Giallorenzo, ora sì che Milano è davvero un posto di merda

E adesso che col Covid l'hanno scoperto tutti, Pietro, Giovanni, Marco e Fabio cercano di ricostruire il rapporto compromesso con la loro città. Il risultato è Fidaty, un ep dove convivono storie d'amore malate, insulti al demonio, teorie del complotto e un vecchio che urla al supermercato

I Giallorenzo (da sx a dx): Giovanni, Pietro, Marco e Fabio - foto di Giovanni Pedersini
I Giallorenzo (da sx a dx): Giovanni, Pietro, Marco e Fabio - foto di Giovanni Pedersini

L’appuntamento è alle 21:30 di sera. Mi sono messo d’accordo con i Giallorenzo, band metà bresciana e metà bergamasca nata a Milano, per fare una chiacchierata su Zoom a proposito del loro secondo disco, Fidaty, un ep di sette tracce uscito il 13 novembre scorso e intitolato come la carta fedeltà dell’Esselunga. I più puntuali sono il bassista Marco "Zambe" Zambetti – il dottor Jekyll e Mr. Hyde del gruppo: quando suona è un animale da palcoscenico, nella vita di tutti i giorni fa il tirocinio presso uno studio legale – e il cantante Pietro Raimondi, consciuto anche per il suo progetto solista montag, principale autore della band.

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Per Fabio "Cope" Copeta e Giovanni "Pede" Pedersini, rispettivamente batterista e chitarrista, nonché membri anche dei Malkovic, dobbiamo aspettare una decina di minuti. "Scusate, siamo tardi perché abbiamo cucinato fritto", dice Fabio, trafelato. "Ma che discorso è?" ribatte Pietro con una risata. La disorganizzazione dominante – o l'essere matti in culo – è la cosa che, fin da subito, mi ha conquistato dei Giallorenzo. "Il problema tecnico della musica italiana", come loro stessi sono definiti.

Anche durante la chiamata gli inconvenienti non mancano, con il Wi-Fi di Marco che va e viene. "Io sono il campione da questo punto di vista, ma Zambe si sta dando da fare per raggiungermi", sottolinea Giovanni. "Se mi chiedi mese e anno, io ti so dire che problema ho avuto con l'attrezzatura". "Io non ho mai casini con i cavi o cose simili, in compenso mi hanno rubato la Danelectro", interviene Pietro. "Non ho una chitarra elettrica, quella era l’unica che avevo, me l’hanno fregata un anno fa. Comunque siamo un problema tecnico nel senso che siamo un incepparsi della storia della musica italiana. Roviniamo sia quella scena rock alternativa anni ’90 a cui ci ispiriamo, sia la direzione verso cui sta andando la musica pop adesso. Da entrambi i punti di vista, siamo qualcosa che non funziona".

 

La copertina di Fidaty
La copertina di Fidaty

Il loro disco d’esordio, Milano posto di merda, pubblicato lo scorso anno, era stato un piccolo caso nell’underground indie italiano e, in un certo senso, profetico: canzoni marce – "Pietro voleva registrarlo con Garage Band dell’iPhone", ricorda Fabio – ma genuine, grezze e delicate allo stesso tempo, ispirate dalla città che più di ogni altra, nell’ultimo anno, il titolo di 'posto di merda' se l’è conquistato. "Però non è una frase nostra", precisa Giovanni. Milano posto di merda è una scritta su un muro, nel pieno dell’immaginario che i Giallorenzo hanno costruito con una manciata di canzoni. "È una frase molto più potente di noi: noi l’abbiamo presa, e lei si è realizzata. È lei che ha adottato noi", aggiunge Pietro. E continua: "In contrapposizione, il titolo Fidaty guadagna un significato: nel momento in cui Milano diventa agli occhi di tutti un posto di merda, noi, invece di fare un disco incazzato, la vogliamo abbracciare, vogliamo far evolvere il nostro rapporto con la città".

La copertina di Fidaty è un altro trait d’union con Milano posto di merda: è il disegno del condominio dove tutti i membri del gruppo hanno abitato e dove viveva anche il signor Giallorenzo, trovato morto a distanza di mesi nel suo appartamento dell’ultimo piano e ispiratore del nome della band. L'autore è Ken Shiro Caravaggio Carena, un artista di Torino che aveva realizzato anche l'artwork dei singoli che anticipavano Fidaty. Questa volta è Fabio a parlare: "Abbiamo gusti diversi, è stato difficile mettersi d’accordo. Alla fine abbiamo deciso di mantenere la linea estetica dei singoli e abbiamo individuato la casa come nostro punto in comune".

 

Il volantino che annuncia l'uscita di Fidaty
Il volantino che annuncia l'uscita di Fidaty

Ad accompagnare l’uscita del disco, i Giallorenzo hanno realizzato un assurdo volantino, a metà tra un manifesto complottista e un meme. "Tante di quelle immagini le ho prese dalle bacheche della Statale", mi spiega Pietro. "A queste abbiamo aggiunto delle frasi che abbiamo trovato su dei fogli appesi in giro per Milano, firmate da questo fantomatico Abderab il Messia". Un soggetto che ricorda un altro antieroe del microcosmo dei Giallorenzo: Edgardo Perindani, personaggio che espone le sue discutibili teorie agli studenti della Statale e a cui è dedicata Il metodo Perindani, da Milano posto di merda. "Io non volevo mettere nome e cognome, ma Pietro ha fatto la cazzata come sempre", svela Marco. "Poi è andata bene, qualcuno gli ha fatto sentire la canzone e gli è piaciuta".

