Ministri Fuori 2010 - Rock

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Un disco cerebrale e poetico, in cui l'intensità da garage band si piega parzialmente ad un'attitudine più cantautorale e riflessiva

Evolversi per confemarsi. Crescere senza invecchiare. Stupire ancora senza reinventarsi da zero. Era questa la sfida che i Ministri dovevano vincere, per rivendicare definitivamente il ruolo di migliore gruppo rock italiano del nuovo corso. Ce l'hanno fatta? Quasi. Chi si aspettava l'ennesimo disco di chitarre e furore, resterà probabilmente deluso. Stavolta i Ministri non lanciano slogan, non sollevano i pugni al cielo e non inneggiano alla rivoluzione armata. D'altronde era difficile tenere ancora quel tenore sovversivo senza scadere nella retorica.

"Fuori" è, a suo modo, un disco cerebrale e poetico, in cui l'intensità da garage band si piega parzialmente ad un'attitudine più cantautorale e riflessiva, sia nelle tematiche, sia nelle ricerca sonora. Certo, parliamo sempre di rock, col cuore sanguinante, la fronte sudata ed il fango sui vestiti, ma l'approccio è cambiato, molto. Anzitutto nei suoni: senza dubbio il primo disco dei Ministri registrato e prodotto come si registra e produce un Disco. Questione di maturità, esperienza. Chitarra, basso e batteria sono sempre lì, ma intorno ora c'è un paesaggio sonoro tutto nuovo. Le batterie elettroniche, deludenti e spiazzanti a primo ascolto, diventano una piacevole novità capace di dare quel tocco paraculo mancante, senza compromettere la credibilità. Le tastiere da new wave d'altri tempi, che, superato il primo impatto da "mettiamoci qualcosa di nuovo", si rivelano arricchimento vero. E migliori rispetto al passato sono gli arrangiamenti tutti, a tratti persino raffinati. Le melodie si aprono, si colorano e diventano limpide anche nei momenti più cupi, strizzando intelligentemente l'occhio al pop. Meno rabbia primordiale, più attenzione ai dettagli. Una varietà stilistica che spezza la tendenza monotematica da anni novanta. Davide Autelitano canta come prima, meglio di prima, cavandosela tanto nelle solite sfuriate, quanto nelle nuove ballate emozionali. E la qualità media di tutto il disco è superiore probabilmente a buona parte di ciò che avevano creato in passato.

Rock italiano con a tratti il retrogusto, buono, da NME vecchio stampo. I Ministri si mettono in gioco con coraggio, cambiando parzialmente registro e mischiando nuovi riferimenti, tra rock, grunge, pop, elettronica e canzone d'autore. A mancare sono però quelle vette emotive che urlavano nello stomaco e spingevano a bestemmiare di entusiasmo, rendendo i loro brani degli inni generazionali. C'è meno identificazione, meno rivendicazione. Sia nei testi, sia nella furia strumentale. Le belle canzoni ci sono, ma la pelle d'oca non scatta per chi aveva amato gli squarciagola degli esordi. Sarà perchè lo sguardo alla realtà è più riflessivo, con meno voglia di litigare con tutto e tutti. Sarà perchè si osserva di più e si combatte di meno, dismettendo le divise napoleoniche a favore di abiti più ricercati.

Un allontanamento probabilmente voluto dai temi del passato, che li rende sicuramente più fruibili, più gradevoli, ma il venir meno di bersagli espliciti e di quella furia senza compromessi toglie parte del fascino che li rendeva unici, facendone eroici rappresentanti musicali di un momento storico. Resta il fatto che i Ministri continuano a tracciare un percorso prezioso e unico nel panorama contemporaneo di casa nostra. Onesti e sinceri. E' ormai chiaro che non avranno mai l'hype maledetto del Teatro degli Orrori o il fascino alternativo dei Verdena. Non sono i nuovi Afterhours e non vogliono esserlo. A livello di scenario e di "posizionamento" da rock band italiana, forse il parallelo più vicino, per quanto estremamente lontano artisticamente, è quello con i migliori Timoria. "Fuori" per certi versi rappresenta quello che fumosamente e banalmente potrebbe essere definito un "disco di transizione" verso una nuova identità. Un disco di transizione che molte band sognerebbero di scrivere.

