Paui
Non piango per le cipolle 2011 - Cantautoriale, Lo-Fi, Pop

Non piango per le cipolle

Belle immagini a cui mancano i colori, inanimate istantanee di intimitĂ  domestica che non riescono a prender vita. Un debutto che non convince. Ma forse promette.

Una donna sulla trentina, appoggiata ai fornelli dell’angolo cottura del suo bilocale arredato Ikea, che canta i dolori dell’abbandono: questa è più o meno l’immagine attorno a cui ruota “Non piango per le cipolle (storie di abbandono in cucina)”, primo album dell'ex Pecksniff Paui, otto tracce di pop naif e tanti pezzettini di quotidianità domestica andati perduti. La chitarra acustica accompagna una voce asciutta che sa di ingenuità, di colori pastello, di fiaba d’altri tempi a cui manca il lieto fine, il tutto tenuto insieme da una registrazione anch’essa apparentemente molto domestica.

Non è certo questo recuperato immaginario femminile da anni ’50, pieno di buoni sentimenti a non convincere. Del resto è stato ormai già ampiamente sdoganato a partire dalla rima perfetta tra sincerità ed eternità. Quello che manca a questo disco è la melodia, è la musicalità debordante, è la filastrocca da fischiettare quando meno te lo aspetti, è il motivetto seducente a cui non poter resistere. Manca insomma l’immediatezza e la giusta attitudine musicale che tengano insieme, diano senso e valorizzino questi attenti squarci di quotidiana intimità (“Dolceforno Harbert”, “Raccolta differenziata”, “Dolcissimo in Sol”) e rabbia taciuta (“Testa di melone”) che nella giusta veste potrebbero funzionare e rimanere attaccati più del tempo di un unico e bastevole ascolto.

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