Diaframma I giorni dell’ira 2002 - Rock, Punk, New-Wave

I giorni dell’ira precedente precedente

Incurante di chi lo vorrebbe con ciuffo penzolante a cantare ancora di ‘ghiaccio e silenzio’, ‘juke-box umano’ di un passato che invece bisogna ‘colpire al cuore’, o di chi si aspetterebbe da lui un album con una produzione e una visibiltà che finalmente rendesse giustizia al talento che ha, sfoggiando grinta e do-it-yourself che manco i Fugazi, Federico Fiumani prende a schiaffi la realtà che si trova davanti e continua dritto per la sua strada.

“I giorni dell’ira”, album che a mio avviso sta un gradino sotto al precedente e bellissimo “Il futuro sorride a quelli come noi”, ci mostra un musicista che non vuole saperne di alzare ‘bandiera bianca’ al pari di tanti della sua generazione, forte di una consapevolezza poetica e formale nell’arte dello scrivere canzoni che ancora lo vede protagonista, nonostante le attenzioni e il trend alloggino da un’altra parte.

Come tutti gli ultimi dischi dei Diaframma, questo è uguale e allo stesso tempo diverso dagli altri, nel senso che così come è immediatamente riconoscibile la sua cifra stilistica, in modo altrettanto evidente balza all’attenzione dell’ascoltatore la ricerca di un sound diverso. Per questa volta chorus, tastiere e reverberi sono messi in soffitta, preferendo a questi ultimi chitarre distorte e un missaggio dove la voce si mischia con gli altri strumenti senza soffocarne impatto e ‘groove’.

Da buon artigiano del 4/4 pop, Fiumani mette in fila le sue nuove 12 canzoni che quando sono infettate dall’ispirazione pura (almeno cinque dodicesimi del disco) dimostra ancora di non avere rivali ed è difficile davvero rimanere insensibili al binomio vincente ‘energia+melodia’ de “I giorni dell’ira” o alla superba atmosfera di “Sua maestà”.

in coda o in mezzo ai pezzi poi ci infila dei solo da verlaine scoglionato quasi a voler spezzare un lirismo altrimenti sempre presente. c’è chi non ha mai sopportato le sue acrobazie vocali, chi ha sempre visto (a torto) nelle sue liriche non un autobiografismo universale ma autoreferenzialità a gò-gò, ma anche i più scettici una volta dovrebbero avvicinare orecchie e cuore ad un disco dei Diaframma: la disarmante crudezza con la quale il Nostro uomo si specchia della sua poesia, nella sua musica, scuote più di ogni cosa prodotta dal nuovo ‘fenomeno rock di turno’.

Come direbbe qualcuno molto più bravo di me a scrivere di musica “Federico è capace di sognare e raccontarci quello che vede. Ora come qualche anno fa”.

Mi piace il suo camminare male su strade sconnesse.

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La recensione I giorni dell’ira di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2002-12-19 00:00:00

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