Escape [Veneto] s/t 2002 - Rock

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Buon lavoro questo degli Escape, che si contraddistingue innanzitutto per la registrazione e il missaggio direi quasi ineccepibili, con suoni chiari e distinti e ogni strumento messo dove deve stare. Questo non sempre vale per la voce, che anzi spesso è sotto il livello degli altri strumenti e finisce per confondersi fino a rendersi impercettibile; non so fino a che punto questo sia voluto, ma del resto non dispiace.

Anche dal punto di vista degli arrangiamenti è stato svolto un lavoro molto attento, considerata anche la difficoltà di gestire uno strumento come la tromba, della quale comunque a mio giudizio si poteva fare un uso più discreto e che invece si ritrova presente in tutti i pezzi non sempre con risultati esaltanti. Al contrario contribuisce ad appesantire il quadro ogniqualvolta abbandona l’ottimo lavoro chiamiamolo ‘decorativo’ di sottofondo e va a cercarsi spazi di primo piano.

Ma su questo buon lavoro grava un’ombra non indifferente, e cioè la voce del cantante; che richiama in maniera esagerata quella di Manuel Agnelli sia nel timbro che nell’intenzione, purtroppo talvolta - al limite della parodia, come nel caso dell’iniziale “Pochi metri sopra”. Il risultato di questa eccessiva somiglianza è inevitabilmente una grossa perdita in termini di personalità, ed è un peccato tanto più che per il resto il demo è buono. Sono due canzoni in particolare a spiccare: “Alla fine”, che si apre con una trama di pianoforte disturbata da rumori di sottofondo dove più avanti si inserisce una tromba struggente, è un pezzo romantico e dolcissimo con atmosfere rarefatte alla Radiohead di “Ok computer”. La conclusiva “Vuoti d’aria”, invece, riporta agli ultimi Afterhours, raggiungendo un notevole livello di intensità emotiva (peccato che la voce sia più che mai sommersa dagli strumenti) e abbandonandosi a uno splendido finale piano-tromba-chitarra che è a mio giudizio la cosa più bella del disco.

Per forza di cose gli altri pezzi sono meno incisivi: “Pochi metri sopra” ha una melodia orecchiabile ma niente di più, mentre “La strada di polvere” è un pezzo quasi rhythm & blues, ma ripetitivo ed eccessivamente autoindulgente. “Andata & ritorno” è un trip sintetico un po’ Subsonica, con la tromba che svolazza schizzata e “Dormirei” alterna una chitarrina wah wah che ricorda i Timoria di “Senza far rumore” a un ritornello tirato e lievemente barocco.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-03-23 00:00:00

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