Claudio Coccoluto, decisamente più che un dj

A 59 anni se ne va dopo una malattia il re dell'"elettronica underground" in Italia. Nella vita e nella musica non ha mai smesso di sperimentare, contaminare, scuotere un mondo – l'EDM e dintorni – di cui si sentiva parte e distante allo stesso tempo. Per questo è stato un autentico "maestro"

Claudio Coccoluto nel 2010,  foto di Mario Sarago/Kikapress
Claudio Coccoluto nel 2010, foto di Mario Sarago/Kikapress

È scomparso a 59 anni Claudio Coccoluto, dj tra i più famosi in Italia da oltre 40 anni. Lascia la moglie Paola e ai figli Gianmaria e Gaia. Era nato a Gaeta il 17 agosto del 1972 e ha iniziato a stare in consolle prestissimo, a 13 anni. Nella sua vita ha fatto di tutto, dai piatti dei piccoli locali di provincia ai club più iconici. Ha avuto un programma tutto suo su Radio Deejay, C.O.C.C.O., è stato il primo dj europeo a suonare al Sound Factory Bar di New York e uno dei pochi italiani a portare avanti un discorso autentico di club culture, su cui ha sempre cercato di fare riflettere, per cui si è sempre battuto. Altrove era la normalità, da noi molto meno. Cocco non ha mai desistito. 

Sempre impegnato nella ricerca musicale, ha studiato nuovi suoni internazionali, cercando di continuo collaborazioni fuori dal mondo dell'edm e dell'elettronica. Per questo era stimato anche da musicisti pop e rock e lavorato un po' con tutti. Schierato politicamente, aveva partecipato alle politiche del 2006 con La Rosa nel Pugno, cosa altrettanto insolita per un "dj". Ma il punto è che un dj e basta Coccoluto non lo è mai stato, ed è il motivo per cui ora nei tanti commiati si legge – questa volta non a sproposito – lo parola "maestro". Era una persona curiosa e piena di passione, che con la musica aveva trovato una forma di espressione che continuava a indagare. E con cui non smetteva di confrontarsi. Anche per questo, ed è un'espressione che amiamo molto, definiva la sua elettronica "underground". 

Vi lasciamo un estratto dall'intervista di Rockit, realizzata Francesco Fusaro del 2015, in cui Claudio Coccoluto spiegava com'è cambiata la figura del dj negli ultimi 15 anni. Riteniamo inquadri meglio di qualunque altro "obituary" chi è stato, e perché la cultura italiana debba rigraziarlo

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Possiamo partire dall'idea che il dj sia fondamentalmente un grande collezionista di dischi che non vede l'ora di condividere questa passione con gli altri, che non vede l'ora di mettere quel disco particolare perché vuole entrare in contatto con gli altri per il tramite della musica?

Assolutamente. Questa è la mia definizione tipo ed è anche quello che fa scattare la molla del volere essere dj, a prescindere da ogni fine carrieristico e di successo. So che sembra una banalità dirlo ma davvero faresti questo mestiere anche se non ti pagassero, ed è questo il quid che fa di un dj un dj. Dicendo questo stiamo tracciando un solco che già esclude una bella fetta di parvenu che fanno questo mestiere perché mirano ad altro. Prendendo la mano con il djing interviene poi anche il desiderio di stupire le persone che hai di fronte, nel senso di trovare delle chiavi nella musica che possano emozionare a prescindere dalla consapevolezza che le persone che ti stanno ascoltando hanno della musica stessa. E questa è una delle mie motivazioni ormai da quasi tre decenni. Far ballare quello che tu non avresti mai pensato di ballare è l'elemento avventuroso del fare il dj.

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Cosa ne pensi mondo della edm e dei festival come Tomorrowland, che si porta dietro infinite polemiche su ciò che effettivamente facciano i dj che stanno sul palco, eccetera...

Guarda, ti posso rispondere in due modi: se quello è il dj industriale io sono un artigiano, e voglio rimanere tale. Poi posso aggiungere un'altra cosa che ho già avuto modo di dire in un post che scrissi su David Guetta, e non perché ce l'avessi con lui ma perché lui è un nome famoso in quel mondo lì: io e lui facciamo semplicemente due mestieri diversi e non trovo giusto che questi personaggi siano identificati con il nome di dj dato che quell'etichetta, come scrissi ironicamente, “era già occupata”. Voglio dire, c'eravamo già noi lì a faticare con il giradischi perciò mi viene da dire “Trovati un altro nome per definire quello che fai tu”. Fra l'altro mi sta benissimo che questi facciano quello che vogliono, e machiavellicamente non posso che ammirare il fatto che riescano a fare quei soldi con quello che fanno, però poi alla gente si confondono le idee e mi ritrovo con quelli che mi chiedono “Ma tu a coriandoli come sei messo? E le fiamme? CO2 ne abbiamo?” ...e io che cosa gli rispondo che me ne arrivo con la mia valigia di vinili e le puntine che ormai mi tocca portare sempre appresso? Perché considera che suonare con i vinili ormai è diventata un'avventura nell'avventura... Però sono cose che uno fa con il sorriso perché alla fine noi siamo delle vestali della musica: non siamo dèi ma servitori del Dio-Musica. E ci vorrebbe quel rispetto sacrale, quella forma di umiltà che uno dovrebbe avere dentro per principio.

Da parte del pubblico, la fame di contenuti di qualità in realtà ci sarebbe...

Assolutamente. Lo vedo con mio figlio che ha ventun'anni. So che le generazioni di oggi attingono a tutte le fonti possibili per cercare quegli stimoli di cui hanno bisogno. Però lo fanno in maniera caotica proprio perché non c'è una guida, e non sembra che chi programma voglia approfittare di questa fame.

Leggi tutta l'intervista qui.

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L'articolo Claudio Coccoluto, decisamente più che un dj di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-03-02 09:30:00

COMMENTI (2)

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  • ufficiostampaok 3 anni fa Rispondi

    Tempus fugit...
    A volte occorre qualche minuto in più per poter esprimere una riflessione particolarmente sentita oltre che di senso compiuto.
    Personalmente, pur non essendo un cultore del cosiddetto mondo del Dj set, ricordo la prima volta che ho sentito nominare Claudio Coccolato era oltre trent'anni fa, quando appena adolescenti imparavamo che esistevano fazioni contrapposte tra cultori dei rock e i cosiddetti "discotecari". Poi si cresce e i percorsi musicali s'influenzano reciprocamente. Pur rimanendo valide le nette le preferenze di stile, s'impara a conoscere generi e stili sgomberando il campo dai pregiudizi. Ebbene Claudio Coccoluto, che artisticamente nasceva da tutt'altro genere rispetto a ciò che in seguito avrebbe caratterizzato la sua carriera, ci ha insegnato che con l'autentica passione si può cambiare se stessi al punto tale da poter fare la differenza, finanche creando una sintonia anche tra cultori di generi e stili differenti. Con l'onestà e l'autentica passione che lo ha contraddistinto Coccoluto è riuscito ad essere stimato anche da chi non ha vissuto direttamente la dimensione della musica commerciale. Probabilmente la sua serietà professionale, che egli ha vissuto in modo spirituale tributando il meritato rispetto a ciò che egli sentiva come il Dio-musica, era tale da fare crollare qualsiasi pregiudizio nei confronti della stessa musica commerciale. A mio avviso questo è già il leiv motiv necessario per tributarlo in maniera consona, come un artista che ha segnato un'epoca lasciando un bel ricordo di sé e della sua quarantennale carriera.
    R.I.P.

  • gabvollaro 3 anni fa Rispondi

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