DeadburgerS.t.O.r.1.e.2003 - Rock, Elettronica, Alternativo

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Tratto dall’inserzione pubblicitaria della Audioglobe (autore ignoto): “Un album sorprendente. Attivi da anni nei territori di confine tra rock e elettronica, i fiorentini Deadburger con questo lavoro spiccano il salto. Musica che esplode in un vortice di colori dove convivono chitarre acide e partiture di archi, cyber-psichedelica e jazz urbano, lacerazioni noise e citazioni beatlesiane; il tutto al servizio di un songwriting ispirato con testi (in italiano) di spessore narrativo…”.

Vi sembra esagerato? Vi sembra che difficilmente possa esistere un gruppo che sappia unire tutte queste influenze in un insieme organico? Pensate che se esistesse un gruppo del genere questo sarebbe il gruppo rock del XXI secolo? Che le veline delle case discografiche esagerino sempre il valore dei soggetti che promuovono è risaputo, ma qui si tratta di una vera e propria truffa. Con tutto il rispetto per gente che fa un onesto lavoro, fatta salva la buona fede, niente di quanto scritto sopra è vero.

Musicalmente il quartetto si avvale della collaborazione degli archi di Andrea e Gionata Costa dei Quintorigo, della tromba di Roy Paci e delle voci di Odette di Maio (ex Soon) e Paolo Benvegnù (ex Scisma), ma da qui ad esplodere “in un vortice di colori” ce ne passa. In realtà chi pratica i territori della contaminazione, dell’elettronica di ricerca, dei crossover creativi non rimane per niente impressionato da questo cd, per il semplice fatto che, se anche esiste, la contaminazione è ridotta a un formato bignami per principianti. Per il resto di jazz non se ne sente, il rumore (vero) si riduce a una decina di secondi al termine di “Autodistorsione” e, almeno per quanto mi riguarda, le citazioni beatlesiane non sono certo qualcosa di cui vantarsi.

In realtà questo gruppo non fa altro che riproporre i testi e la musica degli Afterhours con un pizzico di aggiornamento in più che possa colpire l’ascoltatore medio del 2003. Ma se devo proprio salvare qualcosa da questo cd lo faccio per “Messaggio in codice” per il semplice fatto di essere niente più che un’onesta canzone pop che non chiede nient’altro che sciorinare la sua accattivante melodia. Ma la musica di ricerca è tutt’altra cosa.

PS: L’ultima volta che ho provato ad ascoltare questo cd l’ho fatto con il lettore di un computer. Ad un certo punto il sistema è andato in crash e la musica ha cominciato a procedere per scatti molto lenti. Forse così cominciava ad essere interessante.

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La recensione S.t.O.r.1.e. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-12-24 00:00:00

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