Laventunesimafobia Pachiderma 2005 - Sperimentale, Indie, Grunge

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Sono sempre stato convinto che un artista venga mosso da un bisogno interiore, qualcosa che lo spinga verso l’eliminazione di tutte le componenti estranee all’io, come conoscenza e cultura. In quest'ottica l’opera d’arte diventa un catalizzatore del processo, un modo per andare oltre, per scoprire cose nuove, ma soprattutto per capire cosa sia quel niente che fa di ogni persona un’individuo, a prescindere da ciò che sa e fa.

La prima impressione suscitatami da questo lavoro è stata: ”Orpo ragazzi, ma state male”. In effetti i Laventunesimafobia si muovono su forme astratte, chiamano le loro tracce canzoni sebbene non si vedano ritornelli, strofe e bridges. La loro è pura sperimentazione ed egoistico bisogno di esprimersi fuori da ogni schema.

Quando un artista è in questa fase, è difficile avere un’idea precisa sull’oggetto di ricerca, per questo risulta molto ostico dare un giudizio sul lavoro. Personalmente non so nemmeno se “Pachiderma” mi sia piaciuto o meno, c’è da dire però che questi ragazzi mi hanno scosso e con questo forse hanno raggiunto il loro scopo.

Solo una critica, per parafrasare un discorso che ho sentito fare da Vittorio Gassman: i giovani artisti sono attratti dalle avanguardie perché son fresche, nuove, inesplorate ed eccitanti, è normale ascoltare un disco dei Residents ed infervorarsi per l’uso di nuovi lessici espressivi. Ma non è simpatico negare completamente il passato e la tradizione solo per il gusto di fare di testa propria. Questo perché nel mondo delle sette note si è quasi sempre tentato di evolvere e di assimilare, con l’eccezione di una certa “musica di rottura” il cui scopo è però ormai un filino sterile.

Nella fattispecie, non so quale background abbiano i ventunesima, sulla loro presentazione citano vagamente esperienze precedenti, ma vorrei sentirli suonare un pezzo “di genere”: pop, funk, finto rock, new wave italiana, free jazz, punk inglese o nera africana poco importa. Per me non sarebbe neppure necessario veder loro eseguire il pezzo con maestria, mi basterebbe solo un’ammissione di rispetto verso ciò che ha fatto scuola ed è diventato “standard”.

Coltrane si è flippato via con la sua ricerca del divino e si è messo a fare free jazz, ma di ballad prima ne aveva suonate tante. Mike Patton ha inciso “Adult themes for voice”, ma in precedenza cantava “Easy” di Lionel Ritchie insieme ai Faith no more. Mi scuso per la frecciatina, ma è da queste cose che si distingue un musicista di ricerca da uno che si atteggia a fare l’alternativo. Diamo tempo ai Laventunesimafobia, comunque, meglio partire folli sperimentatori per poi imparare a controllarsi che inibirsi da subito tentando di ritrovare poi una freschezza naif che non c’è mai stata. Intanto, chi ama sperimentare con le proprie orecchie ha trovato pane per i suoi denti.

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La recensione Pachiderma di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-04-18 00:00:00

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