Saluti da Saturno
Valdazze 2012 - Cantautoriale, Pop

Valdazze

"Valdazze" è un album che prende e convince fin da subito. Di più: è un album che soddisfa dall'inizio alla fine, senza cadute di tensione o riempitivi.

Valdazze è un luogo che non esiste. C'è, sulle cartine, ma non è vero: anche Google è d'accordo, visto che la puntina che mette sulla mappa punta dritta nel nulla, in un prato tra Toscana e Romagna. È vero, lì vicino si trova un agglomerato di case che risponde a quel nome, ma conta poco. Come conta poco che lì sarebbe dovuto nascere il Villaggio del Cantante.

Anche "Valdazze", con le virgolette, è un disco che non esiste. C'è, all'interno di una scatolina di plastica trasparente, ma non è vero. "Valdazze" è qualcosa che è nell'occhio del ciclone, in quel punto di totale tranquillità, mentre intorno il mondo si rovescia.

Detta così, potrebbe sembrare la descrizione di un album fatto di atmosfere e poco più. No, il secondo lavoro di Saluti da Saturno è un disco di canzoni. Anzi: un disco di canzoni che funzionano. Strofe e ritornelli perfetti per stare insieme. Tutto estremamente leggero, ma non senza botte emotive. Due, per la precisione. La prima è "Cinema", testo semplice - ma quasi ermetico se non si hanno i riferimenti (si parla de "Il prete bello" di Carlo Mazzacurati) - e un ritornello che ti inchioda, ti strappa via tutto: "Vita mia / quanto bene ho voluto alle cose / agli amici di allora". Anche per questo, il pezzo è sostenuto da due cuscinetti allegri e distesi, come la title-track e "Afa", che rincuorano e divertono. Il secondo punto forte dell'album è quello composto da "L'amore ritrovato" e "Bianco divano". Si parla di cose minuscole e belle (come il bagno in un mare di schiuma di "Bianco divano") e, anche qui, le strofe preparano e il ritornello stende: "E' scesa la notte ormai sopra le mie stanze / ma io arriverò mentre tu stai dormendo / ti stringo forte forte". Situazioni minime, raccontate con le parole giuste e le musiche più adatte.

È tutto così questo disco, misurato e preciso, capace di far andare su e giù l'emotività con una naturalezza che lascia stupiti. E sta tutto qui il salto di qualità rispetto al primo disco di Saluti da Saturno. Se in "Parlare con Anna" c'erano tante canzoncine che facevano pensare a un lavoro di artigianato fatto a regola d'arte, ma senza la forza per imporsi, "Valdazze" è un album che prende e convince fin da subito. Di più: è un album che soddisfa dall'inizio alla fine, senza cadute di tensione o riempitivi. Talmente forte da poter fare tranquillamente a meno della voce di Vinicio Capossela, valore aggiunto dell'esordio.

Soprattutto, "Valdazze" è un album che ha un immaginario talmente chiaro e forte da lasciare storditi. Ascoltarlo fa l'effetto di immergere la testa in un catino d'acqua: tutto quello che c'è intorno diventa ovattato, lontano, come se appartenesse a un altro mondo. E invece è il disco ad appartenere a un altro mondo, uno in cui il liscio e Fellini vengono prelevati dalla riviera e spostati nell'entroterra. Un disco da 29 febbraio, da tempo sospeso, in cui tutto può accadere, compresa l'apparizione del transatlantico Rex in qualche prato dell'Appennino. Non c'è da stuprisi: è così, è Valdazze. Qualcosa che non esiste, ma che c'è.

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