Teta Mona Mad Woman 2016 - Reggae, Psichedelia, Folk

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Un affascinante gioco di contaminazioni tra root, dub e soul. Un ottimo esordio, capace di allargare gli orizzonti della tradizione reggae.

L’esordio su lp di Teta Mona per la neonata Garrincha Go Go - frutto della collaborazione tra Garrincha e Treid Agency - è un appuntamento romantico tra il dub di Augustus Pablo e il roots di Judy Mowatt.
Fin dalla title track, un’aura nostalgica avvolge l’incontro: “Mad Woman” è un gioco di sguardi tra il sax e la voce dell’artista pugliese; l’uno cerca di affascinare l’altro, giocando le proprie carte con cura e senza scoprirsi troppo. Il risultato? Un elegante duello in levare, scandito dall’organo e dal piano più che dalle percussioni, in cui ci si lascia coinvolgere con piacere. Se brani come "Kaya", "Alibi" e "Rootical Love" tradiscono un chiaro amore per le origini del genere, Teta Mona sa come giocare con la tradizione, contaminandola con il soul e preferendo alla classica struttura strofa-ritornello una forma più fluida, capace di adattarsi a dovere alla produzione di Prince Jaguar. È una formula ipnotica, "Abracadubra", che tende a fondere voce e arrangiamento e sfocarne i contorni. In questo gioco di contaminazioni, rientra anche una piccola gemma: una cover di Mina, "Whiskey", rifatta per l’occasione con un bell’organo e il ritmo in levare.
Nonostante questa piccola parentesi segua grossomodo la direzione dell’album, Teta Mona sembra decisamente più a suo agio con l’inglese. D’altronde in "Orologio", l’altro pezzo in italiano di “Mad Woman”, ci confida che "vincere Sanremo non è la priorità" e va benissimo cosi.

Per fortuna quest’esordio (che in realtà nasconde un’interessantissima gavetta tra band europee, Whyte Horses su tutte, e non) ci saluta con una splendida notizia. Non mi riferisco soltanto al modo in cui Teta Mona allarga con successo gli orizzonti del reggae, ma proprio all’ultima canzone dell’album. Quell’intimità cercata durante tutta la durata di “Mad woman”, trova il suo compimento in un delicatissimo brano acustico, in cui la voce diventa l’unica vera protagonista.
"Last Word" Is Mine apre un discorso diverso, un capitolo nuovo che, ad occhio e croce, potrebbe regalare più di una soddisfazione. In mano, intanto, rimane un ottimo primo disco.

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La recensione Mad Woman di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-01-20 09:00:00

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