Chiaradiaofficial Primo Vere 2020 - Folk, Blues, Acustico

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Il nuovo album del cantautore trevigiano sospeso tra cantautorato, poesia e temi sociali

Un viaggio poetico tra temi importanti nel “Primo Vere” di Gianluca Chiaradia. Il cantautore trevigiano, aulicamente ispirandosi nel titolo ad una delle più celebri raccolte di versi di Gabriele D’Annunzio, pubblica il suo terzo album musicalmente vicino al cantautorato italiano degli anni d’oro ma in cui sprizza da tutti i pori anche il più intimo folk angloamericano, un mix di ottima fattura che permette all’audace e raffinato storytelling di Chiaradia di sprigionarsi liberamente, aggiornando e personalizzando la proposta proprio grazie alle liriche sempre ispirate e in collegamento diretto con le emozioni. Ciò che fa librare infatti questo suo “Primo Vere” una spanna sopra molti altri lavori usciti in questo periodo sono proprio i testi, che si soffermano su considerazioni personali ma soprattutto si guardano intorno e immortalano storie (spesso vicende reali) su cui l’artista vuol far riflettere. Si pensi al primo singolo, “George”, ispirato alla tragica vicenda del quattordicenne George Stinney, il più giovane condannato a morte della storia della cosiddetta “giustizia” americana (e ascoltando questo pezzo, nonostante le dovute differenze, viene talvolta in mente anche la più recente vicenda di George Floyd, un altro “George” afroamericano vittima di un mondo retrogrado, antidemocratico e macchiato di razzismo anche negli ambienti della “giustizia”).

Mettendosi nei panni degli outsider, dei più deboli, dei reietti e degli indifesi, Chiaradia canta di chi sul punto di morte cerca l’assoluzione e dedica la sua “anima sporca e vuota” ad un Dio che immagina in ascolto (“Anima nera”), di chi si è smarrito e sente pulsare dentro il bisogno di ritrovarsi (“La strada di casa”) e la scalpitante vena poetica deflagra in un pezzo appassionato come “Ancora spazio”, che ci ricorda che nonostante tutto “c’è ancora spazio per la vita”. Troviamo però anche un brano dedicato ad una ragazza delusa e stanca di questa vita, una donna sul lastrico, che soltanto quando si droga riesce a trovare un po’ di pace (“Marta”) e il disco si chiude con i pensieri di un criminale condannato all’ergastolo che sopravvive al suicidio del suo compagno di cella e disegna arcobaleni sui muri senza usare i colori (“Rebibbia”).

Ogni canzone è un piccolo racconto che colpisce dritto al cuore, ponendo questo “Primo Vere” esattamente a metà strada tra musica e poesia.

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La recensione Primo Vere di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-06-13 14:17:39

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