È stata l'estate di Lucio Corsi

Mentre in tutta Italia – causa Covid – ci sono stati pochi concerti e spesso acustici o in formazione ridotta, Lucio Corsi ha deciso di suonare con la band completa: uno spettacolo a metà tra cantautorato e glam rock. E ha fatto un sacco di date, da vero campione della stagione live

Lucio Corsi all'Estate Sforzesca a Milano, foto di Alessandro Bremec
Lucio Corsi all'Estate Sforzesca a Milano, foto di Alessandro Bremec

E la chiamano estate, questa estate senza i concerti. Fuori dagli estremismi, qualcuno ha suonato in giro, ma perlopiù si tratta di concerti acustici o con la band ridotta, per una platea di pochi eletti, rigorosamente seduti e distanziati, come da decreto ministeriale. La chiamano l'emergenza Covid, ma dopo sei mesi, potremmo iniziare a chiamarla con il suo vero nome: nuova normalità. Non sembra plausibile che da qui a pochi mesi, con l'Europa di nuovo pronta al secondo lockdown e i primi concerti riprogrammati a marzo 2021 di nuovo rimandati o cancellati, si possa pensare di riempire palasport con le stesse modalità a cui eravamo abituati.

Uno scenario poco promettente, in cui tutti devono farsi venire idee per riuscire a suonare e far suonare di nuovo, perché non si può rimandare l'uscita dell'album e la partenza del tour in eterno, tanto più che l'arte, di questi tempi, è salvifica. Prendete Lucio Corsi: il 17 gennaio 2020 è uscito il suo bell'album Cosa faremo da grandi, il primo arrangiato in uno stile che mischia cantautorato e glam rock, con chitarre elettriche, organo, pianoforte e tutto il resto, il primo con cui avrebbe fatto un tour con tutta la band, per portarlo in giro come si conviene. Lo incontro a Sarzana dopo un concerto e mi fa: "Eravamo tutti gasati dopo il concerto all'Auditorium a Roma con la band elettrica di cinque elementi, tutti miei amici di Castiglione della Pescaia, il mio paese d'origine in Maremma. Avevamo appena iniziato il tour, poi hanno chiuso tutto..."

Lucio Corsi e la sua banda, foto di Sebastiano Bongi Toma
Lucio Corsi e la sua banda, foto di Sebastiano Bongi Toma

Lucio e il suo staff, con qualche sforzo produttivo in più e, sicuramente, un taglio al cachet, hanno deciso di cercare date con la formazione a sei elementi e portare lo stesso concerto che avrebbero fatto in tour, per più di una quindicina di date che sono una manna dal cielo in questa estate silenziosa. L'album e l'alchimia raggiunta con la banda – come la chiama lui –, lo meritano, e poi è da quando ha iniziato a girare l'Italia, ai tempi del primo EP nel 2014, che coltiva la voglia neanche troppo celata di suonare con la Gibson Les Paul oltre che con l'acustica. In questo caso, poi, è accompagnato da un chitarrista che sembra lo Slash maremmano, capite da voi che non sono cose che si possono abbandonare solo per via di una pandemia.

Quindi, Lucio e la sua banda, hanno suonato un sacco – "sacco" inteso per lo standard del 2020 – in giro, portando lo stesso spettacolo di zeppe glitterate e jeans a zampa, cappelli con le code di fagiano, camicie semitrasparenti, chitarre duellanti, surrealismo, Marc Bolan e ironia, sempre in bilico tra la cosa posh del modello di Gucci e la suonata tra amici in campagna. Due mondi che, se non li accomunava Lucio, se ne stavano tranquilli per gli affari propri senza neanche guardarsi da lontano, e che invece, al momento, creano lo spettacolo più esplosivo che si possa vedere in giro

Un tappo per la chitarra atipico, foto di Alessandro Bremec
Un tappo per la chitarra atipico, foto di Alessandro Bremec

Lucio si prende il palco, spiega le canzoni – che è come il pesce ratto fantozziano: può piacere o non piacere, a me ad esempio piace tantissimo – e ti fa entrare nel suo mondo, in cui la Maremma e la grande città diventano mondi surreali da cui trarre storie. Canta il suo repertorio, riarrangia i pezzi vecchi, ma anche Bufalo Bill di De Gregori, lo splendido canto popolare Maremma amara, che fuori da ogni logica, stanno bene nello stesso show con 20th Century Boy dei T. Rex. La band suona bene, assolutamente fuori dalla moda del momento e questo è un miracolo. Pensate che nel tempio dell'indie del torneo di calcetto Tutto molto bello a Bologna, hanno suonato hard blues che a volte sembra di sentire gli Aerosmith imparentati con Elton John

Tutto questo per dire che, oltre al divertimento che c'è nel vedere Lucio e la banda dal vivo, mentre li ascolti hai una gran voglia di alzarti in piedi e ballare, alla faccia del covid che t'incolla alla sedia e del codice etico del giovane ascoltatore di musica indipendente, che vuole il pubblico in sala il più fermo e palloso possibile, alle prese con telefoni per farsi selfie, senza però godere come un cinghiale quando è il momento di farlo. 

Lucio, la banda e il pubblico, foto di Antonio Viscido
Lucio, la banda e il pubblico, foto di Antonio Viscido

Dunque, benché questo pezzo sia una lode a Lucio e al suo staff, che sono riusciti a suonare in tutti i festival rimasti in giro, oppure in concerti in location caratteristiche, è anche una puntualizzazione: c'è il modo per suonare in giro senza rinunciare allo spettacolo, anche in un momento di merda come questo. Certo, se si sta sull'albero a cantare come la cicala, senza mettersi davvero in gioco, aspettando che tutto torni come prima, allora potrebbe volerci più del tempo prestabilito, con tutti i rischi del caso. 

Duelli chitarristici, foto di Sebastiano Bongi Toma
Duelli chitarristici, foto di Sebastiano Bongi Toma

Lucio Corsi fa la musica che gli pare, la porta in giro come gli pare. La sua voce non gli permetterebbe di cantare i cantautoroni né i classici del glam britannico, e di sicuro, stando alle classsifiche FIMI, al momento non c'è un gran mercato per quel tipo di revival. Allora come le spiegate le facce divertite tra il pubblico, completamente eterogeneo, seduto nelle arene tra i piccoli sold out di questa estate? Una scommessa: se Lucio Corsi andasse a Sanremo, diventerebbe super famoso in 4 minuti. Lo so che lui non ci vorrebbe andare, ma spero un giorno di vederlo sul palco più istituzionale d'Italia, per librarsi in aria come quel suo amico secco che col vento volava, a cui, errando, avevano costruito l'armatura invece delle ali.

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L'articolo È stata l'estate di Lucio Corsi di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-09-21 13:00:00

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