Fra atmosfere che ricordano la dubstep emotiva dei Moderat (“Karbon”), certi toni scuri di The Knife (“Silent Wolves”, “Angles of Earth”) e Plaid (l'immancabile omaggio orientaleggiante di “Akaraighi Ishimura”, parte di una tradizione italiana che vanta cose belle come “Chinese Restaurant” degli allora Chrisma e cose meno belle come “Tokio Fantasy” di Alessandra Mussolini) si muove l'esordio discografico del trio torinese Dropp: 7 tracce in formato canzone con una componente strumentale importante e convincente dal punto di vista melodico (vengono da citare in particolare “Moon-nooM” e il ritornello di “Loogram”), dove però i riferimenti musicali premono come le 432 atmosfere del titolo, incidendo sul risultato complessivo.
In particolare non convince del tutto la voce, sia nel timbro che nella dizione inglese: molto meglio infatti con i dovuti effetti, come nella prima parte della danzereccia “Pulsar”. Ci sono margini di miglioramento.
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