Carlo Martinelli Caratteri Mobili 2016 - Cantautoriale, Rock, Acustico

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Più contaminazione, più incisività. Ecco il nuovo Carlo Martinelli.

I Luminal sono ancora lì, al loro posto, pronti, come d’abitudine, a dispensare post punk e altre prelibatezze assortite. E poi c’è Carlo Martinelli, parte integrante del combo romano. Che un giorno si è convinto che farsi i fatti propri, almeno una volta ogni tanto, potrebbe essere cosa buona e giusta.

In principio fu “Miracoli e maledizioni”. Un album acustico, in stile cantautore anni ’10, leggasi qualche accordo di chitarra, voce strascinata e testi deliranti di contorno. Poteva anche bastare come esordio ma un anno passa in fretta e l’esigenza di alzare l’asticella non poteva non tradursi in una inderogabile necessità. Carlo Martinelli l’asticella l’ha alzata parecchio, superando le incertezze del debutto, puntando su di un cantautorato più contaminato, denso, eclettico, un po’ meno intimo e maggiormente incisivo in termini di suono.

“Caratteri mobili” è una pagina nuova, un ep di soli cinque pezzi, sufficienti a decretare una svolta decisa, intrapresa senza alcun tentennamento. È sufficiente lasciarsi trasportare dalle prime note dell’opener “Un banale fatto di cronaca” per capire quali e quante novità affiorino tra i solchi del mini album: il brano ha un approccio ruvido, in stile session anni ’70, poi l’elettricità lascia spazio anche all’acustico, con un cambio di tempo che rimanda, sia pur con le dovute proporzioni, all’epopea del vecchio, caro prog. “Nella bocca del leone” è nervosa e urgente, Rino Gaetano apprezzerebbe senza esitazione alcuna, e se “Andiamo a Taiwan” suona leggera e ironica, “Cos’era che volevo dire?” è la canzone pop perfetta, orecchiabile e tradizionale quanto basta, ricca di un innegabile appeal radiofonico. Il cerchio si chiude con “1984”, incubo claustrofobico e paranoico: qualche spennata alle sei corde poi un crescendo di distorsioni elettriche, incursioni noise, deliri free-jazz e ritorsioni psichedeliche. Mentre il Martinelli dichiara di aver “inghiottito il mondo”. Come a dire che tutto ha una sua logica, che tutto, alla fine, torna. Cosa peraltro inevitabile quando ci si circonda di musicisti di tutto rispetto come Milo Scaglioni, che si prende cura del basso, dell’esperto batterista di estrazione jazz Cristiano De Fabritiis o di Gianluca Lo Presti, mani sul moog e contributi preziosi in fase di produzione artistica. È anche merito loro se Carlo Martinelli è riuscito a tirare fuori un signor disco, evitando al bassista dei Luminal di trasformarsi in una ennesima copia, più o meno riuscita, di Calcutta e affini.

 

 

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La recensione Caratteri Mobili di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-28 09:00:00

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