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La recensione Fuori di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-10-18 00:00:00

COMMENTI (16)

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  • calogero 9 anni fa Rispondi

    vorrei vederti soffrire è bellissima

  • ematomablues 13 anni fa Rispondi

    ehhh. chi sei...?

  • glialtri 14 anni fa Rispondi

    All'inizio mi puzzava parecchio sto album, ma dopo qualche ascolto mi è entrato in testa di brutto. Ok, ci saranno dei pezzi un po' sottotono ma ci sono anche altri (ad es: una questione politica,mangio la terra,noi fuori,gli alberi) che reggono tranquillamente il confronto con gli altri album..in ogni caso aspetto di vederli live a genova per un ulteriore giudizio! Comunque a mio parere questa è una gran recensione, dice tutto quello che c'è da dire, bravo!

  • emilianocalori 14 anni fa Rispondi

    Premetto che l'album non mi ha convinto fino in fondo, ne' per arragiamenti, ne' per testi.
    Pero' dal vivo l'album rende molto bene.
    Ho avuto il piacere di vederli un paio di settimane fa o giu' di li'. Bellissimo concerto.

  • fekkia 14 anni fa Rispondi

    ora che ho sentito il disco mi ritrovo molto nella recensione, bella! io faccio fatica con quelle batterie elettroniche e quei tastieroni, ma ne capisco il senso. di sicuro c'è il cambio di rotta, l'attitudine riflessiva/cantautorale. a me "le città senza fiumi" sembrava proprio un tentativo in quel senso: la prova generale del fare un pezzo da cantautori...certe cosine echeggiano il de andrè di spoon river, a me pare. e tutto sommato preferisco quel pezzo ad altri episodi del disco di cui a stento riesco a sopportare gli arrangiamenti, tipo la petroliera o vorrei vederti soffrire

    (anche la recensione di rockol mi è piaciuta, fa delle osservazioni simili, anche se in generale gli è piaciuto di più: rockol.it/recensione-4403/M…)

  • quid 14 anni fa Rispondi

    Salvo solo i primi due pezzi, per quanto paraculi e non al livello delle migliori tracce di Tempi Bui.
    Disco piuttosto noioso.

  • evvabbe 14 anni fa Rispondi

    sul fatto che l'album sia un pò lentino e che le città senza fiumi non è certo il loro capolavoro siamo tutti d'accordo, ma da qui a dire che i Ministri hanno bisogno di un paroliere mi pare un po' esagerato anche perchè,nonostante, come ho già detto, in quest'ultimo album non brilli particolarmente,Federico Dragogna secondo me è uno dei migliori autori al momento!ha davvero qualcosa di geniale nello scrivere e una capacità di analisi che appartiene a pochissimi.

  • silicio 14 anni fa Rispondi

    Rispetto i Ministri e tutti i loro fans ma a parer mio avrebbero bisogno del supporto di un paroliere.

  • faustiko 14 anni fa Rispondi

    Ecco... appunto! E' che un pezzo così proprio non te l'aspetti da una band che ha scritto "Diritto al tetto" (oltre alle tante altre...). Ok, non è sempre facile scrivere inni generazionali, però questa è proprio brutta...



  • entropica 14 anni fa Rispondi

    Fa sempre paura vedere una delle band rivelazione degli ultimi anni prendere una brutta direzione. Ma almeno l'hanno presa con classe e per ora il disco è carino.
    Resta inteso che "Le Città Senza Fiumi" è la peggior canzone che abbiano mai scritto e alcuni momenti sono missati proprio male a livello di sound (vedi i momenti più aggressivi di pezzi come "Che Cosa Ti Manca"), però in quanto a brani e a testi il livello è molto buono.
    Preferisco, in ogni caso, il primo disco. Ottimo sforzo, live spaccheranno di sicuro anche in questo tour.