StudioDavoli Megalopolis 2004 - Pop, Indie, Lounge

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“E bravi gli StudioDavoli!” -dice Giovanna da Palermo- “la loro freschezza lounge li rende gradevoli per ogni momento della giornata.”
“Mi fanno venire in mente certe vecchie pubblicità, tipo quella dei biscotti di quando ero piccolo.”
“A me ricordano le colonne sonore dei ’60, tipo Umiliani, o anche i primi film di Fantozzi!”- chiosano Marcello da Voghera e Silvano da Napoli.

“Li vedrei bene alla Notte Vidal del Link”- dice la giovane Maria Chiara di ritorno da una lezione del DAMS.

“Su Mtv non li ho mai visti”- dice Gaetano, quindicenne da Milano.

“Fanno molto vacanze a Cortina, non so se rendo, con quell’aria très chic, molto anni ’60, molto slalom gigante & Champagne!”- aggiunge Filippo da Rimini.

“Cazzo! Sembrano gli Air che flirtano con Beck, in vacanza coi Radiohead a casa degli Stereolab!”- afferma un timido anonimo.

“Sono molto interessanti! Hanno una freschezza non comune, che sa di altri tempi, di altri suoni, di altra estetica. Rinvigoriscono il pop, cosiddetto indie, tuffandosi senza remore in un mare vintage, fatto di organetti analogici, sinth, chitarre acide, la voce di Matilde poi è perfetta, sensuale, a tratti scostante, malinconica, in alcuni casi sognante.

Dimostrano un’urgenza comunicativa notevole, vanno subito al nocciolo della questione e sfornano alcuni gioiellini, che per poco non fanno gridare al miracolo! “Gate must be negative transition” ad esempio è talmente bella da sembrare irreale, mentre “One day” che potrebbe ricordare i Telepopmuzik, nasce da un prologo jazzato (“One day before”), che toglie ogni dubbio sull’abilità del gruppo nel plasmare atmosfere evocative senza tempo.

Gli StudioDavoli dimostrano di amare senza riserve i propri pezzi e li curano con la dolcezza, l’allegria e la malinconia con cui si cura un bimbo o un cucciolo: li cullano, li fanno giocare, spiegano loro le cose della vita: come essa sia veloce, sfuggente, colorata e piena di alti e bassi.

Certo, il rischio di farsi prendere la mano è dietro l’angolo e, forse, alla fine dei conti, la carne messa al fuoco è un tantino eccessiva: non si rischia l’indigestione, intendiamoci, ma una sorta di assopimento che fa perdere la bussola, in una “nebbia lounge” un po’ troppo fitta: qualche “vavadà” in meno forse non guasterebbe, anche se “Abatjour” è un’altra delle perle del disco.

Un ottimo disco,in ogni caso, che appartiene al giorno e alla notte, alla veglia come al sonno, al relax come al divertimento.”
…afferma Nicola da Brescia!

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La recensione Megalopolis di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-04-26 00:00:00

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