Niccolò Fabi Ecco 2013 - Cantautoriale

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Un disco complesso, sofferto, riflessivo. Fabi dà prova di maturità

Questa volta non si può prescindere dai fatti personali. Non che di solito lo si possa fare, essendo la musica nel migliore dei casi arte, urgenza, specchio della propria interiorità, ma forse questa volta quello che di solito rimane nell’ombra pesa di più. “Ecco”, la settima fatica discografica di Niccolò Fabi, è impregnato definitivamente di quella drammatica vicenda che lo ha colpito in un giorno d’estate del 2010. Sin dal titolo appare chiaro che con questo disco Fabi ha inteso porgersi, mostrarsi, completamente: “Ecco” sembra dire proprio questo. C’è molta prossemica in questo titolo. Gesti generosi, uscire fuori, ma anche mettere punti, chiudere parentesi, andare a capo. Come quando ci si sfoga e si urla e si dicono tante cose che magari non si pensava nemmeno uscissero e invece sono più forti loro ed eccole (!) e ancora arrossati e un po’ senza voce si dice ecco, questo è tutto.

La scuola romana a cui da sempre appartiene Niccolò Fabi si sente chiaramente, come in tutti i suoi lavori precedenti, ma oltre a questo, si nota anche una sorta di ricerca, un guardarsi indietro. Ma anche un guardarsi dentro e un guardarsi intorno, quasi ad alternarsi. Le undici tracce che compongono l’album infatti scivolano via fluide e unite da un unico discorso ma declinato in più modi. Le cose che non abbiamo detto riporta a Lucio Battisti e a Ivano Fossati; in “Sedici modi di dire verde” troviamo la lezione di Ben Harper, tanto cara a Fabi e per questo la si sente serpeggiare lungo tutto il disco. Una sorta di gioco tra presente e passato che lo coinvolge tra l’arabeggiante “I cerchi di gesso” della sua infanzia e il suo essere ora, oggi, uomo in Una buona idea e nella silvestriana “Lontano da me”. Il guardarsi intorno, dicevamo prima, e allora ecco “Io”, critica all’egocentrismo e all’individualismo dilaganti nella società; “Indipendente” (dove con ironia si accenna al “politico che con forza rivendica l’autonomia dallo stato centrale”) e “Verosimile”, dove tocca al web e alla vanità fatta di social network e di quei famosi 15 minuti di celebrità “il vostro mondo non esiste quando salta la corrente”. Nel frattempo è “Elementare” che fa stringere il cuore, così come la già citata “Sedici modi di dire verde”. Il disco si conclude prima con la strumentale Indie, che ricorda molto qualche pezzo coldplayano, quando ancora le canzoni dei Coldplay era giusto ricordarle, e infine con “Ecco”, che da sola distrugge e riappacifica come può fare un temporale estivo sulla spiaggia.

L’“Ecco” di Niccolò Fabi è dunque un disco complesso, sofferto, riflessivo ma anche maturo, che non si lascia andare a strizzate d’occhio troppo piacione come avrebbe fatto qualcuno, ma irrimediabilmente intriso di esperienze dure, che però fanno crescere e andare avanti.

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La recensione Ecco di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-02-28 00:00:00

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