una storia di pauura di Rockit.it

Lascia entrare i mostri - Tre allegri ragazzi morti

1994 - 2019 / 25 anni di Tre Allegri Ragazzi Morti
I dischi, le foto e i fumetti. I mostri, la maschera e i ricordi e il futuro. Il passato che diviso dal futuro, per l’indie prima e l’indie dopo, non vale un cazzo. 1500 concerti, 100 canzoni, 12 album.
La nostalgia non serve, serve suonare. Arrivano i morti, fateli entrare.

01. Intervista immaginaria

tarm-intervista-immaginaria

“Questa intervista immaginaria è il primo atto dei TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI nel 1994, pubblicata nel numero 1 della fanzine '1.000 allegri ragazzi morti'. subito dopo arrivarono le registrazioni di Mondo Naif, riprodotte su cassetta in 300 copie e oggi cimelio inestimabile.
Qui c'è molto di quello che avremmo fatto e che ancora oggi siamo, adolescenti Assoluti, dopo 25 anni. Dopo più di 1500 concerti, 100 canzoni, 25 giri d'italia almeno, una etichetta indipendente che è un collettivo.
Questo eravamo, e questo ancora siamo. VIVA TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI, viva tutti gli allegri ragazzi morti." - TARM

02. La musica italiana racconta i tre allegri

“Da quando 20 anni fa ho deciso che il mio culo sarebbe stato sulla strada del rock’n’roll ho sempre guardato i TARM come un obiettivo impossibile da raggiungere: il carisma e la magica ironia di Davide, lo stile di Enrico, ma soprattutto la bravura di Luca, che ho sempre considerato il miglior batterista punk della musica italiana. Per me viene dalla luna. Per me i Tre Allegri Ragazzi Morti vengono dalla luna e nell’equivalente di 5 piani quinquennali hanno conquistato la Terra, insegnandoci che il rock’n’roll ha un cuore e che essere sbagliati è profondamente ok.” - Auroro Borealo

“Che siano intelligenti, diretti, precisi. /ogni posto è una galera anche il più bello è una galera, ogni corpo è una porta/ Che abbiano grazia e delicatezza nel descrivere le adolescenze inquiete&turbolente di tutti noi (ex)adolescenti. /per un ragazzo come me che vede la poesia nella merce e che ha la sua speciale morale per scegliere il prossimo culo da baciare/ Che siano colorati esplosivi candidi. /belli, allegri, ragazzi dell’Apocalisse, in piedi sul mondo che crolla e che forse finisce/ Che siano un gruppo garage o pop o teen’n’roll (ormai cosa importano le definizioni? Sono riusciti a definire suono e immaginario da 3 Allegri Ragazzi Morti e possono giocarci in lungo e in largo che tutto il resto vien da sè).Inutile, ogni disco dei TARM è un’allegria senza fine. E noi non smetteremo mai di dirlo.Il segreto qual è ? Siamo tutti in amore con tutti, e il sesso complica.” - Fiz, dalla recensione di La Seconda Rivoluzione Sessuale del 2007

“Ricordo tre cose dei Tre Allegri: una è la cassetta, che campeggiava fieramente in casa di Ufo, quella in cui l’ho conosciuto e che chiamavamo allegramente la Grotta. Lui la teneva lì perché gli era arrivato questo demo quando, a metà degli anni ’90, si occupava della programmazione del Macchia Nera e lo custodiva gelosamente. La seconda è quando nel 2008 eravamo in studio con Brian Ritchie dei Violent Femmes a registrare Villa Inferno e nella stanza accanto Giulio Favero del Teatro Degli Orrori mixava il primo disco de L’impero delle tenebre e in un’altra stanza ancora c’era questo ragazzo molto alto, che rispondeva al nome di Enrico Molteni e si dedicava a perfezionare questo brano chiamato Come ti chiami. Poi mi arriva fra le mani La seconda rivoluzione sessuale tra le mani, al tempo lavoravo come volantinare (anzi, ero il capogruppo di quella specie di capolarato aberrante), passavo giornate intere in macchina. Quel disco è stata la colonna sonora di un periodo della mia vita e in qualche modo, per me, della musica Italiana. Un esempio mostruoso di libertà, creatività e unione. Perché lo so bene quanto sia difficile stare in una band per venti e più anni.” - Andrea Appino, The Zen Circus

