La Monarchia Parliamo dieci lingue ma non sappiamo dirci addio 2015 - Rock

Parliamo dieci lingue ma non sappiamo dirci addio precedente precedente

Bell'album rock a cui manca solo una scintilla creativa nuova per essere notato

Si potrebbe dire di "Parliamo dieci lingue ma non sappiamo dirci addio" che è un disco splendido, potente, di forte impatto musicale, capace di smuovere una porzione della scena musicale italiana e aprire nuove strade. Sta di fatto però che il primo lavoro dei toscani La Monarchia richiama nella mente moltissimo di già sentito in molte band di rock underground da dieci, forse più, anni a questa parte.

Sia chiaro, in questo album la qualità c'è ed è alta, musicalmente la percezione di chiarezza nelle idee e nella direzione artistica intrapresa è innegabile, le canzoni sono ben suonate, arrangiate e mixate, ma non originali.
Si potrebbe parlare di "Perdere" e di "Stabilità" che sono due pezzi rock forti, con i riff belli compatti e le ritmiche serrate che ti picchiano nelle orecchie, con i testi coinvolgenti perchè veri ed empatici, con quella vena tra la rabbia e la rivincita che si aggrappa alle viscere e non ti molla più. Tutto questo se non esistessero i Fast Animals and Slow Kids.

Si potrebbe scrivere di "Sei come me" e "Ti Vedo" come di brani ottimamente composti, dove scariche chitarristiche si alternano a momenti di stallo e riflessione, con i ritornelli da pelle d'oca, esaltanti e diretti alla pancia. Sempre se non esistessero Ministri e Verdena.
"Iena" sarebbe un pezzo angosciante, che racconta di una vita annodata allo stomaco, i suoni aggressivi e tenebrosi, le linee di basso portanti per suoni di chitarra affilati, se non esistesse il Teatro degli Orrori sarebbe una traccia shock.

La Monarchia è un'ottima band, suoni e testi sono commpenetrati in un blocco unico, l'identità rock non scricchiola, anzi è fortissima, è palese la bravura tecnica e anche la ricerca di qualche nuovo suono è apprezzabile, ciò che manca è la parte creativa. La composizione dei pezzi ha troppo di già sentito, nulla fa dire: "ascolto La Monarchia, anzichè i gruppi più famosi già citati in precedenza". Le tematiche toccate, di rivalsa sulla vita, di paturnie interiori, di destabilizzazione personale, rimarranno evergreen nel mondo del rock, ma neanche questo è un fattore di distinzione sufficientemente connotante per dare risalto ad una band.

In "Parliamo dieci lingue ma non sappiamo dirci addio" ci sono un paio di brani che si mettono in luce per una questione di intensità diversa, sono curiosamente le tracce con una parte acustica, dove compaiono le note di un pianoforte che riscaldano il suono: "Insieme" e soprattutto la conclusiva "Novembre" hanno al loro interno una piccola scintilla che le rende speciali.

L'esperienza potrà sicuramente far maturare le idee di questi quattro musicisti che hanno bravura da vendere, manca solo un metodo compositivo differente, che li faccia uscire dalla sindrome da ispirazione pedissequa, che li renda una scelta negli scaffali virtuali dei negozi di musica online.

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La recensione Parliamo dieci lingue ma non sappiamo dirci addio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-24 09:50:00

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