Speedy Peones s/t 2004 - Punk

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Quando durante il periodo estivo torno a ritrovare la mia Calabria i giorni sono meravigliosamente lunghi e le notti lo sono ancor più. Anche quando si è in vacanza però capita di doversi svegliare al mattino presto per qualche (fottutissimo) impegno non revocabile. Ma se la notte prima è passata il maniera disastrosamente etilica incontrando sulla strada del ritorno le prime luci dell’alba, come si fa? L’alcool è la sordina delle sveglie. Una via d’uscita talvolta c’è: per fortuna esistono le mamme.

E’ proprio così, il pezzo di carta che gli Speedy Peones hanno allegato come presentazione del loro cd sembra proprio uno di quelli che scrivo alla mia paziente genitrice quando la notte torno “instabile” a casa e il mattino tocca la levataccia: stampatello incerto e frasi comicamente stringate cercando di fare capire l’essenziale, che suona più o meno come “sono ubriaco fracido e mi devi svegliare presto!”.

Non so se i quattro simpatici ragazzi padovani erano anche loro sotto la “grazia di Bacco”, ma il pezzo di carta sul quale con un pennarello nero hanno scritto anch’essi l’essenziale recita così: “Ciao. Speedy Peones, band garage da Padova. Suoniamo da tre anni e abbiamo registrato come potevamo”. In stampatello, senza spazi fra le parole, tuttoattaccato.

E’ una rullata ad aprire il disco, che esplode con Brigitte Bardot, brano che - non so perché - continua ad evocarmi la colonna sonora del Batman televisivo quando schizza fuori dalla bat-caverna, mentre il titolo e il testo hanno in comune soltanto il fatto di essere legati insieme da chissà quale dinamica nonsense: “Uuuh! Sono un pilota / velocissimo, velocissimo! / Sono un pilota / vado benissimo, vado benissimo!”.

Come i Nostri ci avevano avvertito, la qualità della registrazione è effettivamente molto scarsa. Ma il dettaglio veramente insopportabile è il rullante, equalizzato altissimo e malissimo, che “succhia” tutto il range di decibel e, letteralmente, devasta.

Il resto delle tracce si muove più o meno sulla stessa linea d’onda, sulla quale si nota da subito un’”interferenza” molto evidente, quella dei The Hives. Ciò è immediatamente palese nella struttura ritmica della chitarra come nel cantato, che a tratti emula spudoratamente - e non sempre felicemente - le “crepature” vocali degli acuti di Pelle Almqvist.

E’ un garage punk dalle derive rock’n’roll che, se non fosse per la troppo evidente epigonalità, sarebbe persino convincente, grazie anche alla straordinaria dose di autoironia che lo stile della band riesce ad esprimere. Sono sincero, io li andrei a vedere dal vivo solo per un motivo: sono meritatamente simpatici. Sicuramente ne sono consci e ne fanno un’arma di forza, a buona ragione.

In fondo alla tracklist è presente anche un pezzo registrato dal vivo, che - inaspettatamente - si concretizza con una qualità sonora migliore dei brani registrati in “studio”. Si tratta della cover di Havana Affair dei Ramones, che Nicola il cantante nella presentazione del brano spaccia per loro, svelando l’inganno solo dopo il crash finale.

In definitiva la band padovana presenta un nucleo di idee che, se sviluppate con un’ottica meno derivativa e sostenute da un sound più “limpido” potrebbero anche rendere interessante il loro progetto, specie per la grande dose di energia e ironia che costituiscono una delle colonne portanti dell’intero lavoro.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-10-13 00:00:00

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