“Era il 2016 quando i tre allegri ragazzi morti facevano salire m¥ss e un esercito di ragazze di porta venezia sul palco dell’alcatraz in apertura al loro concerto. da li iniziò un forte percorso sia professionale che di amicizia, e se ora sto per avere il mio primo concerto all’alcatraz , è anche merito di quegli allegri ragazzi che hanno preso un posto speciale nel mio cuore.“ - Myss Keta

“È indubbio che alle origini di Asian Fake ci sia stato da parte mia e del team uno sguardo ammirato verso il lavoro dei tre allegri. La capacità della band di proporre un’estetica onirica, fatta anche di immagini che riescono a tradurre musica e parole a livelli altissimi, è stata fonte di ispirazione e coraggio.” - Filippo Palazzo, CEO di Asian Fake

“Mi accadde di dividere con loro il palco e mi fu chiaro in un lampo, quando invece del loro sguardo incrociai tre entità superiori: non ero con Davide, Enrico e Luca, la loro umanità era rimasta in camerino. Ero con i Kiss, suonavo protetto dai super eroi. Eravamo ad Asti, suonammo il Giro." - Giovanni Succi

“Dai oh 25 anni cosa si può dire? Niente, 25 sempre insieme e festaggiarli così, di per sé è una storia che si fa da sola. Ho l’onore di conoscere Davide fin da bambini, mettiamoci attorno che grazie a questa esperienza è nata La Tempesta, etichetta di cui sono parte coi Sick Tamburo. Non solo questi 25 sono la storia, ma hanno aperto le porte agli altri che fanno musica. Sono contentissimo che ci siano ancora gruppi che stanno 25 insieme, non c’è molto altro da aggiungere. Anche perché sono in macchina che sto guidando, e a dire la verità sto andando a Bologna a suonare con loro” - Gian Maria Accusani, Sick Tamburo e Prozac+

Tavole di Davide Toffolo

03. Intervista reale a Davide Toffolo

Cosa succede in Italia negli ultimi 25 anni? Che cambia un paese, che cambia la musica. Che le cose si spostano da un altra parte e poi da un altra ancora, e i dischi arrivano e dischi vanno via, e i maestri a volte ci lasciano da soli. Ma anche che Davide, Luca e Enrico continuano a spostarsi, nomadi, da Pordenone in poi, senza lasciare solo e indietro nessuno.
Era il Great Complotto all’inizio, sono i Tre Allegri Ragazzi Morti poi. Da Pordenone a tutto il resto, ai dischi, ai fumetti, alla maschera, sempre. Mostri e non persone, sempre. Se c’è un gruppo che ha davvero influenzato radicalmente non solo la musica, ma il modo stesso di farla e pensarla in Italia, sono i Tre Allegri Ragazzi Morti: forse la realtà italiana più importante di questi ultimi 25 meravigliosi folli strani mostruosi anni.

Cosa succede stasera?

Sai, facciamo un concertino.

Con un paio di amici.

Sì, due o tre. Che poi sono le persone che hanno suonato con noi in questi anni. Gian Maria dei Prozac e Sick Tamburo, Canali, forse, il Senor Tonto, nostro figurante di tanti anni fa che fece un disco di cover col Moog, Stefanino, chitarrista che ci ha seguito un po’ di anni, Appino...

Come si sta 25 anni da Allegro ragazzo Morto?

