Mancha, musica vecchio stampo per giovani innamorati

Dopo i live a Bologna con il Collettivo HMCF e gli anni passati a capire chi fosse, oggi Leonardo Parmeggiani, 21 anni, ha le idee chiare: fare qualcosa di innovativo e contemporaneo, pur mantenendo uno stile old school. Tra jazz, funk, r’n’b, soul e hip hop, canzoni d’amore che fanno ballare

Mancha - foto di Lorenzo Iannuzzi
Mancha - foto di Lorenzo Iannuzzi

"Quando ascolterete la mia musica dal vivo non potrete fare a meno di ballare. Ci saranno tanti strumenti sul palco e faremo un casino", dice Leonardo Parmeggiani, 21 anni. In arte Mancha, pantaloni larghi, basco, tinte romantiche, una certa eleganza. Il suo modo di vestire dice molto sulla sua musica: un po' funk, un po' hip hop, un po' jazz, legata alla cultura black del soul degli anni '70, ma con un sound contemporaneo.

Ha due occhioni verdi giganti e sognanti, un po’ timidi, ma è la prima intervista per lui e serve qualche minuto per prendere confidenza. Risponde dalla casa del vecchio coinquilino a Milano, dove viveva prima che la pandemia lo riportasse a Bologna dai suoi, in provincia. Lì, aiutava i genitori con il loro ristorante: "Fanno una cucina emiliana (con qualche influenza modenese) eccezionale", e io ci credo. "Fare musica è stato uno dei modi più naturali che ho trovato per uscire dalla realtà provinciale in cui sono nato", dice, e credo anche a questo.

Mancha - foto via Facebook
Mancha - foto via Facebook

Inizia con la chitarra, poi comincia a cantare da autodidatta, a scrivere canzoni nella sua cameretta, e la voglia di comporre musica cresce. Finchè non entra in contatto con il Collettivo HMCF, intorno al quale gravita un’interessante scena bologneseSolo quando voglio, il secondo singolo, era già pronto: "Lo inviai a Filippo Teo Cremonini, uno dei fondatori del Collettivo, per avere un parere. Lui mi disse che c’era del potenziale e mi mise in contatto con Fonoprint, l’etichetta con cui, poi, ho cominciato a collaborare. E con cui ho fatto uscire ufficialmente il singolo il 22 gennaio 2020 per Trident Music/Polydor", racconta.

Prima, Mancha si chiamava Leon e suonava in giro per locali alle serate organizzate dal Collettivo, solo chitarra e voce: "Un progetto anonimo, a ripensarci. Ma ero davvero piccolo, non avevo ancora le idee chiare su cosa volessi fare e dove volessi andare", dice, e continua: "È stata comunque un'esperienza importante: ho suonato live all’Off di Bologna e al Covo Club, in apertura al concerto di Fosco17".

A settembre, per la prima volta come Mancha, partecipa come dj al Festival organizzato al Parco Villa Angeletti sempre dai ragazzi dell’HMCF. Poco dopo esce Crimine, il suo singolo d’esordio. Parecchio introspettivo e primo assaggio per comprendere il mondo musicale del giovane artista: "Ho riordinato in una canzone varie idee confuse e sentimenti contrastanti che erano dentro di me", spiega Leonardo.

Mancha - foto di Lorenzo Iannuzzi
Mancha - foto di Lorenzo Iannuzzi

Solo quando voglio, il secondo singolo, è invece il racconto funk e r’n’b della necessità di isolarsi da tutto e da tutti nel proprio angolo, raccogliere le energie e prendersi cura di sé. Un pezzo scritto durante un periodo in cui gli stavano capitando un miliardo di cose belle, ma tante persone riponevano troppe attenzioni e aspettative su di lui: "Allora mi sono allontanato dal mondo e ho ricercato la mia solitudine positiva, per scavare dentro di me e vedere cos’altro riuscivo a tirare fuori", dice Mancha.

