Lo dico? Lo dico. Sono una di quelli che considerano Battisti sopravvalutato. Sì, mi sto fustigando. Intanto però con l'altra mano scrivo che, avendo letto in ogni dove il nome del Lucio nazionale associato a quello di Pietro Paletti, partivo prevenuta nell'ascolto, ma mi sono dovuta ricredere. Ed è sempre bello ricredersi in positivo e ritrovarsi a canticchiare senza sosta cinque canzoni intelligenti e di ottima fattura.
Lo so, lo so, intelligenti e di ottima fattura uguale Battisti. Battisti non è sopravvalutato ed è il più grande musicista pop italiano di tutti i tempi, ma adesso parliamo di Pietro Paletti e di come questo ep stia in perfetto equilibrio tra coerenza ed eclettismo: coerenza nei temi trattati - che sono fondamentalmente incertezza esistenziale e ricerca di sé – e nel modo leggero di trattarli, con testi diretti e melodie frizzanti che restano impresse al primo ascolto.
Eclettismo nel passare con disinvoltura dalle atmosfere carioca anni sessanta della molto battistiana “Raccontami di te” a quelle elettrorock e vagamente psichedeliche di “Il geco”, dal tono colloquiale stralunato alla Max Gazzè di “Adriana” alle suggestioni più anglosassoni di “Alla mia età” e “Tricerebrale”. “Cos'è che fa di un uomo un uomo?” sarebbe molto bello capirlo. Intanto possiamo provare a dire cos'è che fa di un cantautore un cantautore: sincerità, buon gusto e complessa semplicità. Qui ci sono.
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