Bestiame
TRANSUMANZA EXPRESS 2012 - Punk, Pop, Pop punk

TRANSUMANZA EXPRESS

La tabula rasa elettrificata di ideali morti e sepolti.

Ho sempre pensato che bontà e cattiveria fossero categorie squisitamente umane, che non ci fosse alcuna crudeltà nell'animale che affonda le proprie terribili fauci in un corpo privo di difese. Né dolcezza in un'innocua mandria che pascola senza dar fastidio. Semplicemente, un'irriducibile obbedienza ai dettami dell'istinto.

I Bestiame, casinisti d'origine controllata, allevati tra le lande siciliane, sono esattamente così. Né buoni né cattivi – ma con una netta inclinazione per la seconda scelta, in balia di impulsi che assumono le vesti di un punk irriverente e mordace. I richiami ai CCCP dei tempi migliori sono implementati da un uso dei synth in bilico tra il serio e il faceto, che costringe l'ascoltatore a muoversi (e a divertirsi) sulla tabula rasa elettrificata di ideali ormai morti e sepolti. Lo dimostra l'attacco scanzonato dell'iniziale “C'ho i problemi”, che prosegue tra drumming implacabile e loop al veleno. O il gioco di percussioni che costituisce l'ossatura di “Nostra Signora del Letame”, preghiera dissacrante e blasfema a una divinità derisa. È ancora la religione a finire al centro del mirino del Bestiame in “Mi piacciono i bambini”, chitarre acide che accompagnano un testo che ha paura di diventare troppo esplicito (“La Chiesa polemizza / La concorrenza crea casini / Mi piacciono i bambini”). L'attacco ai buoni sentimenti caratterizza invece pezzi come “Campo di sterminio”, quasi industrial, con impertinenti ronzii noise e distorsioni e “La mia ragazza”, la cui introduzione è affidata a un organetto d'altri tempi che assume tinte quasi psichedeliche, in una divertente canzone d'amore al contrario.

Un cuore cyberpunk pulsa in “Chernobyl”, il cui riff ricorda un po' quello di “I wanna be your dog” degli Stooges, tra catastrofi nucleari dell'anima. Manifesto d'identità è “Bestiame”, unico pezzo in cui il sorriso sornione viene meno a favore di suoni brutali presi in prestito dalla tradizione emocore. È nel delirio che la band dà il meglio di sé. La cavalcata imperiosa di una polka elettrica è solo il preludio di un crescendo verso la follia in “La peste”, uno stop istantaneo e improvviso blocca la strofa prima dell'esplosione di un ritornello distorto e contorto. È nel “Mattatoio” che il Bestiame termina il suo viaggio, attitudine sarcastica e Minikorg in primo piano, come accade anche nei due siparietti strumentali, “Interludio # 1” e “Interludio # 35”.

In un paese che annovera tra i suoi atti musicali rivoluzionari la presenza dell'armata russa alle spalle di un nostalgico Toto Cutugno sul palco sanremese, i Bestiame ci restituiscono la gioia di una protesta né buona, né cattiva, assolutamente fine a se stessa, che ha come unico scopo una distruzione sistematica e al tempo stesso casuale di qualsiasi cosa capiti nel loro raggio d'azione. Un campo di concentramento in cui finiscono senza discriminazioni ipocrisie e rimpianti, impegno e qualunquismo.

Lunga vita al Bestiame.  

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