Edda Graziosa Utopia 2017 - Cantautoriale, Rock

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“Graziosa utopia” è l’album pop di Edda. Ma lui, per fortuna, continua a travolgerci e a farci del male.

Il passato è il suono sporco dei Ritmo Tribale, l’effetto sorpresa e la visceralità di “Semper biot”, la consistenza di “Odio i vivi”, il rumore di “Stavolta come mi ammazzerai?”. Il presente è il passato che torna sotto mentite spoglie. Vale anche per Stefano “Edda” Rampoldi. Vale anche per “Graziosa utopia”, quello che, a tutti gli effetti, può considerarsi il disco più pop del cantautore milanese.

Prendiamo l’incantevole “Spaziale” come una sorta di manifesto programmatico: una canzone d’amore incantevole per sintetizzatore e sei corde acustiche, a suo modo fragile e al tempo stesso maestosa, quasi onirica, scritta pensando alla Mina degli anni ’70, ma se lì in mezzo ci fosse stato spazio per piazzare un’orchestra, allora persino Umberto Bindi avrebbe tirato fuori un sorriso. Edda non perde tempo nel lanciare ulteriori segnali: li troviamo sparsi tra gioielli come “Signora”, pezzo ricco di tastiere appiccicate agli ’80, marchiati a fuoco nella melodia vigorosa di “Benedicimi”, incastrati nella psichedelia sbilenca di “Zigulì”, infilati nella sensuale nevrosi di “Brunello” o tra le cupezze di “Un pensiero d’amore”, messi a regime assieme alle note della giocosa “Arrivederci a Roma” (a proposito, l’attacco non ricorda almeno un po’ “In the country” dei Blur?).

Edda non bluffa. Nemmeno quando riesce a far esplodere un brano killer come “Picchiami”, forse l’unico richiamo ai muscoli esibiti senza risparmio anche nel recente passato. Usa il pop, o meglio, il suo personale concetto di pop (stralunato, eretico, non allineato) per spalancare nuove porte senza dimenticare di ribadire, immaginiamo con orgoglio, fedeltà alle proprie, antiche certezze. La continuità, il ponte che non si spezza: leggasi passionalità, cinismo, spiritualità. Trovano la loro ragione d’essere in quei testi, in quelle storie che per l’ex Ritmo Tribale rappresentano un inconfondibile marchio di fabbrica. E che si trovano allineati all’interno di versi poetici destabilizzanti (“Se tu fossi l’acqua e io fossi il sangue mi taglierei”), di espliciti riferimenti alle gioie del sesso (“La tua saliva è la mia Coca Cola”), allo sfascio dei rapporti sociali ("Io c’ho pena della condizione umana”) o ai salvifici sentimenti (”Meglio morire che soffrire, ma per fortuna che ci sei”).

Arrangiato con mani sicure da Fabio Capalbo e Luca Bossi, “Graziosa utopia” si avvale dell’aiuto, tra gli altri, di Giovanni Truppi, chitarra elettrica nella già citata “Arrivederci a Roma”, e dell’esperto manipolatore di suoni Sebastiano De Gennaro. Fondamentali per forgiare un album di canzoni decisamente sopra la media, che ti prendono e ti travolgono. Come chi ha qualcosa da dirti e te lo sbatte in faccia. Senza dimenticare di farti male. 

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La recensione Graziosa Utopia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-13 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • roberto.dorgali 7 anni fa Rispondi

    disco un po' troppo sopravvalutato a mio avviso , ma due canzoni come spaziale e signora le ascolti raramente.

  • CivasS 7 anni fa Rispondi

    Pardon, "dire" non "direi".

  • CivasS 7 anni fa Rispondi

    Che direi? ... Questo, per me, è già l'ALBUM dell'anno.