Baustelle
Giulia non esce la sera (O.s.t) 2009 - Strumentale, Pop, Indie

Giulia non esce la sera (O.s.t)

In Italia le colonne sonore, per di più strumentali, non vendono, eccezion fatta per i blockbuster. E dunque perché promuoverle? Benché uscita ad aprile, personalmente, io ho sentito "Piangi Roma" in radio alle otto di mattina una volta e basta. C'è chi mi dice di averla sentita di più. Sarà. Intanto sul sito della Warner non trovate neanche la colonna sonora alla voce Baustelle. Poi dice "la crisi del disco". Invece questo è un bel disco, che in più realizza un vecchio sogno dei Baustelle, usi a infilare in cartella stampa la frasetta "vorrebbero tanto scrivere una colonna sonora". Potrei andare a caccia di riferimenti colti, Bacalov e Morricone, ma anche Piovani, Nyman, Barry e Badalamenti, perfino Teardo, a seconda dei brani. In questo senso, trovo uno stacco tra i brani strumentali, intessuti di Leitmotiv che si rincorrono, e i cantati. Ma tutto questo andando col bilancino e non col cuore, perché il mood che esce da questa colonna sonora è autenticamente Baustelle, con la consueta visione commossa e partecipe della vita. I brani cantati sono due, "L'aeroplano" (identica a quella presente su "Amen"; invece "La vita va" è in versione orchestrale) e "Piangi Roma", che mostra un'attenzione nuova per la produzione dei Beatles e di Lennon in particolare: da "Strawberry Fields Forever" viene l'organetto che compare dopo il ritornello, mentre lo stesso è un rifacimento citazionista di "Happy Xmas (War Is Over)", non fine a se stesso, ma un sottotesto che aggiunge significato al brano. Infatti, cantare parole che disegnano scenari di morte e fine del mondo ("Piangi Roma, muori amore"; "dice il telegiornale / che la fine si avvicina: / io m'invento un gran finale"; "tutto il bene che so dare / come il sasso e la fontana / si consuma"; ecc.) su una melodia che richiama un inno di speranza pacifista (tra l'altro uscito nel 1971: coerente con il verso "tanti Lp, Battisti e Mina") è come dire che le speranze degli anni 60 e 70 erano pie illusioni destinate a produrre l'attuale disastro in cui viviamo. Comunque sia, i due protagonisti del brano (un duetto à la Gainsbourg, in fin dei conti) vivono oggi e rimpiangono quel periodo. Centrale nel testo è la polivalenza semantica dell'espressione "l'estate indiana": "indian summer" può indicare la produzione culturale anglosassone tra gli anni 30 e 70 del '900, la nostra Estate di San Martino, un brano dei Doors del 1966 (che parla di amore), uscito però nel 1970 in "Morrison Hotel". In ogni caso il concetto è quello dell'autunno di una civiltà, l'ultimo pallido sole prima della morte invernale, quella in cui viviamo. Da qui l'apparente assurdo per cui il protagonista "nonostante il temporale" può mettere "i panni ad asciugare". Ma i due protagonisti potrebbero anche essere uno, che in realtà si rivolge di volta in volta alle cose che gli mancano e che mette "in lista": la fantasia, il cinema, l'estate indiana, un brivido, la libertà. Un gesto che è quasi "un'assurda specie di preghiera", quasi un atto d'amore per ciò che rendeva la vita degna d'essere vissuta. Una fine di civiltà che, con citazione sveviano-nietzschana, fa invocare "la malattia / che spazza via la razza umana". Un'invettiva – tra l'altro - che torna anche nell'ultima produzione edita di Bianconi, il nuovo singolo di Paola Turci "La mangiatrice di uomini", davvero bello. Posto che "Giulia non esce la sera" vale i nostri euro (e il Nastro d'argento lo testimonia), rimane da vedere se può essere considerato un laboratorio sonoro per il nuovo disco. Di nuovo, come detto, spuntano i Beatles. Di sicuro, ne sentiremo delle belle.

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