Uhuru Republic, il Kilimanjaro è a un beat di distanza

Tra l'Italia, la vetta della montagna africana e le merci del Kariakoo Market di Dar Es Salaam, il collettivo fondato da Giulietta Passera e FiloQ unisce l'elettronica con la musica tradizionale di Kenya e Tanzania. La "repubblica della libertà" è pronta ad accoglierci a braccia aperte

La Uhuru Republic sul palco
La Uhuru Republic sul palco

Quando, nel 1889, il geologo tedesco Hans Meyer raggiunse la vetta del Kilimanjaro assieme all’alpinista austriaco Ludwig Purtscheller, decise di battezzare quel punto con un nome che rivendicasse ancora di più la dominazione della Germania dell’epoca sull’Africa orientale: Kaiser-Wilhelm-Spitze, in onore dell’imperatore Guglielmo II. Dal 1964, la cima del Kilimanjaro ha un nome molto più significativo e dal profondo legame con la cultura africana: Picco Uhuru. Uhuru è un termine swahili che significa "libertà", come a celebrare l’indipendenza che Tanganica e Zanzibar – i territori che formano la Tanzania – avevano ottenuto agli inizi degli anni ’60 dal Regno Unito, che aveva soppiantato il controllo tedesco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

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Facciamo un salto di circa 50 anni: nel 2016, in Tanzania vengono chiamati FiloQ e Giulietta Passera dal collettivo di documentaristi Uovoquadrato, per realizzare una performance artistica interdisciplinare. I due rimangono talmente affascinati dalla cultura locale che, due anni dopo, tornano a Dar Es Salaam, con il supporto dell’ambasciatore italiano Roberto Mengoni, la Dhow Countries Music Academy di Zanzibar e il Nafasi Art Space per realizzare un progetto visionario e complesso: creare un collettivo artistico che unisse musica tradizionale africana con la cultura italiana e l’elettronica. Nasce così Uhuru Republic, il cui disco d’esordio Welcome to Uhuru Republic è stato pubblicato il 20 novembre scorso.

"Abbiamo trascorso due lunghi periodi in Tanzania e Kenya nel 2018 e 2019, durante i quali abbiamo formato il collettivo, scritto il nostro primo disco e molti altri pezzi e realizzato molti concerti e abbiamo realizzato una masterclass di arti visive, una mostra ed un libro d’arte a cura di Nicola Alessandrini, Filippo Basile e Lisa Gelli", ci ha raccontato Giulietta. "Siamo venuti in contatto con realtà culturali e con artisti portavoce di tradizioni molto diverse fra loro. Si è creato un un rapporto molto profondo con il territorio, le persone e la cultura della Tanzania, che intendiamo consolidare restituendo l’ospitalità ricevuta attraverso una residenza artistica in Italia per almeno due dei nostri collaboratori africani”. Per finanziare quest’operazione, Uhuru Republic ha lanciato una raccolta fondi a cui si può contribuire fino a dicembre andando su questo link.

La copertina di Welcome to Uhuru Republic
La copertina di Welcome to Uhuru Republic

Tra i musicisti italiani coinvolti, oltre a FiloQ e Giulietta, ci sono Raffaele Rabaudengo, il dj Alessio Bertallot e il producer Lorenzo BITW, di cui avevamo parlato in tempi recenti a proposito di un progetto simile. Per quanto riguarda gli artisti africani, tra i più interessanti ci sono "il Fela Kuti del Kenya" Makadem, il cantante Heri Muziki, Msafiri Zawose dei Chibite e Dbass Ganun. "C'è anche un musicista che abbiamo incontrato e che si sposa bene la nostra visione di fusione tra musica tradizionale ed elettronica: Blinky Bill. È un talentuoso produttore e cantante kenyota che sta facendo una bellissima carriera internazionale nel circuito della Global Music", ha aggiunto Giulietta.

