C+C=Maxigross Fluttarn 2015 - Psichedelia, Pop

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Un volo verso l'alto che conferma, ancora una volta, la bellezza di una leggerezza credibile

Ormai sappiamo che i C+C=Maxigross sono fatti di una plastilina variopinta che profuma della terra della Lessinia e delle sfumature di tutti i suoi colori. Abbiamo imparato a conoscerli in un percorso variegato, intrapreso con successo tra il folk più sincero e un’importante componente di psichedelia. Dopo sette anni dall’avvio del progetto, con “Fluttarn” si chiude la trilogia dei dischi registrati nella casa di montagna del gruppo a Vaggimal, sui monti sopra Verona. Per i C+C questo ha sempre voluto dire sapere bene da dove partire per mescolare tutte le influenze del mondo esterno. E mai come ora sono davvero tutte: quelle di tutta la musica ascoltata, quelle dei numerosissimi concerti in Italia e all’estero, quelle di tutta l’umanità che hanno avuto modo di incontrare e che in parte (e che bellissima parte) hanno voluto accanto a sé in questo lavoro. Una linea guida ce la forniscono già loro, con un titolo inequivocabile che ancora una volta recupera il cimbro, lingua germanica arrivata sui monti lessini nel Medioevo e attualmente conosciuta ancora solo da qualche decina di persone, per descrivere l'ultima tappa di un percorso che mai si è fatto più etereo.

E così, dopo il cantare collettivo di “Singar” (2011) e il rumoreggiare di “Ruvain” (2013) arriva “Fluttarn”, inno di uno spensierato quanto epico fluttuare: a introdurci è una meravigliosa apertura a cappella che è un’elevazione solenne e preziosa, quasi un canto antico e segreto, la formula magica invocata prima del lancio oltre le nubi di “Born Into It”, cantata da Marco Fasolo dei Jennifer Gentle, e della celebrazione solare di “Bruce Skate”, la cui coda strumentale lascia spazio a derive di barrettiana memoria. E sul Sole rimaniamo ancora per un po’, rimbalzando dal pop beatlesiano di “Every time I listen to the stones” alla malinconica “Let it go” il lato scuro dell’astro caldissimo su cui i C+C sono arrivati e da cui guardano giù, almeno per un attimo, prima di immergersi nel galleggiante strumentale “All that I have done to be so lonely” e risalire nel lucente country di “Est 1973”: e sono voci arrampicate sulle vette delle montagne, che si lasciano poi scivolare verso atmosfere corali e celebrative, brillando dei ricami del banjo di Håkon Gebhardt dei Motorpsycho e della steel guitar di Kjell Karlsen Martinsen. E poi “An afternoon with Paul”, vera perla dell’album che sotto le apparenze di una ballata nuovamente beatlesiana nasconde e custodisce nel suo cuore una sperimentazione inaspettata e irregolarissima, meno di due minuti di risatine demoniache e campionamenti cosmici che puntano verso l’infinito per glissare altrettanto imprevedibili verso una coda strumentale funk. E finalmente eccoli, gli stivaletti per camminare su una Luna raggiunta in un crescendo ben calibrato, esplorata tra le sonorità oscillanti e i graffi di chitarra di “Moon Boots” e poi in “Rather Than Saint Valentine’s Day part III” (le prime due parti ci rimandano a “Singar” del 2011), sette minuti e tredici secondi che ormai disciolgono tutto e in questo tutto anche noi, in una suite di strati scintillanti.

Più che un passo in avanti, per i C+C=Maxigross “Fluttarn” è un volo verso l’alto, spiccato con tutta la convinzione di chi abbia scavato sotto i propri piedi alla ricerca delle molle più colorate incastrate tra le zolle umide dei monti della Lessinia. E di chi, dopo averle trovate ed esserci saltato sopra per scoprire ciò che sta dietro i cirri e oltre, inviti a chiudere gli occhi e lasciarsi fluttuare in un disco luminoso, che saltella con maestria tra pop, folk, improvvisazione strumentale e psichedelia. Confermando, ancora una volta, la bellezza di una leggerezza credibile.

 

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La recensione Fluttarn di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-07 10:00:00

COMMENTI (1)

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  • SaurK 8 anni fa Rispondi

    Adoro questo disco