In Milano posto di merda c’è anche Bonti, pezzo dedicato all’amico Paolo Bontempo, coautore del libro Giugno che avevamo intervistato qualche tempo fa. In Fidaty, invece, l’ultima traccia si chiama Sabbo, come un altro amico dei Giallorenzo. "Siamo riusciti a non farglielo sapere fino all’uscita del disco, Bonti invece ci aveva sgamato. Abbiamo fatto Sabbo perché era il quarto inquilino con Zambe, Bonti e me quando vivevamo assieme in via Ozieri a Milano, quindi era un modo un po’ per chiudere il cerchio", racconta Pietro. "E poi aveva il record di presenze ai nostri concerti", aggiunge Giovanni.

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Tornando a parlare di graffiti, Baal celebra uno dei pazzi più misteriosi e noti di Milano, tanto da avere una pagina Facebook dedicata. Pietro: "Su tutti i mezzi si trovano insulti al demonio scritti a penna come 'Baal culo', 'Belzebù infame', cose così e nessuno sa chi sia. La canzone racconta l’insoddisfazione del contesto urbano di essere una risposta a quello che si sta cercando, la cosa che mi piaceva è che Baal spesso scrive i suoi deliri su delle pubblicità, come se volesse sabotare la società consumistica". In questo contesto rientra in pieno anche Don Boscow, ispirato a una storia vera. Ancora Pietro: "Lì il protagonista è un signore che in un Simply si era messo a urlare: 'DON BOSCO ALLA CASSA 7!!!', l’ha scritta Bonti per noi immaginandosi che questo tizio fosse innamorato di una cassiera e questo fosse il suo modo di attirare l’attenzione".

Telepatia = crimine prende il nome da una scritta sul passante a Porta Venezia. “Ha sia quella dose di denuncia sociale e pazzia in due parole. Io mi sono immaginato che qualcuno denunci il fatto che leggere il pensiero sia una violazione di privacy, materia di cui Zambe si occupa molto per i suoi studi. E poi fa da controcanto allo stereotipo della canzone d’amore, dove spesso si cerca di entrare nella mente della persona amata, quindi diventa una sorta di autocritica” mi spiega Pietro. “Spesso i personaggi di questo ep sono innamorati ma in maniera malata o tossica, c’è un voler analizzare gli aspetti più meschini e spesso maschili dell’amore”.

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Rhydon ha alla base un aneddoto altrettanto surreale, quanto meno per il titolo. Pietro: "L’ho scritta cinque anni fa ed è tornata fuori a caso ma è il titolo (il nome di un Pokemon, ndr) che ha una storia fantastica dietro". A raccontarla ci pensa Giovanni: "La sorella di una mia amica era dentro a una chat WhatsApp in cui ci si avverte dei posti di blocco, quando a un certo punto è arrivato per sbaglio questo messaggio vocale: ‘Pota raga, ho trovato Rhydon!'. Ho pianto dal ridere la prima volta che l’ho sentito, nel brano abbiamo inserito un pezzetto del vocale".

Il video di Rhydon, realizzato da Fabio, ha un particolare interessante, specchio di una sensibilità politica ben presente nei Giallorenzo, anche se spesso sottovalutata. "Le camicie che indossiamo lì ce le aveva fatte un ragazzo ospite di un centro d’accoglienza in provincia di Bergamo. Pochi giorni prima che ce le facesse avere gli è stato negato il permesso di soggiorno, quindi non sappiamo dove sia finito", mi ha detto amaramente Marco. "Per me è qualcosa di molto importante, in quel centro ci ero andato con un presidio di Libera, non è solo la camicia in sé ma qualcosa che sento molto da vicino. Si tratta di temi centrali per noi, anche Milano posto di merda nasceva in un contesto di emarginazione sociale, daspo urbani, l'intolleranza di Salvini e della Lega, vorremmo che questo emergesse".

 

I Giallorenzo quest'estate all'Idroscalo di Milano per Cuori Impavidi - foto di Starfooker
I Giallorenzo quest'estate all'Idroscalo di Milano per Cuori Impavidi - foto di Starfooker

Dopo un’ora e mezza di chiamata, tra battute, dichiarazioni d’amore per il Friuli – dove io vivo e dove i Giallorenzo hanno fatto un paio di concerti quest’estate – e aneddoti vari, il video di Pietro si blocca proprio quando arriviamo ai saluti. Aspettiamo un paio di minuti ma niente da fare, la connessione è saltata. L’ennesimo problema tecnico, come se servisse a confermare lo splendido spirito caotico dei Giallorenzo.

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L'articolo Giallorenzo, ora sì che Milano è davvero un posto di merda di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-11-14 09:00:00

Tag: album

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