The Marigold -Divisional- 2004 - Indie, Dark, Alternativo

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Immaginate un possibile punto di incontro tra la malinconia dei Cure primo periodo e l'oscurità magnetica dei Perfect Circle del primo album; se a questo aggiungete massicce dosi di chitarre distorte e sincopate (noise rock? grunge?) , misteriosi echi e rumori e uno spiccato gusto per la melodia, ecco, avete un buon quadro su quella che è la musica dei Marigold.

Giovane formazione abruzzese, arrivano all'esordio sulla neonata Black Desert con questo "Divisional", album dalla spiccata personalità nonostante le molteplici influenze, capace di fondere al meglio rumore e melodia, tastiere e melodie dense di nostalgia per gli anni ottanta con riff quadrati e spigolosi più tipici dello scorso decennio, strutture strofa/ritornello di facile presa con distese dilatate dal vago sapore ipnotico.

Ottimo l'inizio affidato a "The Bodypart", efficace e diretta come la "Judith" della band di Keenan (con le debite proporzioni...), ma con riff chitarristici che volutamente relegano in secondo piano il pathos emotivo; basta però passare alla successiva "Melanie" perchè questo emerga in pieno e cavalchi un continuo moto ondoso tra rabbia e rassegnazione, esplosione ed implosione, luce ed ombra: e nel finale l'onda finalmente si infrange sugli scogli, con un'eruzione noise che equivale alla liberazione di un suicidio.

Niente male nemmeno la potentissima "Tried", che alla gamma dei colori aggiunge anche tinte di psichedelia stoner, grazie a chitarre che, da dure e spigolose come una pioggia di pietre, improvvisamente si liquefano in brevi ma efficaci assoli lisergici; stesso discorso anche per la successiva "Nada", la più helmettiana del lotto, con riff nevrotici e scattanti come cani braccati.

Si prosegue con "Coercive Mind", fose la più efficace nel mostrare il connubio tra anni '80 e '90 che ai Marigold riesce così bene, e si arriva alla conclusiva e lunghissima title-track, che parte come una lunga e triste suite ipnotica per raggiungere poi, con la chiamata in causa delle chitarre più pesanti, territori cari ai Tool; c'è spazio ancora per una traccia nascosta che sovrappone una melodia liquida e minimale a campionamenti di moti ondosi in sottofondo, vera e propria dichiarazione d'amore a "Pornography" di Smith e soci, catarsi finale dopo un'orgia di angoscia e nevrosi.

Oscuri e grigi sin dalle tinte di copertina, i Marigold possiedono un gusto melodico e un'abilità nel miscelare tra loro stilemi così differenti superiori alla media, tali da far sì che, nonostante le influenze siano talvolta troppo marcate ed evidenti, il giudizio complessivo non possa che essere più che positivo.

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La recensione -Divisional- di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-02-18 00:00:00

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