Le undici tracce di Welcome to Uhuru Republic sono un'intrigante commistione di lingue e strumenti tradizionali, dove spiccano le affinità con il taarab, genere caratterizzato da una forte componente ritmica tribale che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni ’30. Brani come Sikitiko e Kuunda risentono particolarmente di questa influenza. “È il genere che più si avvicina alla nostra tradizione musicale. Le radici del taarab sono bantu, persiane ed arabe e gli archi sono strumenti portanti insieme al qanun (cetra a 78 corde di origine araba, ndr)". I brani sono cantati in inglese, swahili e gogo, un dialetto tribale derivato dallo swahili.

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Ma non c’è solo il qanun fra gli strumenti musicali tipici della Tanzania e del Kenya a fare la propria comparsa in Welcome to Uhuru Republic. Giulietta ci ha dato un quadro generale della strumentazione utilizzata nel disco: "I pezzi che vedono la collaborazione di Msafiri Zawose sono caratterizzati da una forte presenza di tze tze, irimba e percussioni tradizionali dell’area di Bagamoyo, Tanzania. Gala Gala, con Makadem, ha come strumento portante il nyatiti, tipico delle popolazioni Luo. Su Mimi Ni Muziki, Jungla e Here and Now abbiamo dato molto spazio a degli arrangiamenti di archi; anche violino e viola sono strumenti portanti della tradizione musicale della cultura swahili, nonché un importante punto di congiunzione fra la musica occidentale ed il taarab".

Come accennato prima, Uhuru Republic ha anche una forte componente grafica. L’immaginario visivo è frutto della residenza visiva al Nafasi Art Space nell’agosto del 2019. "La direzione era affidata a Nicola Alessandrini, Lisa Gelli e Filippo Basile con gli artisti tanzaniani Safina Kimbokota, Dismas Leonard, Ah-med 'Medy' Maubaka, Walter Simbo e Liberatha Alibalio. Tramite sessioni di disegno condiviso e serigrafia analogica, hanno esteso in modo bi-univoco ed orizzontale la fusione dei linguaggi interculturali al mondo delle arti visive".

 

Alcuni dei membri di Uhuru Republic
Alcuni dei membri di Uhuru Republic

Tutte le opere d’arte sono raccolte in un libro e in una serie di serigrafie e poster, disponibili in vendita attraverso la raccolta fondi di cui sopra. In questi artwork, un aspetto particolare è il fatto che ci siano tre colori predominanti: il blu, il fucsia e l’oro. "Tutte le immagini prodotte in Tanzania con gli artisti sono state realizzate utilizzando unicamente inchiostro nero su superfici semi-trasparenti, per poter facilmente impressionare i telai serigrafici", ci ha detto Giulietta. "Ci siamo però resi conto che avevamo bisogno di trasformare in colore tutta l'esperienza vissuta. La soluzione è arrivata cercando le combinazioni cromatiche fra gli innumerevoli tessuti riportati a casa dal Kariakoo Market, il gigantesco mercato di Dar es Salaam. I colori scelti infine erano quelli che più ci ricordavano quell'enorme vibrare e squillare di odori, rumori, umanità".

Uhuru Republic è un progetto che, proprio per la sua natura internazionale, è stato bruscamente interrotto dal Covid, impedendo di far venire in Italia alcuni dei musicisti africani che hanno preso parte al disco. Nel mentre, Giulietta e soci sono intenzionati ad approfondire la ricerca iniziata su queste culture così sfaccettate e stimolanti. Per poi poter allargare ancora di più il raggio d’azione a partire dal Kenya: "La cultura del Kenya è molto sfaccettata poiché esiste ancora una forte identità di appartenenza tribale, dunque abbiamo ancora molto da studiare e condividere. Poi ci sono Nigeria, Sudafrica e in particolare l’Uganda, ha una scena artistica che ci piacerebbe conoscere partendo dal Nyege Nyege Festival a Kampala, che che raccoglie tutte le ultime tendenze della musica africana".

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L'articolo Uhuru Republic, il Kilimanjaro è a un beat di distanza di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-11-23 14:56:00

Tag: album

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