Lucio Dalla, coach Alberto Bucci e Gus Binelli della Virtus Bologna in uno storico servizio di "Giganti del basket" del 1983

Se ogni sport ha la sua colonna sonora, è altrettanto vero che ciascuno di noi può applicare la propria a ogni disciplina, a seconda della propria frequentazione con essa, di nostalgie e idiosincrasie, del proprio quotidiano. Se penso al basket, amore pre-adolescenziale mai ossidato, sono diverse le canzoni che affiorano alla mente.

Dagli 883, di cui costringevamo all'ascolto genitori e accompagnatori durante le interminabili trasferte per le lande piemontesi, a It's My Lifedi Bon Jovi, eterna – assieme alla voce del compianto Franco Lauro – canzone degli highlights del campionato di basket italiano di fine anni '90, quello del tiro da 4 di Danilovic e dei secondi tempi in diretta Rai al fine settimana. E poi He Got Gamedei Public Enemy, la più bella canzone di sempre sul basket al servizio del più bel film di sempre sul basket (prima di finire a detestare Ray Allen causa tifo per gli Spurs). 

La lista potrebbe essere lunga e comunque incompleta, come ogni biografia dei sentimenti. A farne una decisamente esauriente, per fortuna, ha pensato Giuseppe Catani, firma di questa testata. Giuseppe, che è marchigiano e vive a Bologna – guarda caso –, ha da poco pubblicato per Arcana Edizioni Pick & Rock - Quando la musica va a canestro, libro figlio della rubrica sul legame tra canzoni e palla a spicchiche tiene dal 2014 su Dailybasket.it.

Nel volume sono raccontate tutte le volte che la musica ha narrato ciò che avveniva sul parquet (o nei playground delle nostre città). E quelle volte che chi faceva avvenire le cose sul parquet si è spostato in studio di registrazione, come dimostrano i tanti casi di campioni Nba prestati al rap (di solito senza suscitare gli stessi entusiasmi) e non solo. C'è tanto hip hop – che, per estetica e attitudine, negli anni è diventato quasi un'estensione della palla al cesto – e tanta America. Ma ci sono anche tanti artisti e band italiane, che, in periodi diversi e generi diversi – dal beat al rock, dal pop da classifica alle rime –, sono "andati a canestro". Alcune di loro le trovate qua sotto, molte di più tra le pagine del libro. 

Claudio Baglioni - Il pivot

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1977, l'Italia si riempie di P38 e Claudio Baglioni detto Agonia scopre il backdoor. La canzone è sul lato B di Solo, album che vende 700mila copie, e descrive l'ingresso in campo di un omone di 2 metri, simbolo di un ruolo che già allora iniziava a cambiare. Da lì allo Small Ball sarebbe stato un attimo.

Angelo Baiguera -È proprio lui

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Classe 1955, talento rilucente come avevano intuito a Cantù, Brescia e Cremona. Testa un po' troppo spaziosa per contenere solo un pallone e una retina, soprattutto quando incontra la seducente e ingombrante leggenda di Charlie Yelverton, con cui, quest'ultimo al sax e lui alla chitarra, comincia a suonare. A Trieste, mentre gioca, pubblica il disco York nome di cane, che vende 10mila copie e diventa un piccolo cult. Scrive per Bertoli, collabora con Aznavour, si fa apprezzare da De Andrè. A 26 anni, mentre tutti lo vogliono si ritira dal basket, poi molla anche la musica. Finisce a fare il dirigente calcistico a Palermo con Zamparini. 

Claudio Lolli - La fotografia sportiva

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Bolognese (e fortitudino), in una città in cui il basket è una religione. Nel 2017, un anno prima di morire, questo splendido cantautore – autore di Ho visto anche degli zingari felici e altri capolavori – pubblica il suo ultimo disco, Il grande freddo, che vince la Targa Tenco. “Eccola qui, è la fotografia sportiva / che ti prende mentre salti verso il basket / e ti blocca la tua vita ancora viva / Eccola qui, ecco che ci proviamo / a sapere chi siamo, da dove veniamo”. Così canta Lolli nel pezzo: è una metafora della vita, davanti a cui siamo tutti cristallizzati di continuo, come un giocatore in volo, o un tifoso di Utah davanti a un tiro di Michael Jordan.

Skiantos - Odio il brodo

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Altro gruppo bolognese, altro fortitudino – Roberto Antoni –, altro ultimo disco, con tutto quello che ne consegue in termini di epica e dolore. Nel 2009 la band di Chinotto pubblica Dio ci deve delle spiegazioni, in cui appare il brano Odio il brodo, che riprende la scritta su una t-shirt indossata da Freak nel 2002, mentre si esibiva al palazzetto prima di uno dei tanti derby tra la F e le V nere. Lo slogan era stato coniato da Nino Pellacani, centro storico della Fortitudo, che, con tutta la creatività che avrebbe poi mostrato nella sua seconda vita da grafico pubblicitario, aveva espresso in tre parole il sentimento che migliaia di tifosi provavano nel vedere i rivali vincere tutto con la propria canotta targata Knorr addosso.

Fabio Treves feat. Dan Peterson - Travellin' Guitar

Di personaggi assurdi e strepitosi nella storia del basket italiano tra gli anni '70 e '80 ce ne sono davvero molti, e per fortuna almeno uno di loro è arrivato al grande pubblico: Dan Peterson. Grande uomo di sport, oltre che grande allenatore, Peterson è sempre stato un super esperto di musica (soprattutto country), passione che muove l'incontro con un musicista malato di sport – e delle Scarpette Rosse di Milano – come Fabio Treves, aka il Puma di Lambrate, tra i primi (e gli unici) bluesman puri in Italia. Nel suo disco del 1988 Sunday's Blues, assieme a Franco Mussida, Chuck Leavell e tanti altri, appare anche Dan, voce in Travellin' Guitar. Anche noi, almeno in prestito, abbiamo avuto il nostro Willy Nelson. 

Gianni Bismarck - Scottie Pippen

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Chi di recente ha visto il colossal Netflix The Last Dance senza possedere nozioni cestistiche – pare che sia accaduto, tanto è stato l'hype del documentario sulla storia dei Chicago Bulls –, tra le figure magnetiche di Jordan e Rodman, ha fatto la propria conoscenza di un uomo dal naso molto storto e la maglietta molto fluo: Scottie Pippen. L'altra metà della leggenda di Michael Jordan, tra i più forti giocatori di sempre a dover convivere con l'etichetta di gregario per tutta la vita. Fino, per lo meno, al recente tributo del rapper romano, che si autodefinisce "capace di stoppare palle de fumo come Scottie Pippen". 

Ensi - Mutombo

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Dikembe Mutombo – spesso sottovalutato – è stato uno dei lunghi più statuari, esplosivi e longevi della storia recente della Nba. Nel suoClash del 2019, il rapper torinese prende in prestito la frase con cui tutto lo conoscono: quel "not in my house" che era solito accompagnare al dito indice alzato e sventolato in segno di negazione, quando stoppava la conclusione di un avversario. “Puoi provarci dove vuoi / ma non a casa mia / No, no, not in my house”, rima Ensi. "Qua non si passa", il concetto: praticamente la base della cultura hip hop.

 

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L'articolo Pick & Rock: quando i cantanti italiani si innamorano del basket di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-08-03 13:05:00

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