Non giudicare il disco dalla copertina, dice il saggio. Sarà saggio, ma di solito uno guardando la copertina un’idea se la fa. E nel caso dei D-Vines se la fa giusta. Uno spruzzo di sangue sul nome, un’immagine un po’ splatter di un cuore stretto in una mano e illustrazioni anatomicamente corrette di organo dell’amore e dintorni. Dentro dev’esserci quella che si dice una musica viscerale. Esatto.
La foto all’interno chiarisce ulteriormente: sei figuri piuttosto torvi e scurovestiti, un po’ Nu Metal un po’ Emo. Faranno per caso musica un po’ Nu Metal un po’ Emo? Sì. Con un’aggiunta di elettronica dark alla Nine Inch Nails. Lo schema delle canzoni è per lo più quello classico del genere: inizio lento da ballata metallosa e poi esplosione in piena linea (77, a proposito di linee) System Of A Down, Linkin Park (in qualche momento più “pop”/adolescenziale, tipo “Everyday”) e tutti gli annessi e connessi, compresi i rami grunge della famiglia.
Non esattamente un saggio di versatilità e innovazione, ma con tutti i crismi per convincere gli emo-metal-electro-grunge a botte di voce roca, strumenti pestati a dovere e liriche da cuori sanguinanti.
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