Sick Tamburo A.i.u.t.o. 2011 - Rock, Alternativo

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"A.i.u.t.o." è il secondo disco dei Sick Tamburo. Una conferma e un rilancio. A big step forward per Gianmaria Accusani ed Elisabetta Imelio

Dunque sì, il ritorno dei Sick Tamburo. A due anni di distanza dal primo album esce “A.I.U.T.O.”, ovvero “Altamente Irritanti Umane Tecniche Ossessive”, e c’è qualcosa di nuovo. Accanto alla cifra stilistica della band, fatta di certe tensioni monocorde che non si risolvono e ripetizione cronica di parole e suoni, spuntano giri melodici e un’espressività del linguaggio attraverso linee vocali più articolate, grazie anche all’interpretazione di alcuni brani da parte di Gian Maria Accusani. Proprio in questi ultimi sta la forza di questo disco: “La mia mano sola” e “E so che sai che un giorno” sono episodi di slanci amorosi e coinvolgimento emotivo. Vogliamo essere espliciti? Sono davvero belle. La voce di Mr. Man graffia pure ne “La canzone del rumore” che in realtà, nonostante il titolo, a parte sorde percussioni sintetiche è musicalmente scarna e minimale, e in “Magra” dove fa suo lo stile di Elisabetta Imelio, metallico robot tra loschi figuri in passamontagna, scatti rigidi e freddezza.

Ma c’è qualcosa di nuovo anche nei pezzi della Boom Girl: passi già noti in “Finché tu sei qua”, “Televisione pericolosa” e soprattutto in “Si muore di Aids nel 2023”, tormentone da heavy rotation che in qualche modo potrebbe identificarsi, sul piano di hit in potenza, come il nuovo “Il mio cane con tre zampe” nonostante l’ovvia differenza nelle liriche; ma non è tutto scontato, no, c’è la sorpresa di “In fondo al mare”, morbida e lontana dalla matrice ipnotica che conosciamo, e la notevole “Con le tue mani sporche” che spiazza per inattesa intensità e pienezza sonora. Figure retoriche di ritmo e costruzione chiudono il lavoro con “Aiuto Tamburo”, una sorta di firma in calce dove la reiterazione insistente delle parole è tale da privare il testo di qualunque significato.

Occorre riconoscere ai Sick Tamburo una capacità di evoluzione che francamente non ci si aspettava, perché è difficile evidenziare un margine di cambiamento (leggi miglioramento) nell’immaginario statico e duro che avevano creato all’esordio: i testi diventano frasi, diventano l’amore e il ripensamento, il dito puntato sotto forma di divertissement, la critica e la presa d’atto, come restano d’altronde la frustrazione e il veleno, e tutto si sviluppa su un tappeto di elettronica, che non perde gli effetti di un tempo, ma aggiunge stimoli differenti andando oltre i riff cadenzati e ciclici di sempre. Sarò sincera, ero un po’ prevenuta perché il disco precedente non mi aveva convinto, ma qui ci sono ottimi spunti che permettono ai Sick di abbandonare (anche se non del tutto, e ci mancherebbe) i vecchi cliché e costruirsi un’identità più solida e versatile. A big step forward.

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La recensione A.i.u.t.o. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2011-11-22 00:00:00

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