Dakota Days S/t 2010 -

S/t precedente precedente

L'America, si sa, è un paese mutato profondamente nelle sue viscere, quasi irriconoscibile rispetto all'immagine che dava di sé fino ad un decennio fa. Sono cambiate molte cose: la teoria del sorriso ha lasciato il posto al più europeo "tirare a campare", il benessere ha mostrato la sua faccia più brutale, più violenta. Gli schizzi di una bolla, i frammenti di un passato. Cosa può rimanere, se non una inedita ed inaspettata malinconia?

Tra i vari pensieri che possono scorrere durante la realizzazione di un disco, probabilmente sarà passato qualcosa del genere a Robert Lippok (Tarwater, To Rococo Rot) ed Alberto Fabris (già collaboratore di Blonde Redhead e Pacifico), in arte Dakota Days. Entrambi collaboratori di Ludovico Einaudi, personaggi diversissimi tra loro, l'uno noto punk berlinese, l'altro legato ad un impronta più elettronica e sperimentale. L'irruenza e l'astratto.

Il risultato di queste due anime è un inedito dotato di una bellezza opaca e sfuggente, polveroso e luminoso allo stesso tempo, sgranato come diapositive danneggiate di una super8, evocativo come le foto del CBGB scomparso. Dietro il velo di un moderno post punk, contornato di avangarde e shoegaze, si nasconde una vena compositiva notevolissima, capace di plasmare l'insieme in modo magistrale. Un modo di catturare l'ascoltatore simile allo stile di Angelo Badalamenti, un po' "Muholland Drive", un pò "Una Storia Vera". Campi di grano e strade buie. Una metafora della vita, una metafora americana. Nel meraviglioso immaginario di questo album, una tiepida serata primaverile può avere il sapore tutto lennoniano di "Sinners like us", "Sometimes" la stessa densa umidità dell'Edimburgo post-industriale vissuta dai Josef K, "Autumn of" l'aura eterea della languida Birmingham descritta dai Felt.

Come partire dall'America per raggiungere gli umori di un occidente sempre più solo e stranito. Un album meraviglioso, da ascoltare durante le rare piogge estive. Una goccia che scende lungo il vetro, di quelle che possono sembrare lacrime, attraverso cui il mondo circostante assume forme strane, sebbene reali. Una pura dimostrazione di classe, da cui tanti dovrebbero attingere.

---
La recensione S/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-04-26 00:00:00

COMMENTI (3)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia
  • gtube 14 anni fa Rispondi

    i Migliori!!

  • tupstudio 14 anni fa Rispondi

    Assistito ad un loro soundcheck...gran classe.

  • pons 14 anni fa Rispondi

    Mi piace