Il risultato lo ascolteremo nell’album, che sarà un bel throw-back attraverso i pensieri e i sentimenti felici che il giovane artista ha raccolto nel suo periodo di transizione fuori dall’adolescenza, a partire dal trasferimento a Milano: "I brani nascono tutti dalle esperienze positive che ho vissuto in passato, ma anche nelle canzoni più spensierate si intravede una punta di malinconia", spiega, e continua: "Per questo mi chiamo Mancha".  

In spagnolo significa "macchia" e Leonardo ha scelto di darsi questo nome d’arte perchè, che siano momenti felici o tristi, sente sempre dentro di sè una macchia di inquietudine, di nostalgia: "È un sentimento che mi accompagna perennemente e che ogni tanto esce fuori, quando si fa sentire più di altre volte", spiega.

Un nome legato anche all’anno vissuto in America centrale, in Honduras, quando Mancha aveva 17 anni e frequentava il liceo: "Al tempo avevo altra roba per la testa, ma è stato un anno di vita che ha inciso molto su di me. Musica popolare, rancheras: la musica lì è una figata", e io mi immagino le strade addobbate di mariachi con i loro abiti tradizionali che suonano dal vivo.

A proposito di musica live, Leonardo pensa: "La musica dal vivo, comunque, è tutta un’altra storia". Da' una sensazione diversa, ti circonda, ti travolge, ti entra dentro: "Voglio trasferire la potenza di una tromba suonata dal vero nella musica che faccio", dice.

Mancha
Mancha

Per questo, per registrare l’album, Mancha si è chiuso nello studio bolognese Fonoprint tutti i giorni per due settimane, dalle otto di mattina alle otto di sera: "Abbiamo chiamato vari musicisti a suonare ciò che avevo composto in cameretta. Certo, la differenza tra il suono degli strumenti ascoltati dal vivo e quello catturato da un microfono è abissale, ma abbiamo cercato di mantenere un'impronta acustica nell'album in arrivo", dice. E il lavoro svolto in studio con Dario Pruneddu (produttore) e Antonio Polidoro (mix e master) va proprio in questa direzione.

Su questo Mancha ha le idee molto chiare: vuole fare qualcosa di innovativo e contemporaneo, pur mantenendo uno stile old school. "Sono fan del modo di fare musica vecchio stampo, con tanti strumenti e tanto lavoro dietro", dice. E questo è il pregio, ma anche il rischio di quello che fa: "Poiché è cambiato il modo in cui oggi si produce e si ascolta musica, la mia potrebbe risultare un po’ obsoleta. Questa è certamente una paura che ho", confessa.

Ma il rap, ad esempio, è un genere che non farebbe mai, pur ascoltandone tantissimo americano (ultimamente, a rotazione Tory Lanez e Aminè): "Ho provato a fare rap, ma non credo sia la mia strada. Preferisco altro, anche perché si deve avere una certa attitude per essere un rapper. Quel mondo lì sulla mia musica stona, anche se comunque ci sono delle influenze hip hop in quello che faccio, e in quello che sono", dice il giovane artista.

Mancha alla batteria
Mancha alla batteria

Un ragazzo che per anni ha scritto d’amore e di relazioni a distanza – con la ragazza: lei a Trento, lui a Milano – e che adesso riscopre una parte più introspettiva e svela cose di sé stesso di cui non aveva mai parlato prima. Comunque, nell’album non mancheranno canzoni romantiche, dice: "Giapponesi, la mia primissima canzone scritta in italiano, e Lunedì, sono nate da quel periodo lì e parlano di noi due".

Insieme agli altri, i pezzi completeranno un disco movimentato dal punto di vista tematico, ma anche dei generi. Sarà un vero e proprio viaggio tra vari posti del mondo, dal funk degli Stati Uniti al rock britannico, con la cultura black degli anni ’60 e ’70 sullo sfondo. E tanta voglia di ballare: "Ci stiamo preparando alla riapertura con un live che possa far divertire la gente", dice. Pronti a lasciarci trasportare dal groove?

---
L'articolo Mancha, musica vecchio stampo per giovani innamorati di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2021-01-26 15:15:00

Tag: singolo

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia