Motorama No bass fidelity 2003 - Lo-Fi, Rock'n'roll, Punk

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Proprio ieri dicevamo di come fosse gradito il ritorno di certe sonorità (parliamo del ’77) nel rock odierno, e di come davvero si sentisse la necessità di un approccio più naif - e soprattutto più fisico! - in tanta musica. Chiariamoci: non che in questi anni fosse sparito, anzi, contaminando altri generi, persino i più apparentemente lontani (Atari Teenage Riot?); solo, era stato scansato un po’, colpa di volta in volta della California e delle sue band, della ritrovata sfera personale del punk o di quello che vi pare.

Certo la tendenza alla riemersione non è nuova, e ora si colgono alcuni dei frutti di tante scene sotterranee, band seminali, neuroni bruciati dall’alcool e cassettine (cd-r? vinili?) passate da mille mani. Anzi, ad esser sinceri, la tendenza c’è sempre stata, ma quello che è mancato forse era la nostra attenzione, quella del ‘grande’ pubblico che, come al solito, si desta solo coi colpi di cannone. La stampa ci ha fatto una testa tanta sulla situazione, riempiendoci di psicofarmaci sotto forma di superlativi e quant’altro facesse r‘n’r - tipo New York City e do-it-yourself. Ed eccoci quindi ad accorrere in pellegrinaggio alla Mecca del rock. Altro inutile trend gonfiato? Che fare? Come giudicare? E chi sono io per dirlo?

Credo avessero ragione i Sonic Youth quando dicevano che il rumore era un modo per tener tranquilli i critici ubriachi. Ma è forse colpa nostra se con la giusta distorsione, la giusta voce e la giusta attitudine si può rendere qualsiasi straccio di canzone un proiettile? Ortodossia punk? L’abbiamo persa, forse mai avuta, probabilmente mai esistita. Non sappiamo qual è la scelta giusta, e probabilmente non ce ne frega nulla. Inutile scartare le mode, i preconcetti, accettare tutto per come viene; forse è questo il modo più sano per giudicare. Perché per apprezzare questo disco bastano le orecchie, un cervello e quel paio di ormoni che avete conservato con tanta cura.

Perché questo è un altro ‘bel’ disco rock, grezzo, dai suoni violentati sino all’osso, dal feeling di una carezza sul cemento. Formazione scarna (niente basso!), produzione di Bugo (altro campione di suoni asettici e sinteticamente cristallini), risultato al fulmicotone (provate brani come “77”, “Nag” o “Spastic song” e poi ditemi). In sostanza melodia e attitudine, grinta e feeling.

Perché le Motorama hanno sfornato un disco degno di questo nome. Perché la band romana ci ha messo tutto quello che volete (rock, garage, lo-fi). Un disco punk, sporco e semplice come dev’essere: ecco perché ci piace.

Soltanto questo. E a noi basta.

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La recensione No bass fidelity di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-02-07 00:00:00

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