Come il primo, non c’è tanta differenza. Partiamo da Pordenone anche oggi, come siamo sempre partiti. Di uguale c’è quella roba lì che non sappiamo cosa stiamo facendo, come è sempre stato. Siamo più di quando siamo partiti, questo è sicuro. La capacità di dimenticare quello che fai ti leva un po’ di pesantezza, ecco.

E ci riuscite ancora?

Personalmente sì, in generale sì. Quando facciamo questa cosa qua, che è suonare, che è la cosa piò bella che sappiamo fare. Era scritto dall’inizio che andava fatto aspettative, come se fosse soltanto la cosa più bella del mondo. E si resta uguali, così.

Cosa tiene una band in continua attività per 25 anni?

Chi lo sa, forse che eravamo già morti. Non avevamo aspettative in nulla, se non nel cambiare totalmente la nostra vita. Cosa che è successa. Sicuramente l’amore che abbiamo intorno ci ha dato una mano, tutte le persone che si sono avvicinate e ci hanno sostenute. Il bene che ci vogliamo io, Luca ed Enrico. Di base è che per noi è una specie di rivoluzione personale ogni volta.

Anche quando diventa poi un lavoro?

Ci risulta difficile pensarlo come un lavoro, anche se poi lo è a tutti gli effetti e ne ha le caratteristiche spesso. Tutte le volte che lo facciamo ci sentiamo un po’ più liberi e un po’ più forti.

Questo non ha mai vacillato?

Direi mai. Anzi, siamo diventati sei una volta sul palco, cinque, mille. Minimo Tre. C’è stato un periodo bellissimo in cui eravamo in quattro, c’era anche Gigi. Ora Gigi non c’è ma è sempre con noi.

È quello il punto più nero?

La morte di Gigi è stata la cosa più drammatica che sia successa al nostro gruppo. Per il resto è stata solo gioia.

E il momento più luminoso?

Non abbiamo mai avuto una dietrologia su quello che abbiamo fatto. Fare il compleanno, per i 25 anni, è una cosa a cui abbiamo dovuto pensare molto. Non abbiamo mai fatto retorica sull’essere, non essere o esserci ancora. Gli anni belli non li so, so quelli brutti.

Quali sono stati?

Quelli in cui abbiamo suonato poco. Perché un artista è artista quando fa le cose, non quando aspetta o dice. Per questo motivo non ci siamo mai fermati. Tutte le volte in cui suoniamo un po’ meno siamo meno contenti.

Si può ancora fare, oggi?

Con tutta la comunicazione che c’è ora è chiaro che hai la paura di diventare ripetitivo. Ma un musicista vero vince la sua battaglia Antiborghese quando è in giro, è un nomade. Come per il gigantesco mito della musica americana.

Chi?

Lo chiedo a te, che sei un giornalista musicale. Come si chiama il più grande cantautore del mondo?

Bob Dylan?

Bravo, Bob Dylan. Lui ha fatto una scelta precisa: si chiama Neverending Tour, e la sua battaglia antiborghese la fa così. Quando sei in giro non puoi essere altro che uno che suona, anche con tutti i soldi e l’agiatezza del mondo. Che sia dentro un furgone o un aereo, resti uno che suona. Abbiamo fatto più di 200 concerti, e siamo quello che facciamo. I giorni importanti sono quelli in cui ci troviamo, tutti e tre, e siamo veramente noi. Gli altri giorni sono ognuno per sé, i Tre Allegri Ragazzi Morti esistono lì.

Quindi non capitoli, ma una linea continua partita da Pordenone 25 anni fa.

Così è stato, solo che nel mezzo ne abbiamo combinate di tutti i colori. Abbiamo suonato nelle bettole e negli stadi. Gratis e facendoci pagare, abbiamo fatto i conti sui soldi e li abbiamo anche dimenticati. Abbiamo suonato con Faith No More, Jovanotti, Muse, col cantante degli Smiths e quello dei Clash. E abbiamo fatto da balia a metà della musica italiana dal 2000 fino a oggi. Ma questo non toglie che la natura dei TARM è questa qua: noi che ci muoviamo per suonare.

