Lucertulas Anatomyak 2014 - Punk, Psichedelia, Noise

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Soffocare

Avevamo inserito i Lucertulas nella compilation “Non avere paura di fare casino proprio adesso, dai”, sia per una questione di sound che di attitudine. Erano sporchi, sputavano riff dissennati, bassi distorti, deformi. L'attitudine post-hardcore nel nuovo “Anatomyak” resta invariata, al contrario del sound, che vira verso nuovi lidi senza rinunciare nemmeno a un grammo di furia.

Una produzione più pulita rende più distinguibili a un primo livello le chitarre, che oltre a riff pesanti come massi in caduta libera, si aprono a sdrucciole trame post-grunge (“A good father”), che diventano veloci e pungenti in “The sailor”, traballanti e sinistre in “Sickness”, un vero incubo anfetaminico col basso distorto, cattivo e ignorante. Spinge ancora sulla loro anima più noise, à la Shellac, “Beggars”, mentre la strumentale “7” e “Caronte” tirano fuori la parte psichedelica del gruppo, con riff-mantra ipnotici e spiralati, martellanti, a costruire un marchingegno a orologeria che si ingrossa ad ogni ostinato: delle macchine così perfette da poter parlare di math rock senza recriminazioni.
Arrangiamenti e atmosfera molto '90s, così come la voce, che sì, urla e distrugge, ma tesse melodie più incanalate, controllate, qualche volta quasi canta (“A good father”). Bisogna fare i conti con Cobain, con cui si condivide anche un senso di malessere che getta un'ombra scura su tutto il lavoro: i testi. La famiglia sembra essere un punto fermo, su cui si innestano le storie di autoviolenza e disperazione, da un rapporto padre-figlio incapace di risolversi anche in punto di morte, al marinaio che si lascia andare nella tempesta e non ricorda più i volti di suo figlio e di sua moglie, e infine la coppia, nido di disgustosi rancori e dipendenze (“you were plunged into me / like the nose of a syphilitic […] my sickness / we share the same breath”).

Il risultato è soffocante, angosciante, per certi versi così tangibile da lasciare una sensazione fisica, dolorosa. Un disco forte, nervoso, materiale. Si sentiva il bisogno di un altro po' di casino.

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La recensione Anatomyak di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-26 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • bisius 10 anni fa Rispondi

    Bomba. Belle le infiltrazioni grunge qua e là. Caronte poi spacca in due il cervello, sembrano i MoRkObOt gettati in pasto a Steve Albini. Yolla!

  • peevpeev 10 anni fa Rispondi

    una motosega di album.

  • macinadischi 10 anni fa Rispondi

    macinadischi.altervista.org/