Descrizione

Il 13 novembre 2017 esce in digital download e nei negozi di dischi “They Can’t Cage the Light” (etichetta Weapons of Love, distribuito da Family Affair/Sounday), il primo album dei da Black Jezus, duo black-folk che nel 2014 aveva catturato l’attenzione degli addetti ai lavori con l’ep “Don't mean a thing”, segnalato tra gli esordi più promettenti e interessanti della nuova scena indipendente nazionale.

Il nuovo lavoro di Luca Impellizzeri (testi, voce e chitarre) e Ivano Amata (chitarre, synth, xilofono e drum machine) è “un disco che sviluppa un discorso di redenzione, di rinascita, che racconta la resilienza dell’uomo di fronte alla luce, tutto attraverso una costante dialettica dicotomica di opposti: l’arcaico spiritual e l’odierno synth, la legnosa chitarra folk e la ruvida batteria trap, il buio e la luce."

Nove tracce in cui si condensa l’anima dei da Black Jezus - nati nel dicembre 2012 a Troina (Enna) - fatta di campionatore, soul e folk redatti con una punteggiatura elettronica in minuscolo che amplifica la voce, particolarissima e intensa.

L’album si apre con la titletrack, “They Can’t Cage the Light”, spiritual che annuncia la colonna tematica portante dell’album: la luce oltre il buio. Prosegue con “Ways”, brano in cui la chitarra roots blues si mischia agli arpeggi di synth bass, il momento più “scuro” del disco. “You Made the Rules” è la terza traccia tra psichedelia, folk e trap. Si passa poi al primo singolo dell’album, “Dry”, un crepuscolo dark pop prodotto da John Lui (Aretuska). Il trip hop di “Don’t Mean a Thing” apre la seconda parte del disco che con “Emptiness Is You”, brano fatto di basso potente e robusti fraseggi chitarristici, comincia a far intravedere toni più chiari. A seguire una ballad harperiana, “Like Holy Water”, un ricambio d’aria di solo voce, chitarra acustica e rifiniture di elettrica. Il disco si avvicina alla fine con “A Matter of Time”, ispirata al vissuto di Martin Luther King Jr, un dolce carillon dylaniano che racconta di speranza, di come il tempo sia gentile con i buoni e impietoso coi bugiardi. E “Sometimes” è il gran finale, e non può che essere un crescendo: rhodes sporco ma onesto, drumming obliquo ed avvolgente, chitarre slide in risposta. Un eloquente falsetto gospel a chiuder battenti: è arrivata la luce.

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