Allison Run, la cometa psichedelica che non si estingue mai

"Walking on the Bridge" è il box che raccoglie l'opera omnia della band di Amerigo Velardi, che ha negli anni '80 ha innescato la seconda ondata del genere in Italia. Grazie a una scia lunghissima e luminosa, cui negli anni sono stati debitori il dream pop, lo shoegaze e numerose altre correnti

Gli Allison Run
Gli Allison Run

Ogni tanto rialza la testa. Quando le va, come ha sempre fatto del resto. Dopo un exploit negli anni Sessanta, da tempo vive isolata dal mondo; a volte torna a visitarlo, lo guarda di tre quarti accovacciata a una finestra e poi se ne ritorna nel suo. Un percorso artistico e intellettuale strano, atipico, quello della neo-psichedelia rock, italiana ma non solo. Un percorso che si riesce ad avvicinare, nelle sue linee essenziali, solo a quello di un altro grande genere eretico come il punk-hardcore.

La copertina di
La copertina di

E se oggi possiamo fare affidamento a band come i milanesi Giöbia e i padovani Il Fulcro, a dimostrazione di come lo spirito continua – giocando ancora col parallelismo HC – in un caleidoscopio di stili e personali adattamenti alla materia, è grazie al lascito di formazioni come i pisani Birdmen Of Alkatraz, i romani Magic Potion o, i brindisini – bolognesi d'adozione – Allison Run: autori, nella metà degli anni Ottanta, di quella che a tutti gli effetti può essere definita la seconda onda psichedelica all'italiana. E proprio di questi ultimi, Walking On The Bridge, in uscita in questi giorni su Spit/Fire, Spittle Records e Goodfellas, ne compila l’intera discografia in un box-set in triplo CD, con un ricco booklet di 24 pagine.

Quando uscì il demo di sette tracce di Lost In a Circle, nel tardo 1985, il genere era ancora agli inizi su scala mondiale e ancora ben poco di quanto stesse accadendo in Inghilterra o in America era già ampiamente filtrato in Italia. I Dukes Of Stratosphear, con il loro sound a metà strada tra il tributo e la parodia, esistevano da solo un anno e gli echi dei Teardrop Explodes si erano mutati nei pastiche del primo Julian Cope solista. A posteriori – e pur con molti distinguo – il debutto degli Allison Run venne collocato in quella scia, ma in realtà l'appartenenza musicale e generazionale del co-fondatore e tuttofare del progetto, Amerigo Verardi, era più quella del rock decadente di Lou Reed, Durutti Column e Joy Division – una loro cover di Ceremony avrebbe visto la luce all’inizio del 1990 nel tributo Something About Joy – che alla nuova onda psichedelica, di cui denotava soltanto l'inclinazione sperimentale.

La loro traiettoria musicale era peraltro perfettamente inserita nel contesto; quella di una generazione che si distaccava dal classico cantautorato impegnato e/o intimista iniettandolo con novità che provavano a dare all'Italia un linguaggio internazionale. Pensare in tal senso di accostarli ai Sick Rose o ai Not Moving immagino sia più consono rispetto ai soliti Pink Floyd o Beatles in salsa Sgt. Peppers di circostanza - che avranno modo di affiorare, ma più in là.

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Resta comunque che quando si pensa alle meteore della neo-psichedelia di casa nostra uno dei primi nomi che viene in mente, in tempi relativamente recenti, è proprio quello degli Allison Run. Fate la prova, se volete, e chiedete in giro a qualche over-quaranta. Io l'ho fatto proprio prima di iniziare a scrivere queste righe, riportando alla memoria di un mio collega un concerto a Catania, in un giorno imprecisato del 1989, o forse 1990. Mentre, in tempi non sospetti, era successo lo stesso in uno scambio di battute con il grande Franco Bolelli, redattore di Gong e fondatore di Musica 80, che purtroppo ci ha lasciato di recente.

Un disco per consacrarli, God Was Completely Deaf, preceduto da due mini-lp e una manciata d'inediti inseriti in compilation o in riviste dell'epoca. Un successo discreto e crescente sia di pubblico che di critica – ben descritto da Federico Guglielmi nel libretto interno – e poi il nulla. Nell'unico album la formazione è allargata, dopo anni di impenetrabile triumvirato: la band comprendeva, con Amerigo nelle vesti di cantante e polistrumentista e i fidi Alessandro Saviozzi (chitarra) e Mimo Rash (batteria, percussioni), il bassista Umberto Palazzo e il tastierista genovese Sado Sabetta, accreditato anche al mandolino e ai cori.

Il perno e il principale scrittore di tutti i pezzi rimane lui, Amerigo Verardi. Ed è a lui che si deve fare riferimento anche per il fatto che il gruppo non si sia mai ufficialmente sciolto, nonostante lo sia de facto dal 1990, senza pubblicare più nulla. È lui tra i progenitori di fermenti in futura ascesa come il dream-pop, lo shoegaze o il trip-hop a queste latitudini.

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O meglio, è l'anello di congiunzione tra la generazione dei padri e quella dei figli: gli Allison Run riprendevano dalla prima soprattutto la fascinazione sixties, portandola agli estremi con un suono e una scrittura che sembravano estratti a forza dai dischi di Syd Barrett, ma ricondotti alla semplicità birtish più cool – la copertina di All Those Cats In The Kitchen faceva impallidire dischi più titolati sulle pagine di Mucchio Selvaggio e anche oggi darebbe filo da torcere a gente come i My Bloody Valentine – ed eseguiti secondo un appeal soffuso e avvolgente, con un occhio rivolto al post-punk, che allora non era ancora post-post-punk e quindi moda. "Psichedelia d'appartamento" venne definita all'epoca, per la natura "di studio" ma anche "fantasmatica" del progetto.

Amerigo e soci avevano una bella vena e questo mastodontico box ne da un saggio persino troppo esaustivo: oltre quanto già accennato, c'è l'omonimo 12” del 1988, ci sono tutti i singoli e le b-side, i demo privati e un intero concerto tra i pochi suonati per la penisola. "Non siamo un gruppo che ha una immagine pubblica", diceva la band di sé stessa a Firenze nel 1990. "Non abbiamo cercato di crearla, facendo anche poche interviste. Non abbiamo fatto concerti perché volevamo essere noi prima pronti. Alla fine questa assenza ha giovato".

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Il bello è che, nel diluvio di psychedelic rock e svisate che oggi si potrebbero dire indie, la varietà è veramente massima e fornisce un ritratto di una formazione capace di molto più rispetto a quanto esposto nel pur ottimo materiale edito. I classici sono Allison, All Those Cats, She's Walking On The Bridge e Ballad Of Mr. Twist, le citazioni auliche – Federico Fellini – o palesi – Tim Buckley –, ma troverete un mucchio di altri pezzi capaci ancora di colpire per immediatezza e forza comunicativa: una vera sorpresa. Sarebbe stato un vero peccato se tutto ciò si fosse perso nel nulla.

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L'articolo Allison Run, la cometa psichedelica che non si estingue mai di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2020-11-20 13:47:00

Tag: album

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