Veracrash
11:11 2009 - Jungle

11:11

Monoliti che precipitano addosso e fanno male, che si schiantano a terra e travolgono chiunque incontrino, un flusso inarrestabile di energia, una mole imponente di potenza. I Veracrash suonano e picchiano duro con il rock granitico, quello fatto di chitarre grezze, bassi incalzanti e sezioni ritmiche poderose, ma la band milanese si dimostra in questo debutto sulla lunga distanza per la Go Down Records, coraggiosamente vorace di suoni stoner e di influenze psichedeliche. Un viaggio a colori che può arrivare alle sfumature del noise, con una voce che intona timbri acidi e richiama alle armi, suoni pesanti, distorti, che coinvolgono senza lasciare spazio a incertezze. "11.11" è un disco fatto di tracce solide e incisive, cariche di tensione, pronto ad esplodere appena se ne presenti l'occasione. Le chitarre ruvide e possenti inseguono l'ascoltatore come una carica di mine, intessendo un disco brutale tanto però quanto ipnotico, fatto di suoni sismici che possono però ben presto diventare lullaby laceranti. E' l'inferno di Dante in cui tutto si muove secondo la legge del cotrappasso: la band canta delle pene che colpiscono i rei, innalzando però la colpa, il peccato che per anologia fa assegnare la punizione eterna alle anime infernali. Svezzato dalla polvere del deserto, maturato sotto il sole nero, questo è un album pieno zeppo di riferimenti simbolici, che gioca con un immaginario in cui lo spartiacque fra sacro e profano è labile e indefinito e le decadenze succhiano possibili spiragli di rinascita. Innegabili le influenze da cui traggono ispirazione, i pilastri portanti, i redattori del manifesto, coloro che hanno caratterizzato il genere: Kyuss e Queens of the Stone Age tra tutti. Ma a differenza di molti gruppi che si muovono sulla scia di queste figure imponenti, trascinati dalla loro corrente ma senza mai riuscire ad andare avanti, i Veracrash riescono a sfruttare trasversalmente questo corso, attingono dalla stessa fonte, ma prendono percorsi che, seppur paralleli, hanno caratteristiche proprie e originali. Un buon lavoro che fa presagire un ottimo futuro per il quartetto lombardo a cui non mancano né i colpi in canna da esplodere, né la mira.

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