RANCORE & Dj MYKE
Silenzio 2012 - Hip-Hop

Silenzio

Un passo avanti rispetto ai precedenti lavori di Rancore & Myke, due passi avanti rispetto a tutto il resto

Punti di vista.
O meglio: epoche storiche e sociali differenti, evoluzione di persone, musica e cultura. Mi spiego: se avessi ascoltato “Silenzio” negli anni Novanta, probabilmente – ma in fondo mai dire mai – non lo avrei apprezzato. Troppi suoni, troppo crossover. Troppo poco hip hop rispetto agli standard di un adolescente avido di boom bap. Ma mi attraversa le orecchie nel 2012, e mi appare come uno degli album più hip hop usciti in questo periodo di grassa per il rap.

Serietà.
O meglio: coerenza e rispetto con e per se stessi, con e per gli altri, con e per la musica. Mi spiego: se negli anni Novanta essere seri e coerenti voleva più che altro dire rimanere fedeli ai 90 Bpm e ai pantaloni larghi, in un'epoca in cui tutti fanno rap e Max Pezzali è in lizza per gli MTV HH Awards, la fedeltà a delle idee, a un'attitudine, diventa di fondamentale importanza per distinguersi. E in questo senso, seri e coerenti come Myke e Rancore ce ne sono pochi.

Generazione di artisti.
O meglio: “A cosa puntate? Non sono veri quei ritratti che ci mischi in quelle puttanate che d'estate fate sui dischi”. E non c'è nulla da spiegare.

Silenzio.
Mi spiego: shhhhh.

Premessa: se sei in cerca di cliché hai sbagliato disco. Se cerchi buona musica e contenuti allora ci hai preso: fai silenzio e ascolta. Perché siamo un passo avanti rispetto a “Elettrico” e “Acustico”, i precedenti EP firmati Rancore & Dj Myke. E due passi avanti rispetto a tutto il resto. “Silenzio” è la consacrazione di un suono unico nel panorama italiano. “Questo rap è la cosa più sbagliata che la musica italiana potesse fare”: in mezzo a un mare di hippop c'è spazio anche per la voce fuori dal coro, quella che sfrutta la visibilità mainstream del rap per portare sperimentazione a livello musicale e testuale. Quella che dice le cose come stanno, senza perdersi fra stereotipi. Una voce che utilizza il pezzo di apertura – “D.a.r.k.n.e.s.s.” – per aprirsi un varco con violenza. Perché il più delle volte per ottenere il silenzio devi prima urlare, creare un punto di rottura che non lasci spazio a compromessi. E solo dopo puoi parlare con calma, proprio come lo fa “Capolinea”, con l'intro di chitarra acustica e un rap che contrappone toni dolci a concreti racconti di vita. Tutto ha un senso, le strofe sono collegate alla perfezione, Rancore è un fiume in piena e Myke lo argina con un muro di suono solido e potente, orchestrando con sapienza inserti strumentali ed elettronici. La dimostrazione che si può essere innovativi senza fare dubstep e scrivere in maniera complessa e intelligente evitando le ermetiche pippe linguistico-mentali degli Uochi Toki.

Fai il tuo mestiere ma non scadere nella follia” aka piedi ben piantati per terra e voglia di raggiungere degli obiettivi senza perdere la propria identità, forti di tecnica, talento e coglioni. Ogni singolo brano è progettato in maniera meticolosa, scorre via diretto e impetuoso, compatto nonostante stacchi e cambi di ritmiche e sonorità. Rancore è un Mc di nuova generazione ma cosciente delle radici, che alterna visioni oniriche e sguardi lucidi, tecnicismi lirici e storytelling anni Novanta. Myke è un Dj e un produttore fantasioso e sopra le righe, in grado di trasformare le parole in musica. E l'album è costruito intorno a queste due figure, anche perché per celebrare il silenzio non occorrono ospitate con nomi altisonanti. L'unica eccezione è la presenza di Max Zanotti ne “Il Giorno che Non C'È”, pezzo dolce e profondo che rappresenta – insieme al primo singolo “Anzi... Siamo Già Arrabbiati” – uno dei momenti più facilmente fruibili dell'album. “Silenzio” è un continuo alternarsi di atmosfere e tematiche differenti, dal ritratto a toni splatter e batterie tirate del mercato alimentare (“Horror Fast Food”) all'occhio critico puntato sulla scena di oggi: “Il rap italiano non sta morendo, è solo che è uno scempio, una sorta di pretesto, un suono che pian piano si trasforma in orrendo” (“Follia”). Quindici tracce che non lasciano tregua, perché il silenzio può essere travolgente e assordante. Può avere tanto da dire, e può arrivare a urlare. E non sarete voi a togliergli la voce.

Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.