Come vi spostato oggi quando lo fate?

In modo complicato. Siamo in quattro sul palco e giriamo in 12, 13 persone. È più complicato, io abito a Roma, Enrico e Andrea in Lombardia e Luca non si sa mai dove abita. Un fonico da Torino e i tecnici da Torino. C’è un furgone che parte da Pordenone e varie macchine da tutta Italia. Ogni volta che suoniamo è come la riunione di questa diaspora.

E come sta la musica italiana oggi, dico quella a cui avete fatto da balia?

La musica è sempre cambiata. ora il cambiamento sembra più grosso perché c’è stato un cambiamento, la musica contemporanea è caratterizzata dal ritorno di grossi investimenti sulla musica cosiddetta indipendente.

Cosa vuol dire indipendente ora?

È un termine ambiguo, lo è sempre stato. In questo momento qui, grazie a un nuovo media chiamato Spotify è diventato identificativo rispetto a una nuova musica italiana. È interessante questo perché non è mai visto così tanto consumo di musica fatta in Italia per gli italiani, se non negli anni ’60 e ’70. Ma dice anche qualcosa di questo momento, in cui viene cercata un’identità in modo abbastanza forte dalla popolazione. Dieci anni fa per esempio, le major avevano perso d’occhio cosa stava succedendo. Ora sono tornati ad essere attenti al mondo della musica indipendente, che poi è indipendente per modo di dire. È diventato un termine merceologico. Ma la musica cambia sempre.

E voi seguirla non si può dire non l’abbiate fatto, anche con l’etichetta.

Orecchie e braccia aperte, a immaginare di condividere quello che avevamo imparato a fare con chi stava arrivando. Devi chiedere agli altri cosa sono i ragazzi morti. Con Lo Stato Sociale, con gli Zen Circus, con Asian Fake: ti diranno loro cosa siamo stati, cioè la prima ipotesi. Non siamo un gruppo ma un laboratorio di comunicazione, dalla maschera ai fumetti, fare le cose con un certo tipo di libertà e di svegliezza, è servito non solo a noi. La differenza tra noi e un gruppo tradizionale sta lì.

Cosa sono, quindi, i Tre Allegri Ragazzi Morti?

Chiedilo agli altri: alle Luci Della Centrale Elettrica, al Teatro degli Orrori. Chiedilo a Myss Keta. I Tre Allegri Ragazzi Morti sono una cosa identificabile, un po’ per le maschere e un po’ perché la nostra ricerca musicale è sempre attiva. Questi 25 anni sono stati gioiosi per questo: da una parte abbiamo combinato le stesse cose, dall’altra ne abbiamo fatte di tutti i colori. E nel frattempo non siamo stati importanti solo per noi stessi. Chiedilo agli altri, non a me. Siamo stati l’accensione dell’ipotesi di una nuova musica italiana. Sono qualcosa di ispirativo.
Non voglio prendere meriti non miei, gli artisti sono tutti unici, strepitosi e autodistruttivi. Ma cerchiamo di capire cosa è successo davvero in questi 25 anni, quali investimenti ci sono stati su di noi o su Vasco Brondi o il Teatro Degli Orrori: niente. E parliamo solo di 10 anni fa. A differenza di oggi, che è un altro tipo di condizione. E non ce l’ho con nessuno, ma mi sono rotto il cazzo di un indie prima e indie dopo. In parte è vero, ma è sempre così. Un gruppo che per 25 anni continua ad avere cose da dire, mantenendo coerenza e freschezza e ricerca rispetto a quello che si fa, non è comune. O forse è proprio strano. Anche perché successi veri, noi, non ne abbiamo mai fatti.

GUARDA
LE ALTRE
STORIE DI
COPERTINA

VEDI TUTTO ▸